285 grandi imprese che emettono più gas serra di Francia e Spagna messe insieme ridurranno le loro emissioni del 35%

Sono in linea con l’Accordo di Parigi ed elimineranno 265 milioni di tonnellate di CO2, equivalenti alla chiusura di 68 centrali a carbone

[5 Dicembre 2019]

Mentre a Madrid prosegue la COP25 Unfccc durante la quale i leader dei Paesi di tutto il mondo dovrebbero impegnarsi a rivedere e migliorare i loro impegni e obiettivi climatici per poter rispettare l’Accordo di Parigi del 2015, 285 grandi imprese, responsabili di oltre 752 milioni di tonnellate di emissioni di CO2 equivalenti all’anno – più delle emissioni annuali di Francia e Spagna messe insieme – hanno fissato obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra in linea con quanto richiesto dalla scienza per evitare un catastrofico cambiamento climatico e raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi.

Infatti, secondo il nuovo rapporto “Raising the Bar – Exploring the Science Based Targets initiative’s progress in driving ambitious climate action”, presentato a Madrid dalla della Science Based Targets initiative (SBTi) – una partnership tra CDP, the United Nations Global Compact, World Resources Institute (WriI) e wwf- «76 degli obiettivi di queste aziende sono in linea con la limitazione del riscaldamento a 1,5° C rispetto ai livelli preindustriali».

“Raising the Bar“ è la prima valutazione in assoluto dell’impatto della SBTi dal suo avvio nel 2015 ed evidenzia che «Raggiungendo i loro obiettivi, queste 285 aziende ridurranno le loro emissioni di 265 milioni di tonnellate di CO2 equivalente, approssimativamente equivalenti allo spegnimento di 68 centrali a carbone. Ciò rappresenta una riduzione del 35% delle emissioni delle imprese rispetto alle emissioni su base annua».

Secondo Alexander Farsan, global lead for science-based targets del Wwf, «Queste imprese sono all’avanguardia nella lotta ai cambiamenti climatici. Sono la prova che agire in base alla scienza climatica va di pari passo con un business e un’economia di successo. Ogni azienda in ogni settore deve intensificare e ridurre le proprie emissioni in linea con quanto afferma la scienza o rischia di rimanere indietro in un mondo che cambia».

Virginia Rustique-Petteni, senior director of engagement for global sustainability della Nike, conferma: « consumatori oggi si aspettano che i brand rappresentino qualcosa. I consumatori vogliono che dimostriamo che siamo un’azienda sostenibile. Riguarda ciò che facciamo, diciamo e come ci comportiamo, ma anche ciò che facciamo e come lo facciamo. Dobbiamo prendere parte alla conversazione e utilizzare la nostra influenza globale e l’equità del brand per galvanizzare i nostri partner, altre industrie e altri settori di Iniziative come Science Based Targets e il G7 Fashion Pact ai quali abbiamo recentemente aderito, che sono importanti per il mantenimento della fiducia».

Ecco alcuni dei principali risultati del rapporto:

Le 285 imprese – tra le quali alcune grandi multinazionali – che si sono date obiettivi basati sulla scienza produrranno investimenti fino a 18 miliardi di dollari   nella mitigazione dei cambiamenti climatici e stimoleranno circa 90 TWh di produzione annuale di elettricità rinnovabile, abbastanza per alimentare per un anno 11 milioni di famiglie statunitensi, che sono tra le più energivore al mondo.

Oltre a fissare obiettivi scientifici per le loro attività (che comprende le emissioni prodotte localmente e quelle dell’energia acquistata), oltre il 90% delle 285 aziende ha anche fissato obiettivi ambiziosi di riduzione delle emissioni per le loro emissioni nella catena di valore, che costituiscono il 3,9 miliardi di tonnellate di emissioni di CO2 equivalenti all’anno: circa il 90% delle emissioni annuali dell’Unione europea.

In alcune aree geografiche e settori, gli obiettivi scientifici si stanno trasformando in pratiche commerciali standardOltre il 20% delle aziende ad alto impatto che operano nei settori di abbigliamento, biotecnologia, cibo e bevande, sanità, ospitalità, tecnologia dell’informazione, prodotti farmaceutici e telecomunicazioni, ha fissato obiettivi scientifici. Alcune multinazionali che svolgono attività ad alta intensità energetica e con elevate emissioni di gas serra come cementifici, acciaierie, impianti chimici e case automobilistiche, stanno facendo approvare i loro obiettivi scientifici. Tra i pionieri ci sono thyssenkrupp AG , Royal DSM e HeidelbergCement-

Peter Lukas, responsabile sostenibilità di HeidelbergCement, spiega che «Lo slancio per il nostro obiettivo è arrivato dal top management, con un forte supporto da parte del dipartimento della sostenibilità. Abbiamo potuto vedere chiaramente cosa stava succedendo alle industrie che non riuscivano ad adattarsi. In quanto big players in un importante settore industriale sapevamo che dovevamo agire. Ci sono una serie di imperativi – e potenziali benefici – per agire, tra cui una migliore reputazione e costi più bassi».

E’ d’accordo anche Daniel Schleifer, senior sustainability manager di thyssenkrupp: «La strategia climatica è sempre più fondamentale per la nostra strategia aziendale. Le emissioni sono un fattore chiave nelle decisioni operative. Ci sono diverse ragioni per questo. La regolamentazione crea pressione; i mercati stanno cambiando; dobbiamo tenere conto dei rischi e delle opportunità a lungo termine; è importante dal punto di vista della competitività. E poi c’è una convinzione personale: dobbiamo farlo, è la cosa giusta da fare, e dobbiamo iniziare adesso se vogliamo essere in vantaggio sugli altri».

Almeno il 20% delle imprese ad alto impatto che hanno sede in grandi mercati sviluppati, tra cui Finlandia, Francia, Danimarca e Giappone, si sono date obiettivi scientifici.

Il Giappone è il primo Paese a fornire un esplicito supporto governativo alle imprese perché fissino obiettivi basati sulla scienza. Al 31 ottobre c’erano già 52 aziende giapponesi con obiettivi approvati e il ministero dell’ambiente giapponese si è dato un obiettivo di 100imprese giapponesi con gli obiettivi approvati entro il 2020.

Con la notevole eccezione dell’India, che conta 9 compagnie che hanno obiettivi fondati sulla scienza climatica, solo poche imprese dei mercati emergenti si sono date obiettivi scientifici. Le compagni con sede nei paesi non OCSE costituiscono solo il 6% di quelle con obiettivi approvati.

Dal 2015 ad oggi, più di 680 compagnie si sono impegnate a fissare obiettivi basati sulla scienza e, una volta assunto questo tipo di impegno, le imprese hanno 24 mesi per sviluppare e presentare i loro obiettivi alla SBTi per la convalida.

Alla SBTi evidenziano che «L’adozione da parte del settore privato di obiettivi scientifici invia un chiaro segnale che è in corso la transizione verso un’economia low carbon. L’azione del business fornisce ai governi una base per stabilire politiche e regolamenti più ambiziosi. Tuttavia, le imprese si affidano ai governi per creare le giuste condizioni, politiche e incentivi per guidare la rapida trasformazione necessaria e aiutare le aziende ad accelerare la loro azione climatiche in tutti i settori e aree geografiche».

Jeff Turner, vicepresidente e responsabile sostenibilità di Royal DSM, conclude: «Nessuno di noi può realizzare l’Accordo di Parigi senza cambiamenti significativi nella politica dei governi. Persino le aziende più progressiste come la nostra sanno che non saremo in grado di arrivare a quel che dobbiamo fare, a meno che non vengano ampiamente attuate politiche chiave, a partire da un prezzo significativo sul carbonio. L’intero settore e gli attori della nostra catena di approvvigionamento devono aumentare i loro sforzi e questo avverrà solo attraverso la legislazione»,