Guerre e crisi umanitarie e climatiche espongono a gravi pregiudizi le persone con handicap e i gruppi minoritari

Dobbiamo rendere visibile l'invisibile, altrimenti non raggiungeremo gli obiettivi dell'Agenda 2030 e non vinceremo la lotta contro lo stigma e la discriminazione

[27 Agosto 2019]

Aprendo a Ginevra la 22esima sessione del Comitato per i diritti delle persone handicappate, Michelle Bachelet, Alto commissario Onu per i diritti umani, ha detto che «I conflitti, le crisi umanitarie e la crisi climatica producono delle situazioni ad alto rischio per le persone con handicap, che non ricevono che non ricevono i servizi vitali dei quali hanno bisogno. Dalla Siria allo Yemen, dal Myanmar al Sud Sudan, e in molti altri Paesi, le persone con handicap devono fuggire per la loro sicurezza e rischiano di essere esposte a gravi pregiudizi. Inoltre, le donne e le ragazze con handicap sono molto esposte alle violenze e allo sfruttamento, anche in tempo di pace».

Tuttavia, la Bachelet si è detta  «Incoraggiata per I progressi consta tati a giugno scorso con la prima risoluzione in assoluto approvata dal consiglio dei diritti umani dell’Onu riguardante i diritti delle persone con handicap nel contesto dei cambiamenti climatici  e quella del Consiglio di sicurezza basata sui loro diritti nei conflitti armati. Il Consiglio ha adottato la sua prima risoluzione che chiede agli Stati e alla parti in conflitto di proteggere le persone con handicap nelle situazioni di conflitto, vigilando perché abbiano accesso alla giustizia, ai servizi di base a un servizio umanitario senza ostacoli. Il Consiglio di sicurezza ha sottolineato la necessità per gli Stati di mettere fine all’impunità per gli atti  criminali commessi contro dei civili, comprese le persone con handicap, e di vigilare perché abbiano accesso alla giustizia, a cure efficaci e, nel caso, a risarcimenti, I 15 hanno esortato gli Stati a rispettare gli obblighi che incombono loro in virtù della Convenzione riguardante i diritti delle persone con handicap«.

La Bachelet ha sottolineato che «La ratifica della Convenzione e quella del Protocollo facoltativo, rispettivamente da parte di 180 et 96 Stati, testimoniano il forte impegno della comunità internazionale verso i principi e gli obiettivi difesi dalla Convenzione».

Con l’adozione della Convenzione i governi si sono impegnati, tra l’altro, ad assicurare il rispetto dell’autonomia delle persone con handicap anche attraverso l’accesso al lavoro e ai servizi sanitari. Inoltre la Bachelet ha ricordato la nuova strategia Onu per l’integrazione delle persone con handicap e ha reso omaggio «ai contributi delle persone con handicap e delle loro organizzazioni ai lavori del Comitato, le cui osservazioni riflettono la diversità delle problematiche con le quali si confrontano le persone con handicap, compreso il rispetto dei loro diritti a lavorare, ad accedere alla giustizia e a vivere in maniera indipendente. Applaudo il vostro lavoro e la vostra leadership, dovete aiutare gli Stati ad accelerare il loro lavoro affinché le persone con handicap possano avere il loro posto di uguali nella società». A Ginevra si discute anche dei diritti delle persone con handicap autoctone, dei migranti e rifugiati, dei lebbrosi, dei “diversi” o di chi vive in Paesi in guerra.

All’Unite Nations Civil Society Conference in corso a Salt Lake City, negli Usa, è intervenuta la giovane attivista per i diritti umani e comunitari kenyana  Auma Otieno, che si occupa di campagne in difesa delle  donne e delle persone con disabilità che affrontano la stigmatizzazione a causa di credenze culturali e religiose. In un’intervista a UN News, la Otieno ha sottolineato che questo tipo di discriminazione «E’ prevalente in Africa dove il potere politico rimane spesso nelle mani di élite benestanti. Molte persone in città sono costrette a vivere in insediamenti informali, che hanno dimostrato di essere focolai di disoccupazione, violenza, abuso di droghe e gravidanze precoci». Secondo la Otieno, «Le politiche per affrontare questi problemi includono l’offerta di alloggi dignitosi, accessibili, un’istruzione di qualità e pari opportunità di lavoro per tutti, indipendentemente dalla razza, dal credo religioso, tribù o appartenenza politica».

In un mondo sempre più urbanizzato, la disuguaglianza nelle città sta crescendo, con i membri della società più emarginati che vengono colpiti più duramente. Rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, resilienti e sostenibili è uno degli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile dell’Onu per preservare il pianeta e migliorare la qualità della vita per tutti.

La sessione della conferenza alla quale ha partecipato la Otieno, “Inclusive Cities and Communities – Leaving No One Behind”, è stata l’occasione per discutere del fatto che alcuni gruppi, come donne, giovani, poveri, gruppi etnici stigmatizzati e la comunità LGBTQI, spesso non traggono benefici dall’urbanizzazione.

In un miscuglio di modernità e superstizione, in alcuni Paesi, come l’Uganda, tra i gruppi più emarginati ci sono le persone con albinismo, che spesso subiscono discriminazioni. Peter Ogik, che è un albino co-fondatore e direttore esecutivo ella Source of the Nile Union of Persons with Albinism (Snupa)  ha raccontato i pericoli quotidiani che deve affrontare gli ugandesi albini, tra i quali il rapimento, a causa della falsa convinzione che le parti del loro corpo hanno poteri magici, e lo stupro, perché alcuni pensano che il sesso non protetto con una persona che ha l’albinismo può curare l’HIV/AIDS. «E’ necessaria un’azione urgente per rendere le nostre città e comunità più sicure per le persone con albinismo – ha detto Ogik  – Questo include la revisione di quadri legali e regolamentari; la facilitazione dell’accesso alla giustizia per le persone con albinismo per garantire che gli attacchi siano perseguiti; e adottare misure di protezione di base come rafforzare la polizia e rendere le case più sicure. Tutti gli stakeholders hanno un ruolo da svolgere nel rendere le città e le comunità più inclusive per le persone con albinismo, compresi partner per lo sviluppo, le agenzie internazionali e altre organizzazioni della società civile».

Riferendosi ai gruppi emarginati nelle città, i cui bisogni spesso non vengono soddisfatti a causa della mancanza di dati affidabili, Mariarosa Cutillo, a capo delle Strategic Partnerships dell’United Nation Population Fund (Unfpa), ha concluso: «Dobbiamo rendere visibile l’invisibile. Questo è il motivo per cui il censimento del 2020 negli Stati Uniti è così importante, poiché i buoni dati, che comprendono meglio la diversità della popolazione, aiutano l’Unfpa e altre organizzazioni a indirizzare meglio i loro sforzi. Senza queste informazioni, non raggiungeremo gli obiettivi dell’Agenda 2030 e non vinceremo la lotta contro lo stigma e la discriminazione».