Quando l’aliquota sulle quote di emissione di gas serra non è ammessa

[26 Febbraio 2015]

L’imposta sull’acquisto gratuito di quote di emissione di gas a effetto serra non è ammessa se colpisce più del 10% delle stesse: lo ricorda la Corte di Giustizia europea in riferimento della normativa ceca, che ha dichiarato incompatibile con il diritto Ue.

Nel 2011 e nel 2012 la Repubblica Ceca ha assoggettato l’acquisto gratuito delle quote, da parte dei produttori di energia elettrica, all’imposta sulle donazioni con un’aliquota del 32%. Le risorse generate da tale imposta erano destinate a sostenere gli operatori delle centrali fotovoltaiche.

La ŠKO-ENERGO, produttore di energia elettrica ceco soggetto all’imposta prevista dalla normativa ceca ha contestato la legge. La direttiva del 2003 che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni de gas a effetto serra nella Comunità è uno degli strumenti giuridici fondamentali attraverso i quali l’Unione europea e i suoi Stati membri intendono ridurre le emissioni antropiche dei gas a effetto serra. La direttiva a tale scopo istituisce un efficiente mercato europeo delle quote di emissione di gas a effetto serra, con la minor riduzione possibile dello sviluppo economico e dell’occupazione. E prevede che, nel periodo 2008-2012, gli Stati membri assegnino almeno il 90% delle quote a titolo gratuito.

Dunque, prevedendo un massimale del 10% dell’assegnazione di quote a titolo oneroso, la direttiva non ammette la fissazione diretta di un prezzo per l’assegnazione delle quote, e neanche il prelievo a posteriori di un onere a titolo di tale assegnazione. Per questo, l’imposta, prelevata in seguito all’assegnazione delle quote, non è compatibile con la direttiva se non rispetta tale massimale, circostanza che deve essere verificata dal giudice nazionale.

Inoltre, l’applicazione dell’imposta non può essere giustificata dall’obiettivo di generare risorse supplementari a favore di taluni produttori di energia verde. Perché tale obiettivo non rientra tra quelli perseguiti dalla direttiva.

La direttiva ha l’obiettivo di proteggere alcuni settori produttivi da una perdita repentina di competitività a causa dell’introduzione di un mercato delle quote. E ciò comporta che il limite del 10% del numero delle quote, che possono formare oggetto di assegnazione a titolo oneroso, sia valutato dal punto di vista degli operatori di ciascuno dei settori interessati e non rispetto a tutte le quote emesse dallo Stato membro.