Beirut – Parigi: lo stesso terrore, le stesse lacrime

Il giorno prima dell’attacco a Parigi, strage di musulmani sciiti e sunniti a Beirut

[14 Novembre 2015]

Il giorno prima delle stragi di Parigi due attentati hanno colpito una strada commerciale della capitale libanese Beirut, un’area abitata soprattutto da musulmani sciiti e cruciale perché costituisce il punto di contatto tra il campo palestinese di Bourj el-Brajneh e il cuore della banlieue sud di Beirut. Il campo palestinese un anno fa aveva subito una serie di attentati islamisti  e non è controllato dalle milizie sciite di Hezbollah. Anche se le maggiori preoccupazioni per la sicurezza riguardavano soprattutto un altro campo profughi palestinese, Aïn el-Héloué,  definito  una «bomba a scoppio ritardato», i terroristi dello Stato Islamico hanno colpito a Bourj el-Brajneh per massacrare sia i palestinesi (in maggioranza sunniti) che gli sciiti ed Hezbollah, che il Daesh considera i suoi peggiori nemici in Libano.

Come a Parigi, a Beirut i kamikaze del Daesh hanno attuato un attacco militare sincronizzato, colpendo la folla con due esplosioni che sono avvenute a qualche minuto di distanza per aumentare le vittime e i feriti.  Quindi non solo un atto di barbarie, ma un attentato eseguito con “professionalità” e per colpire musulmani sunniti e sciiti e nell’intento di provocare rappresaglie etniche e religiose tra Hezbollah, palestinesi e libanesi sunniti e cristiani. Un attentato che ha fatto almeno 44 morti e 239 feriti, alcuni dei quali gravissimi, vittime musumane, così come sono nella stragrande maggioranza musulmane le vittime dello Stato Islamico/Daesh in Siria ed Iraq. Così come sono in maggioranza musulmani sunniti i peshmerga kurdi irakeni e i combattenti progressisti kurdi siriani e turchi che stanno battendo sul campo, in Siria ed Iraq, le milizie nere islamo-fascite dello Stato Islamico/Daesh.

 

Ecco cosa scrive oggi, dopo l’attacco dello Stato Islamico/Daesh a Parigi, Issa Goraieb sul giornale libanese  L’Orient le Jour: 

Terra di contrasti, dicevamo sempre del nostro Paese per vantarci, con i turisti, della varietà delle attrattive naturali, fatte di mare e di montagne. Poi, I turisti si sono fatti rari ma i contrasti rimangono. E non hanno più molto di seducente.

Ne abbiamo avuto il triste esempio giovedi.  Nel centro città della capitale era faticosamente iniziata una parvenza di normalizzazione della vita pubblica, con la sessione fiume di un Parlamento che non si era riunito da un anno e mezzo; nello stesso momento, un doppio attentao terroristico con le bombe si è trasformato in una vera ecatombe a Bourj Brajneh, un quartiere estremamente popoloso della banlieue sud.

Al di là delle divisuioni tra libanesi,  è innegabilmente sincera l’emozione generale suscitata da quest’atto di barbarie  e non solo perché Bourj Brajneh è una delle rare aree della periferia ad ospitare una popolazione più eterogenea , sciiti, sunnitie cristiani che vivono in relativa armonia. Se il terrore non risparmia nessuno è perché il terrorismo opera un come-back particolarmente mortale, in un Paese che ha già avuto più della sua dose di sfortuna. E’ anche perché ci sono molti ingorghi, auto o moto, che è praticamente impossibile individuare e rispettare in tempo questi illuminati bardati di esplosivi che scivolano nella folla e che vanno, apiedi, al suicidio: dei pazzi criminali in grado, in definitiva, di colpire ovunque compaiono e non più solo il loro bersaglio prediletto, questa  Dahié che è la roccaforte del loro nemico giurato.

Per la verità, però,  questa comunione dei libanesi nella denuncia dell’orrore, probabilmente non potrà occultare per lungo tempo il dibattito, già vecchio, sull’esatta origine di questo circolo vizioso nel quale si dibattono Hezbollah e il Daesh.  Chi ha preso l’iniziativa di un confronto che coinvolge – e mette in grande pericolo – la totalità del Paese? Se la risposta è evidente, la discussione, ahimè, non è vicina ad essere conclusa, alimentata com’è dai persistenti disaccordi e da molta malafede.

Per essere vero, però, che questa comunione del Libano nel denunciare l’orrore, lei probabilmente non oscurare lungo dibattito, già vecchio, l’origine esatta di questo circolo vizioso in cui sono coinvolti eminentemente Hezbollah e Daesh. Chi ha preso l’iniziativa di un confronto che coinvolge – e mette in grande pericolo – tutto il Paese? Se la risposta è ovvia, la discussione non è sul punto di essere chiusa ahimè, è alimentato da disaccordi persistenti e molta cattiva fede.