E’ una conseguenza del riscaldamento globale, ma non bisogna farsi prendere dal panico

Il cambiamento climatico fa emergere batteri zombie dal permafrost che si scioglie

L’epidemia di antrace nell’Artico russo segnala un altro possibile pericolo dei cambiamenti climatici

[30 Agosto 2016]

Un focolaio di antrace nell’estremo nord della Russia ha causato la morte di un ragazzo di 12 anni e di sua nonna, sono morte anche centinaia di renne e 41 bambini e 31 adulti sono stati colpiti da una malattia che non si vedeva nella regione dal 1941.

Come spiega Jonathan Gornall  sul giornale di Abu Dhabi The Natrional, «Non è ancora chiaro da dove è venuto l’antrace, ma gli scienziati stanno esaminando due possibilità: che le spore dormienti, ma ancora infettive sono stati rilasciate da resti di animali infetti o di esseri umani sepolti più di 70 anni fa e che ora sono stati esposti perché si scioglie il permafrost della regione»

Alexei Kokorin, responsabile del programma clima ed energia del Wwf Russia, spiega che, in entrambi i casi, «Non li hanno seppelliti in profondità, perché è difficile scavare in profondità nel permafrost». Ora, però il permafrost e i ghiacci si sciolgono e si assottigliano, facendo aumentare le preoccupazioni per ciò che potrebbe esserci sotto e non solo in Russia: anche in Groenlandia, Islanda, Canada e Alaska stanno venendo in superficie pericolosi reperti della guerra fredda abbandonati nell’Artico.

Tornando al nord della Russia, in estate lo scongelamento nella regione scioglie normalmente il ghiaccio ad una profondità di circa 30 centimetri, ma quest’anno ha superato un metro, esponendo le tombe di uomini e animali. Gornall sottolinea che «Non è la prima volta che un virus a lungo dormiente esce dal suo  torpore. In un articolo pubblicato un anno fa, un team di scienziati francesi e russi ha rivelato che dal 2003 sono stati scoperti quattro virus in un solo campione di permafrost di 30.000 anni» e, secondo uno studio pubblicato un anno fa su   Proceedings of the National Academy of Sciences, tutti e quattro erano in grado di trasmettere infezioni. Fortunatamente per noi,  gli obiettivi di questi virus primitivi “giganti” – così grandi che possono essere rilevati con un microscopio normale – sono solo alcuni tipi di amebe. Ma, gli autori dello studio hanno lanciato ugualmente un allarme: «Il fatto che questi virus conservano la loro infettività negli strati di permafrost preistorici dovrebbe essere preoccupante in un contesto di riscaldamento globale».

Come si è visto in Russia, altri virus zombie sono pronti ad emergere dalle loro gelide tombe e potrebbero non essere così inoffensivi per gli uomini.

Si pensa che il vaiolo abbia infettato  gli esseri umani circa 12.000 anni fa, ma è dal  XVIII secolo che ha iniziato a uccidere mezzo milione di persone all’anno nella sola Europa ed è nel XX secolo ha provocato la morte di ben 500 milioni di persone in tutto il mondo. E’ stata la prima malattia ad essere combattuta a livello globale e, nel 1980, dopo 18 anni di vaccinazioni, l’Organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato che, a parte un paio di campioni conservati in laboratori segreti e altamente sicuri, il vaiolo era scomparso dal pianeta. Ma forse non è proprio così: dopo la recente epidemia di antrace in Russia, alcuni scienziati hanno detto al Siberian Times  di temere  che il vaiolo possa resuscitare dalle tombe delle sue vittime sepolte più di 120 anni fa: tra la metà e la fine del 1800 diverse epidemie di vaiolo devastarono gli insediamenti umani  a nord del circolo polare artico, spazzando via intere comunità. Boris Kershengolts, vice direttore di un istituto di ricerca biologica siberiano, ha detto al al Siberian Times: «C’era una città dove morì fino al 40% della popolazione. Naturalmente, i corpi sono stati sepolti sotto lo strato superiore del terreno del permafrost, sulla sponda del fiume Kolyma. Ora, più di un secolo dopo, le acque alluvionali di Kolyma hanno iniziato a erodere le sponde, esponendo le tombe». Gli scienziati del centro di virologia e biotecnologia di Novosibirsk hanno esaminato i cadaveri parzialmente conservati dal ghiaccio e hanno scoperto segni di vaiolo e frammenti di DNA del virus,  non abbastanza per infettare la popolazione, ma comunque un avvertimento di quel che potrebbe accadere.

Da questo punto di vista la Sacha-Jacuzia, un enorme distretto federale della Siberia russa, sembra essere uno dei territori più a rischio: nel  2003, Vladimir Repin uno scienziato del Dipartimento di geocrologia  dell’Università Statale di Mosca,  che sperava  di trovare  a Mammoth Mountain delle cellule di mammut conservate nel ghiaccio adatte per la clonazione, si è imbattuto in un paio di zampe di mammut ben conservate che non erano utili alla clonazione ma che invece ospitavano un ceppo di batteri Bacillus cereus. Una scoperta inattesa che è finita sulla rivista Genome, dove il Bacillus cereus è stato descritto come «Un sopravvissuto a lungo termine in un ambiente estremamente freddo e chiuso», in quello che si credeva di essere  il campione più antico di permafrost  in cui questo ceppo era stato isolato. Dopo 3 milioni di anni, con grande sorpresa degli scienziati, quegli antichissimi batteri potevano essere ancora coltivati in un laboratorio. E i ricercatori russi scrivevano su

Genome «Sembra sorprendente che i batteri intrappolati nel terreno ghiacciato possono sopravvivere alla radiazione del suolo e ad altri agenti dannosi e a temperature di circa meno di 3° C e alle condizioni di un ambiente chiuso e la privazione quasi totale di fonti di energia».

Il problema è che i ceppi moderni di Bacillus cereus sono associati a intossicazione alimentare che a volte possono essere mortali per gli esseri umani e che il  cosiddetto ceppo “F” trovato a Mammoth Mountain è sorprendentemente simile ai ceppi moderni di questi  batteri. La cosa ancora più sorprendente e un po’ folle è che uno degli scienziati del team di ricerca russo, Anatoli Brouchkov, si sia iniettato i batteri, ritenendo che possano essere la chiave per l’immortalità umana.

Il ghiaccio non è l’unico a offrire rifugio ai batteri zombie. Nell’ottobre 2000, gli scienziati della West Chester University della Pennsylvania scoperto «Un batterio spore-forming in precedenza non conosciuto» che viveva più di 250 milioni di anni, prima dei dinosauri, intrappolato in una bolla di liquido all’interno di un cristallo di sale a 564 metri di profondità nelle montagne Guadalupe nel Texas occidentale. I ricercatori americani si sino detti sollevati perché «questo particolare organismo non sta attaccando qualsiasi cosa».

Ma alcuni microbi giurassici  potrebbe anche farci del bene: nel 1995, gli scienziati della California Polytechnic State University trovarono nello stomaco di un’ape sepolta nell’ambra  il bacillo preistorico sphaericus  vecchio più di 25 milioni di anni. L’analisi del DNA dimostrò  che era legato agli attuali batteri viventi sulla  Terra,  ma «sembrava essere una specie innocua». Su uno studio pubblicato su Nature, i ricercatori americani scrivevano che «La scoperta ha offerto la possibilità di studiare l’evoluzione delle specie batteriche e può rappresentare una nuova fonte di farmaci ed enzimi industriali», in realtà, ora viene utilizzato come insetticida, per uccidere le larve delle zanzare e di altri insetti.

Secondo Nigel Brown, professore emerito di microbiologia molecolare all’università di Edimburgo, non bisogna essere eccessivamente preoccupati per i microbici killer comeback  che ritornano dalla tomba: «Trovare l’antrace nel permafrost è fattibile e non è sorprendente. Sì, fa un po’ paura, ma poi ci sono un sacco di cose spaventose nel campo della scienza. La precauzione deve essere la regola in tali circostanze. L’antrace non ha bisogno di un congelatore per sopravvivere. Forma una spora molto resistente ed è la spora che sopravvive a lungo e provoca l’infezione. Per avere la prova della capacità dell’antrace di sopravvivere a temperature normali, bisogna guardare la piccola isola scozzese di Gruinard, rimasta in quarantena per mezzo secolo dopo che gli scienziati britannici, che cercavano di sviluppare armi biologiche, avevano testato il potere mortale dell’antrace su un gregge di pecore nel 1942».Un esperimento che ha pericolosamente contaminato l’isola, fino a che, nel 1986, non è stato rimosso tutto il terriccio che la ricopriva ed è stato irrorato con formaldeide. I 100 kg di spore di antrace sparsi su Gruinard  avrebbero potuto sterminare la popolazione di una città di 3 milioni di abitanti.

Gornall evidenzia che «Non tutti i batteri sono resistenti come il  Bacillus anthracis», il che spiega il motivo per cui gli archeologi che scavavano i siti di sepolture di massa a Londra non hanno subito conseguenze dopo aver esumato corpi delle vittime della  peste bubbonica che nel XVII secolo, in un solo anno, uccise il 15% della popolazione di Londra. La maggior parte di queste vittime vennero gettate in fosse comuni,  36 delle quali sono state identificate e mappati nel 2014 e diverse si trovano sotto piazze nel cuore della capitale britannica.

Fortunatamente il bacillo Yersinia pestis è meno resistente dell’antrace alle basse temperature e alle sostanze chimiche nell’ambiente, è molto più sensibile e richiede un  passaggi abbastanza rapido da un ospite all’altro per sopravvivere.

Ma l’ambiente della Terra è in continuo e rapido cambiamento a causa delle attività antropiche e del cambiamento climatico che hanno innescato e quindi il rischio che emergano dal passato organismi zombie è concreto. Secondo Brown  sarebbe utile redigere un elenco degli organismi più resistenti, e quindi potenzialmente più pericolosi. Intanto non bisogna certo farsi prendere dal panico, almeno «Non più di quanto dovremmo andare n giro e in preda al panico per altri aspetti del riscaldamento globale. Diciamo che ci sono un gran numero di conseguenze non intenzionali del riscaldamento globale e questa è una di quelle».