I carbon credits non funzionano: hanno aumentato le emissioni di 600 megatonnellate?

L’EU ETS sballato per un terzo? I "trucchi" di Russia e Ucraina per guadagnare inquinando

[25 Agosto 2015]

I mercati del carbonio sono considerati uno strumento politico essenziale per ottenere una mitigazione del cambiamento climatico.  Progetti basati sui meccanismi di mercato del carbonio consentono alle industrie di  guadagnare crediti di riduzione delle emissioni negoziabili con  progetti di mitigazione, ma a tempo si discute della reale integrità ambientale dei carbon credits, ora lo studio Lo studio “Perverse effects of carbon markets on HFC-23 and SF6 abatement projects in Russia” pubblicato su  Nature Climate Change da Lambert Schneider e Anja Kollmuss, due ricercatori statunitensi dello Stockholm Environment Institute, conferma che  per questi progetti «I ricavi da crediti possono superare significativamente i costi di abbattimento, con la creazione di incentivi perversi per aumentare la produzione o la generazione di gas di scarico, come un mezzo per aumentare i ricavi del credito da abbattimento dei gas di scarico».

L’articolo pubblicato su Nature Climate Change fa parte della prima revisione approfondita dell’ integrità ambientale della Joint Implementation (Ji) e di mostra che circa i tre quarti dei carbon credits «non possono rappresentare riduzioni effettive delle emissioni» e che  «Il loro utilizzo per  raggiungere gli obiettivi di mitigazione potrebbe aver aumentato le emissioni di circa 600 milioni di tonnellate». Risultati che pongono diverse questioni alla Conferenza delle parti dell’United Nations Framework Convention on Climate Change (Unfccc) che si terrà a dicembre a Parigi.

La Joint Implementation è, con il Clean Development Mechanism, uno dei due meccanismi di compensazione del protocollo di Kyoto e consente ai Paesi che si sono impoegnati a ridurre le emissioni a produrre Emission Reduction Units (ERU) con progetti di riduzione delle emissioni per  trasferirle in altri paesi. Con la Ji, a partire dal marzo 2015, sono stati rilasciate quasi 872 milioni di ERU.

Ma il nuovo studio dimostra che la Joint Implementation, che era destinata ad incentivare  la mitigazione del cambiamento climatico, rendendola  più conveniente, ha invece seriamente compromesso l’azione globale per il clima. Schneider e Kollmuss hanno analizzato un campione casuale di 60 progetti Ji ed hanno scoperto che il per il 73% «L’addizionalità non era plausibile», cioè i progetti sarebbero probabilmente andati avanti anche senza avere vantaggi per la riduzione del  carbonio».

Lo studio ha anche esaminato 6 grandi progetti finanziati dalla Ji e ha scoperto che  solo uno, l’ abbattimento di ossido di diazoto ( N2O) proveniente dalla a produzione di acido nitrico, ha avuto un’alta integrità ambientale, quindi in grado di essere veramente aggiuntivo e non sovra-finanziato. Complessivamente, lo studio ha rilevato che «Circa l’80% delle ERU rilasciate provenivano da tipi di progetti con integrità ambientale bassa o discutibili».

Ma la Joint Implementation era stata progettata proprio per proteggere la politica climatica dai progetti truffa: «I  Paesi ospiti  devono annullare una delle loro quote di emissioni per ogni ERU rilasciata – spiegano allo Stockholm Environment Institute – Ma lo studio ha rilevato oltre il 95% delle ERU sono state emesse da Paesi con eccedenze significative delle quote». Se questi Paesi   non avessero emesso quote aggiuntive di ERU, non avrebbero potuto fare la differenza per ridurre ulteriormente le emissioni interne. Così, ERU per un valore di circa 600 Megatonnellate equivalenti di CO2 che sono state rilasciato a partire dal marzo 2015, non possono rappresentare riduzioni effettive delle emissioni».

La Kollmuss  sottolinea che «Le implicazioni sono particolarmente gravi per l’EU Emissions Trading System.  Quasi due terzi dei carbon credits Ji sono stati utilizzati dal sistema di scambio dell’Ue, quindi, la scarsa qualità complessiva dei progetti Ji potrebbero aver minato l’obiettivo di riduzione delle emissioni dell’Ue per circa 400 Mt di CO2 equivalenti. Per il contestualizzare, si tratta di circa un terzo delle riduzioni delle emissioni richieste dal sistema EU ETS dal 2013 al 2020».

L’articolo pubblicato su Nature Climate Changhe si concentra sugli «effetti perversi» dei progetti Ji in Russia  per ridurre le emissioni di gas di scarico di trifluorometano (HFC-23)e di esafluoruro di zolfo (SF6), due potenti gas serra. . Schneider  spiega che «Nel 2011, gli operatori di tre impianti chimici hanno rimosso le salvaguardie metodologici e incrementato la produzione di questi gas a livelli senza precedenti, guadagnando così più crediti. Se si produce più gas serra solo per distruggerli e generare più carbon credits,  in pratica si danneggia il clima a scopo di lucro».

Pur essendo praticamente in guerra e divise su tutto, Ucraina e Russia hanno ospitato la maggior percentuale dei Ji, emettendo insieme il 90% delle ERU, ma lo Stockholm Environment Institute dice che «In entrambi i Paesi i progetti sollevano rilevanti questioni di integrità ambientale, in particolare i tipi di progetti  più comuni: la prevenzione degli incendi nelle discariche di scorie del carbone in Ucraina e l’utilizzo del gas prodotto nelle operazioni petrolifere in Russia». Lo studio ha  scoperto che «Per entrambi i tipi di progetto, l’addizionalità non è plausibile, l’overcrediting è probabilmente significativo e le stime di riduzione delle emissioni sono in contrasto con gli inventari nazionali».

Vladyslav Zhezherin, un ricercatore ucraino che ha fatto da consulente indipendente per lo studio, evidenzia che «Alcuni dei primi  progetti Ji erano di buona qualità, ma nel 2011-2012 in Ucraina e in Russia sono stati registrati numerosi progetti che erano iniziati molto prima e che erano stati chiaramente non motivati dai carbon credits. Questo è stato come stampare denaro». Ma non tutto il mondo è Paese: a differenza dei progetti russi e ucraini, iniziative simili in Polonia e in Germania hanno soddisfatto criteri molto rigorosi.

Naturalmente russi ed ucraini respingono sdegnosamente ogni accusa, esattamente come fecero i cinesi qualche anno fa quando venne fuori uno scandalo simile di quote di abbattimento delle emissioni “truccate”.

Infatti, anche la massiccia emissione di carbon credits “discutibili” verso la fine del primo periodo di impegno del Protocollo di Kyoto ha contribuito al crollo dei prezzi delle quote di emissioni e Schneider. Sottolinea preoccupato che «Questo significa  che progetti legittimi di carbonio, che in realtà richiedono entrate da carbonio per essere vitali, possono essere stati danneggiati da questi schemi”, dice Schneider.

Lo studio fornisce una serie di raccomandazioni  all’Unfccc: in particolare, evidenzia «la necessità di garantire che gli impegni dei Paesi nel quadro del nuovo accordo sul clima siano davvero ambiziosi», e di stabilire «International accounting rules e un severo controllo dei trasferimenti internazionali di carbon units,, così  che i problemi che sono sorti con  la Ji non si ripetano sotto un nuovo regime climatico».