Gli oceani della Terra hanno assorbito il 60% di calore in più di quanto si pensasse

Oceani e mari più caldi provocheranno super-tempeste ancora più forti ed esacerbano gli impatti climatici come lo sbiancamento delle barriere coralline

[2 Novembre 2018]

Aggiornamento: Lo studio oggetto di quest’articolo è stato ritirato dalla rivista Nature il 25 settembre 2019, successivamente alle incertezze nel merito evidenziato dallo scienziato climatico Nicholas Lewis, come riportato nella nota https://www.nature.com/articles/s41586-019-1585-5.

Secondo lo studio  “Quantification of ocean heat uptake from changes in atmospheric O2 and CO2 composition,” pubblicato su Nature  da un team internazionale di ricercatori guidato dall’università di Princeton e della Scripps Institution of Oceanography dell’Università della California-San Diego. «Ogni anno dello scorso quarto di secolo, gli oceani del mondo hanno assorbito una quantità di energia termica che è 150 volte maggiore dell’energia che gli esseri umani producono come elettricità ogni anno».

Il forte riscaldamento oceanico scoperto dai ricercatori suggerisce che la Terra è più sensibile alle emissioni di combustibili fossili di quanto si pensasse in precedenza. Il team di ricerca, finanziato dalla National Oceanic and Atmospheric Administration (Noaa) Usa e dal Princeton Environmental Institute e che comprende anche scienziati della Fudan University cinese, dell’École Normale Supérieure di Parigi, del National Center for Atmospheric Research e del Noaa Geophysical Fluid Dynamics Laboratory Usa e  del GEOMAR Helmholtz-Zentrum für Ozeanforschung Kiel. Spiega che «Gli oceani del mondo tra il 1991 e il 2016 hanno assorbito più di 13 zettajoule – che sono un joule, l’unità standard dell’energia, seguito da 21 zeri – di energia termica ogni anno».

La principale autrice dello studio, Laure Resplandy ,del Dipartinento di geoscienze e del Princeton Environmental Institute, ha spiegato che la stima fatta di lei e dal suo team «E’ superiore del 60% all’anno rispetto al 2014 Fifth Assessment Report on climate change dell’Intergovernmental panel on climate change (Ipcc) delle Nazioni Unite. Immaginate se l’oceano fosse profondo solo 30 piedi (meno di 10 metri, ndr), i nostri dati mostrano che dal 1991 si sarebbe surriscaldato di 6,5 gradi Celsius [11,7 gradi Fahrenheit] ogni decennio. In confronto, la stima dell’ultimo rapporto di valutazione dell’Ipcc corrisponderebbe a un riscaldamento di soli 4 gradi Celsius [7,2 gradi Fahrenheit] per ogni decennio».

Un altro autore dello studio, il geofisico Ralph Keeling della Scripps, spiega che «Gli scienziati sanno che l’oceano prende approssimativamente il 90%  di tutta l’energia in eccesso prodotta man mano che la Terra si scalda, quindi conoscere l’effettiva quantità di energia rende possibile stimare il riscaldamento superficiale che possiamo aspettarci. Il risultato aumenta significativamente la fiducia che possiamo dare alle stime del riscaldamento degli oceani e quindi aiuta a ridurre l’incertezza nella sensibilità climatica, in particolare chiudendo la possibilità di una sensibilità al clima molto bassa».

La sensibilità climatica viene utilizzata per valutare le emissioni ammissibili per le strategie di mitigazione. Negli ultimi 10 anni la maggior parte dei climatologi ha concordato sul fatto  che se le temperature medie globali supereranno i livelli pre-industriali di 2° C  è quasi certo che la società dovrà affrontare conseguenze diffuse e pericolose dei cambiamenti climatici. Secondo la Resplandy. «Le scoperte dei ricercatori suggeriscono che se la società vuole evitare che le temperature salgano al di sopra di tale soglia, le emissioni di anidride carbonica, il principale gas serra prodotto dalle attività umane, devono essere ridotte del 25% in più rispetto a quanto precedentemente stimato. I risultati del nuovo studi sono i primi ottenuti con una tecnica di misurazione indipendente dal metodo dominante che sta dietro la ricerca esistente. Le stime precedenti si basavano su milioni di misurazioni puntuali della temperatura oceanica, che sono state interpolate per calcolare il contenuto di calore totale. Tuttavia, le lacune nella copertura rendono incerto questo approccio. Una rete di sensori robotici noti come Argo ora effettua misurazioni complete della temperatura e della salinità oceanica in tutto il mondo, ma la rete ha solo dati completi risalenti al 2007 e misura solo la metà superiore dell’oceano. Negli ultimi anni sono state fatte diverse revisioni del contenuto di calore utilizzando i dati sulla temperatura oceanica – inclusi i recenti dati Argo – che hanno portato a revisioni al rialzo della stima dell’Ipcc».

Per determinare la quantità di calore che gli oceani hanno accumulato durante l’arco di tempo coperto dallo studio, il team della Resplandy ha utilizzato le misurazioni ad alta precisione dell’ossigeno e dell’anidride carbonica nell’aria della Scripps. Hanno misurato il calore dell’oceano osservando l’”ossigeno potenziale atmosferico” o APO, la quantità combinata di O2 e di CO2 nell’aria e che si basa sul fatto che l’ossigeno e il biossido di carbonio sono entrambi meno solubili nell’acqua più calda.

I ricercatori della Princeton e della Scripps concludono: «Mentre l’oceano si riscalda, questi gas tendono ad essere rilasciati nell’aria, il che aumenta i livelli di APO. L’APO è anche influenzato dalla combustione di combustibili fossili e da un processo oceanico che implica l’assorbimento di CO2 in  eccesso. Confrontando i cambiamenti nell’APO che abbiamo osservato con i cambiamenti attesi a causa dell’utilizzo di combustibili fossili e della captazione di biossido di carbonio, siamo stati in grado di calcolare la quantità di APO emessa dall’oceano che  sta diventando più caldo. Quell’ammontare coincide con il contenuto di energia termica dell’oceano».

Una scoperta che indica che la crisi climatica potrebbe essere ancora più terribile di quanto si credesse: oceani e mari più caldi provocheranno super-tempeste ancora più forti ed esacerbano impatti climatici come lo sbiancamento dei coralli.

Dopo aver letto lo studio, Michael Brune il direttore esecutivo di Sierra Club. La più grande e diffusa associazione ambientalista Usa, ha espresso tutta la sua preoccupazione: «Quando si tratta della crisi climatica, gli oceani del mondo sono i canarini nella miniera di carbone. Era scritto sul muro da anni, ma il rapporto di oggi conferma che abbiamo ancora meno tempo per andare oltre i combustibili fossili come il carbone, il petrolio, e gas da fracking per realizzare un’economia alimentata al 100% da energia pulita e rinnovabile. Per garantire un futuro sano e sicuro per tutti, questa crisi globale richiede nient’altro che un’azione rapida e significativa da parte di tutti i leader mondiali. Che l’Amministrazione Trump continui nell’ignoranza e nella mancanza di azione è del tutto inaccettabile e, insieme ai nostri alleati in tutto il Paese, lavoreremo per un futuro più luminoso, più sano e più sicuro per tutti».