Clima, Legambiente: «Lima occasione per colmare gap fiducia tra paesi industrializzati e non»

[1 Dicembre 2014]

E’ prudente il commento di Vittorio Cogliati Dezza, presidente di Legambiente, nel commentare l’apertura dei lavori a Lima della 20esima Conferenza delle parti dell’United Nations Framework Convention on Climate Change (Cop20 Unfccc): «A Lima vedremo se i governi hanno recepito veramente il messaggio chiaro e forte che viene dai cittadini e dal mondo scientifico e se finalmente passeranno dalle parole all’azione. Sembrano esserci le condizioni affinché superino le incomprensioni del passato e  definiscano una prima bozza del nuovo accordo, in modo da avere tutto il prossimo anno per concordare nei dettagli il testo finale da sottoscrivere a Parigi».

Legambiente ricorda che «lo scorso settembre centinaia di migliaia di cittadini sono scesi in piazza nelle principali città del pianeta per chiedere ai loro governi di agire subito contro i mutamenti climatici in corso e migliaia di scienziati hanno ribadito la necessità di un’azione globale immediata per prevenire impatti climatici irreversibili. Al centro dell’agenda della Cop20 di Lima vi è la messa a punto del testo negoziale per il nuovo accordo globale sul clima da sottoscrivere il prossimo dicembre 2015 a Parigi. Il nuovo accordo globale sul clima sarà poi operativo solo a partire dal 2020 secondo quanto già concordato nel 2011 a Durban».

Ma Cogliati Dezza vede anche il bicchiere mezzo c vuoto dei negoziati internazionali sul clima: «Purtroppo, come evidenzia il recente “Emission Gap Report” dell’Unep, gli impegni di riduzione delle emissioni al 2020 assunti finora sono insufficienti – si stima un gap di circa 10 Gt – a garantire il rispetto a costi accettabili della soglia critica dei 2°C.  Bisogna adottare subito, a Lima, un piano d’azione per colmare il divario fondato sullo sviluppo delle rinnovabili e l’efficienza energetica, altrimenti più tarderemo a ridurre le emissioni, più alti saranno i costi che dovremo sopportare in futuro. Lima è anche l’occasione dei paesi industrializzati per colmare anche il gap di fiducia con i paesi in via di sviluppo mantenendo l’impegno di finanziare adeguatamente il Green Climate Fund (Gcf) , strumento indispensabile per mettere i paesi più poveri nelle condizioni economiche e tecnologiche di poter contribuire alla lotta ai cambiamenti climatici in corso. Il Fondo, con gli impegni già annunciati nelle scorse settimane, ha raggiunto oltre 9 miliardi di dollari. (Si tratta precisamente di 9.6 miliardi di dollari.

Tra i principali contributori vi sono gli Usa con 3 miliardi, seguiti dal Giappone con 1.5 miliardi, Regno Unito Francia e Germania con 1 miliardo ciascuno, Svezia con 500 milioni e Italia con 313 milioni. Pertanto circa il 40% del contributo iniziale, con 3.8 miliardi di dollari, proviene dall’Unione Europea). Mancano ancora circa 6 miliardi di dollari per raggiungere l’obiettivo dei 15 miliardi ritenuti indispensabili per far operare a pieno regime il Gcf. I primi contributi raccolti sono incoraggianti, ora tutti i Paesi industrializzati devono impegnarsi per raggiungere insieme l’obiettivo già concordato dei 100 miliardi di dollari entro 2020».