Tempi duri per i mammiferi migratori del “Serengeti del Nord” (VIDEO)

La grande fauna dell’Asia Centrale a rischio infrastrutture, bracconaggio e cambiamento climatico

[2 Settembre 2016]

Animali strani e meravigliosi come le saiga (Saiga tatarica)  e il  leopardo delle nevi (Panthera uncia) vagavano liberi l tra le montagne, le steppe e i deserti dell’Asia centrale, ma poi lo sviluppo umano e il cambiamento climato hanno cominciato a intralciare e perturbare modelli migratori millenari.

Deutsche Welle dedica un reportage a quello che viene chiamato il “Serengeti del Nord”: le più grandi praterie naturali intatti del mondo si estendono in tutta l’Asia centrale, collegando deserti, foreste e le montagne più alte del pianeta, dove vagano per migliaia di miglia una miriade di animali migratori unici, molti dei quali non si trovano in nessun altro luogo sulla Terra.

Oltre all’ormai raro leopardo delle nevi e al rarissimo  leopardo persiano (Panthera pardus saxicolor), ci sono le loro prede: le saiga, gli argali (Ovis ammon) e le antilopi tibetane (Pantholops hodgsonii) e grande cammello selvatico della Bactriana (Camelus bactrianus) a rischio estinzione. .

Polina Orlinskiy, coordinatrice della Central asian mammals initiative della Convention on the conservation of migratory species of wild animals (Cms), spiega a Deutsche Welle che «In realtà, se non altro, il confronto con il parco nazionale dell’Africa orientale sottovaluta quanto siano unici  e spettacolari questi ecosistemi relativamente sconosciuti. I deserti e le praterie dell’Asia centrale sono enormi, molto, molto più grandi del Serengeti.  I bei paesaggi dell’Asia centrale sono ancora in gran parte non influenzati da insediamenti umani e comprendono molte piante diverse, specie endemiche, praterie, montagne, laghi, foreste e diversissimi ecosistemi interconnessi, dove gli animali selvatici possono vagare liberamente per migliaia di chilometri».

Dato che gran parte dell’Asia centrale è scarsamente popolata, gli animali migratori compivano le loro epiche migrazioni annuali con scarse interferenze da parte degli esseri umani. Ma questa è anche la regione che collega Oriente e Occidente, da dove passava l’antica via della seta e da dove la Cina vorrebbe far passare quella moderna e oggi l’Asia centrale è attraversato da una crescente rete di strade e ferrovie. Itinerari artificiali umani  che perturbano quelli naturali e molto più grandi utilizzate dai cammelli e asini selvatici e  antilopi.

La Orlinskiy spiega ancora: «La ferrovia trans-mongola un  trasporto merci molto utilizzato tra la Cina e la Russia e sempre di più anche verso l’Europa. Ha filo spinato su entrambi i lati, che un sacco di animali migratori, come gazzelle della Mongolia, il Kuhlan [Asino selvatico asiatico – Equus hemionus] e le pecore Argali non possono attraversare». All’inizio di quest’anno, migliaia di gazzelle sono morte perché erano in grado di attraversare la ferrovia per passare  dalle zone innevate a un territorio dove avrebbero potuto cibarsi nei mesi invernali.

Il problema è che gli animali non rispettano i confini nazionali e che il loro areale si estende in diversi Paesi dell’Asia Centrale e Thomas Mueller del Senckenberg Biodiversität und Klima Forschungszentrum evidenzia che «L’ex areale delle gazzelle includeva la Mongolia, parti della Cina e della Russia. Questi Paesi hanno attualmente solo un piccolo numero di gazzella che vivono all’interno dei loro confini, ma le recinzioni di confine sta impedendo la connettività tra queste popolazioni».

E’ per questo che la Cms Central Asian Mammals Initiative dell’United Nations environment program (Unep) sta cercando di realizzare iniziative internazionali per proteggere 15 specie di mammiferi, sia migratori  o che attraversano regolarmente i confini nazionali, su un territorio immenso che comprende parti della Russia e  Kazakistan,  Turkmenistan, Iran, Afghanistan, Tagikistan, Mongolia, Cina, Bhutan, Nepal e Pakistan.

Anche Petra Kaczensky, dell’università di medicina veterinaria di Vienna, che sta lavorando per proteggere i Khulan, ch hanno un areale di 70.000 km2, conferma: «I mammiferi migratori hanno bisogno di spazio. Il problema è che non riconoscono i confini internazionali e che non possono volare!»

La Central asian mammals initiative collabora con partner locali per modellare lo sviluppo delle infrastrutture con un occhio delle esigenze degli animali migratori.

Tirare semplicemente giù le recinzioni può essere una soluzione, così come costruire sottopassaggio passaggi sopraelevati  per consentire agli animali di attraversare strade e ferrovie, ma la Orlinskiy sottolinea che «Molto spesso questo solleva problemi per gli interessi in competizione, come le preoccupazioni degli agricoltori locali per la sicurezza del loro bestiame, se le recinzioni vengono abbattute per consentire agli altri animali di passare dappertutto. E’ importante tener conto delle esigenze delle comunità locali. Lavorare con i governi nazionali, misure come la gestione delle specie basata sulla comunità, incoraggiando l’ecoturismo e la diffusione consapevolezza dell’importanza della conservazione svolgono tutti un ruolo».

Trovare soluzioni per la convivenza tra animali migratori e uomini sta diventando sempre più urgente, dato che il cambiamento climatico pone ulteriori problemi per la fauna dell’Asia centrale: «Negli ecosistemi aridi  stanno cambiando i modelli della pioggia e la crescita della vegetazione – spiega ancora la Orlinskiy – Gli animali sono in grado di adattarsi se sono in grado di muoversi liberamente e trovare le risorse di cui hanno bisogno. Ma se in giro ci sono un sacco di costruzioni – come strade che creano una barriera fisica lungo il loro percorso –  naturalmente sono ostacolati nella loro capacità di adattarsi ai cambiamenti climatici».

Ma il disturbo delle rotte migratorie non è l’unica minaccia per i grandi migratori terrestri del “Serengeti del Nord”: l’aumento della popolazione umana significa anche che gli erbivori selvatici dell’Asia centrale sono sempre più in competizione con il bestiame e a rischio di malattie che possono diffondersi dagli animali domestici alle specie selvatiche. Inoltre, la maggior parte delle 15 specie sono anche minacciate dal bracconaggio, sia da parte delle comunità povere che le cacciano per il cibo che dal commercio internazionale. Come nel Serengeti, il traffico di fauna selvatica è un problema anche per gli animali dell’Asia centrale.

Steffen Zuther, dell’Association for the Conservation of Biodiversity of Kazakhstan, conclude: «La principale minaccia per le antilopi saiga è bracconaggio in tutte le popolazioni di tutti i paesi dell’area. I maschi vengono uccisi per le loro corna, che vengono utilizzate nella medicina tradizionale cinese, similarmente alle corna di rinoceronte, possono essere vendute  a prezzi elevati».

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