Bollettino da Parigi, 4° giorno: litigi durante i negoziati Cop21, i delegati non si fidano

[4 Dicembre 2015]

La mattinata di ieri si è aperta con una discussione sui contributi nazionali volontari (Indcs), relativamente ad un dialogo di facilitazione che nel 2018-2019 dovrà fare un primo bilancio dell’andamento degli stessi.  È stato discusso poi un eventuale rapporto che l’Ipcc dovrebbe consegnare nel 2018 o 2019 sull’impatto di lungo periodo dell’innalzamento delle temperature, al quale alcuni paesi sono propensi a coinvolgere gli esperti dell’Ipcc.

Infine, si è parlato del futuro della piattaforma Adp, il cui compito era di raggiungere un accordo qui a Parigi e che quindi vedrà il proprio mandato esaurirsi in questa conferenza. In sostituzione, è stata annunciata la creazione dell’Apo (Ad hoc Working Group on the Paris Agreement), che a partire dal 2016 avrà lo scopo di preparare l’entrata in vigore dell’accordo di Parigi e di convocare la prima sessione della Conferenza delle parti aderenti all’accordo di Parigi (Cma).

Nel corso del pomeriggio, invece, i facilitatori dei vari gruppi di lavoro informali hanno fatto il punto della situazione, che ha evidenziato una situazione al momento critica: praticamente nessun progresso su adattamento, pre-2020, sviluppo tecnologico, meccanismi di compliance, finanza, trasparenza. Qualche progresso su mitigazione, preambolo e global stocktake.

Ciò ha inevitabilmente portato alla crescita della tensione fra i delegati governativi. In seguito ai report dei co-facilitatori dai vari meeting informali, le Parti hanno cominciato ad accusarsi di ostacolare i negoziati (gli uni) e di perdere tempo dietro il “gioco delle colpe” (gli altri). In particolare,

il Sud Africa ha lamentato un progresso irregolare fra le varie sezioni, il Venezuela ha criticato apertamente il co-facilitatore, chiedendo più rispetto per i delegati; Tuvalu lamenta le scarse discussioni sul loss and damage per “colpa” dell’adattamento, che ha dominato le conversazioni (i due temi sono ancora sostanzialmente legati nella stessa sezione).

La Bolivia (per conto di G77 e Cina) e la Malesia esprimono forte preoccupazione circa i negoziati, sostenendo di aver lavorato sodo ma di aver ricevuto sempre risposte negative dai paesi sviluppati, che hanno sempre proposto le opzioni “no-testo”.

Alle critiche ha risposto l’Ue, che ha invece lamentato preoccupazioni circa le esternazioni degli altri paesi riguardo la presunta mancanza di flessibilità, sottolineando come sia necessario andare oltre il “gioco delle colpe”: durante la settimana, l’Ue avrebbe infatti in realtà avanzato proposte di convergenza e ritiene vi sia ancora la volontà politica per raggiungere un accordo su tutte le questioni. Riguardo la finanza, l’Unione ha ribadito l’impegno di raggiungere l’obiettivo di 100 miliardi e di proseguire anche dopo il 2020 e di volere un obiettivo a lungo termine.

Infine il commento del chair, che ha ribadito come ogni singolo documento che abbiamo prodotto da Ginevra in poi continuerà a essere un non-paper fino ad adozione in plenaria, e come restino circa 24 ore per finire i lavori in tempo, ma che «qualunque cosa (testo, ndr) si decida di portare avanti, dovrà essere accettabile per tutti: dobbiamo trovare un punto d’incontro».

di Giovani per il clima