Big Tech e Big Oil Connection. Le rivelazioni del nuovo rapporto di Greenpeace Usa

Gli impegni pubblici a ridurre le emissioni di Microsoft, Amazon e Google contraddetti dai contratti con i giganti dell’Oil & Gas

[20 Maggio 2020]

Il rapporto “Oil in the Cloud: How Tech Companies are Helping Big Oil Profit from Climate Destruction”, pubblicato da Greenpeace, rivela come le imprese tecnologiche stanno aiutando l’industria petrilifera a trarre profitti dalla distruzione del clima e dimostra «come la Silicon Valley stia aiutando le Big Oil a peggiorare la crisi climatica».

Greenpeace denuncia che «Le più grandi cloud companies del mondo stanno aiutando le compagnie petrolifere a scoprire, estrarre, perfezionare e distribuire petrolio e gas. Amazon, Google e Microsoft si stanno arricchendo grazie a contratti redditizi per il cloud computing e altre tecnologie di intelligenza artificiale (AI) per le compagnie petrolifere e del gas, minando al contempo i propri obiettivi climatici. Allo stato attuale, le emissioni di carbonio derivanti da questi contratti non rientrano nell’ambito delle comunicazioni sul carbonio delle società tecnologiche, nascondendo così l’impatto delle loro tecnologie sul cambiamento climatico».

Mentre l’industria dell’Oil & Gas fa i conti con la fine dell’era petrolifera e il deterioramento degli utili dovuti alla crisi del Covid-19, Greenpeace spiega che «Le principali compagnie petrolifere come Shell, BP, Chevron ed ExxonMobil si sono rivolte ai giganti del cloud e alle loro potenti capacità di calcolo per trovare ed estrarre più petrolio e gas e ridurre i costi di produzione. Le compagnie petrolifere stanno già spendendo miliardi nel cloud computing e nell’analisi avanzata e, nonostante l’attuale crollo del prezzo del petrolio, questa spesa dovrebbe aumentare di oltre 15 miliardi di dollari nel prossimo decennio».

Elizabeth Jardim, che si occupa di clima per Greenpeace Usa, ha fatto notare che «Amazon, Google e Microsoft hanno tutte preso impegni pubblici per ridurre le loro emissioni di carbonio, eppure, allo stesso tempo, supportano l’industria che ha la colpa del riscaldamento globale. Questi contratti redditizi minano completamente i loro obiettivi climatici. L’industria petrolifera e del gas rappresenta miliardi di dollari di profitti per le grandi aziende tecnologiche, tuttavia le emissioni di carbonio relative a questi contratti non si riflettono in nessuno dei dati sulla footprint pubblicati dalle tech companies. Le tre grandi cloud companies devono impegnarsi pubblicamente a non fornire più al settore Oil & Gas soluzioni per trovare, estrarre, raffinare o distribuire combustibili fossili».

Greenpeace ha esaminato 14 contratti tra Amazon, Google e Microsoft e le principali compagnie petrolifere e del gas e ne è venuto fuori che:

Microsoft sembra avere la maggior parte dei contratti con le compagnie petrolifere e del gas, offrendo AI capabilities e in tutte le fasi della produzione di petrolio. Stimiamo che un singolo contratto con ExxonMobil nel Permian Basin possa produrre ulteriori emissioni annue di 3,4 milioni di tonnellate di CO 2 e, l’equivalente di oltre il 20% dell’impronta di carbonio annuale totale di Microsoft. Microsoft non potrà mai raggiungere veramente il suo obiettivo “Carbon Negative” recentemente annunciato, continuando ad aiutare il settore petrolifero e del gas nell’esplorazione e produzione.

Amazon, nonostante il rebranding del suo sito Web per il target del più appetibile “Energy Sector”, continua a commercializzare i suoi servizi cloud per aiutare le compagnie petrolifere e del gas a incrementare la produzione. Questi contratti mostrano la duplicità attuale di Amazon: da un lato annuncia il Climate Pledge per essere carbon neutral entro il 2040, mentre dall’altro offre una lifeline di soccorso alle compagnie petrolifere e del gas. Oltre a porre fine a questi contratti, Amazon deve fare di più per proteggere i lavoratori dei magazzini e della distribuzione durante la pandemia di Covid-19 e interrompere le ritorsioni contro i dipendenti per aver parlato di questi problemi.

Google ha subito modifiche strutturali e del personale che dimostrano che sta depriorizzando i contratti, di recente aveva affermato che non “svilupperà più custom AI/ML solutions per facilitare l’estrazione a monte” per l’industria petrolifera e del gas. Mentre questo è un buon primo passo, Google deve ancora rendere conto del suo attuale coinvolgimento con le compagnie petrolifere e del gas e impegnarsi pubblicamente a terminare questi contratti.

Valentina Stackl di Greenpeace Usa conclude: «L’evento virtuale realizzato ieri da Microsoft Build, uno dei tanti trasferiti online a causa della pandemia di Covid-19, dimostra quanto siamo sempre più dipendenti dalle major tech firms. Con il recente crollo del prezzo del petrolio e la riduzione della domanda globale, le prospettive a breve termine per l’industria petrolifera e del gas sono desolanti. Queste AI partnerships rappresentano un toolkit fondamentale che le compagnie dei combustibili fossili useranno per riprendersi da questa crisi. La scienza è chiara sul fatto che la continua espansione della produzione di petrolio e gas sta mettendo i nostri obiettivi climatici fuori dalla nostra portata. Dobbiamo attuare un declino gestito dell’industria dei combustibili fossili, implementando rapidamente soluzioni di energia pulita. Questo piano deve essere incentrato su politiche di transizione forti e giuste per garantire che i lavoratori e le comunità escano al meglio dalla transizione energetica».

Aggiornamento 20/5/20: riceviamo e pubblichiamo di seguito lo statement ufficiale di un portavoce Google, con alcune precisazioni in merito all’articolo

“Google Cloud è un’infrastruttura non specializzata e una piattaforma di elaborazione dati utilizzata da aziende di diversi settori per migrare dai propri data center ed eseguire i propri sistemi IT sul Cloud. Tuttavia, non creeremo algoritmi AI/ML personalizzati, ad esempio, per facilitare l’estrazione upstream nell’industria petrolifera e del gas. Nel 2019, il nostro fatturato derivante dal settore Oil & Gas è stato di circa 65 milioni di dollari, meno dell’1% dei ricavi totali di Google Cloud nello stesso periodo, e ha registrato una diminuzione dell’11% a fronte di una crescita del fatturato Cloud complessivo del 53%. Inoltre, secondo i dati di HG Insights, la spesa IT del settore Oil & Gas è stata di circa 113 miliardi di dollari nel 2019, mentre si stima che nel 2020 la spesa per i servizi cloud dello stesso settore ammonterà a 1,3 miliardi di dollari, e Google Cloud rappresenta solo una piccola percentuale di questa spesa aggregata. Abbiamo una collaborazione di successo con i fornitori di energie rinnovabili, molti dei quali, tra cui AES Corporation, Veolia e Simple Energy, comprendono pienamente i vantaggi insiti nel cloud per raggiungere i propri obiettivi. Stiamo sviluppando e condividendo modelli e algoritmi AI personalizzati con diverse aziende del settore delle energie rinnovabili e stiamo inoltre mettendo loro a disposizione gli algoritmi che rendono i data center di Google altamente efficienti, per esempio per rendere gli edifici più efficienti dal punto di vista energetico.”