Il contraddittorio piano quinquennale della Cina: “sviluppo di qualità” ma con ancora troppe energie fossili e nucleare

Un piano poco ambizioso e molto più lento di quanto si sperava per raggiungere le emissioni net zero

[15 Marzo 2021]

Uno dei responsabili dell’ufficio ricerca del Consiglio degli affari di stato (governo) della Repubblica popolare cinese, Sun Guojun, ha detto che «Quest’anno la Cina continuerà a promuovere un’esèpansione economica stabile, con l’obiettivo di mantenere la sua economia all’interno di una forchetta appropriata».

Durante una conferenza stampa, Sun ha sottolineato: «Benché il rapporto sull’attività del governo del 2021 (approvato il 10 marzo, ndr) abbia fissato l’obiettivo di crescita del PIL a più del 6%, alcune istituzioni ed esperti prevedono che l’economia cinese registrerà una crescita del PIL a due cifre nel primo trimestre di quest’anno. Questo non significa che l’economia cinese sia tornata sulla strada di una forte crescita. Statisticamente, un forte aumento della crescita del PIL nel primo trimestre è normale, dato un calo del 6,8% dovuto all’epidemia nello stesso periodo dello scorso anno. Non è difficile prevedere che l’economia cinese sia ancora in una fase di ripresa, se si confrontano gli indicatori economici con quelli del quarto trimestre dello scorso anno o se si fanno confronti dopo la riduzione di fluttuazioni anomale. E’ necessario prestare maggiore attenzione a fattori diversi dal tasso di crescita economica, come l’occupazione, i prezzi, il reddito e la protezione ambientale, un approccio che favorisce l’espansione economica. continua, più riforme e innovazioni, nonché sviluppo di alta qualità dell’economia cinese».

E intervenendo una settimana fa al Congresso nazionale del popolo, il più alto organo legislativo cinese, il presidente cinese e segretario generale del Comitato centrale del Partito comunista, Xi Jinping, aveva concentrato il suo discorso proprio «Sugli sforzi per perseguire fermamente uno sviluppo di alta qualità e migliorare il benessere delle persone». Durante una riunione con i deputati della provincia nord-occidentale del Qinghai, Xi, aveva sottolineato che «L’alta qualità dello sviluppo era un requisito generale per tutti gli aspetti di sviluppo economico e sociale». Un’indicazione che è subito diventata il nuovo slogan dei media di stato e degli alti papaveri comunisti cinesi.

Le due sessioni annuali dell’organo legislativo supremo e dell’organo consultivo politico della Cina sono servite ad esaminare i risultati della Cina per quanto riguarda la lotta alla pandemia di COvid-19 e lo sviluppo economico. L’agenzia ufficiale Xinhua scrive con evidente orgoglio propagandistico che «Il paese è diventato l’unica grande economia a registrare una crescita positiva lo scorso anno, con il suo prodotto interno lordo (PIL) in aumento del 2,3% su base annua per superare i 100.000 miliardi di yuan (circa $ 15,4 trilioni), mentre le sue importazioni e le esportazioni di prodotti sono aumentate dell’1,9%. Nel 2020, tutti i quasi 100 milioni di residenti rurali impoveriti della Cina che vivevano al di sotto della soglia di povertà si sono sbarazzati della povertà dopo 8 anni di sforzi». Un risultato riconmosciuto anche dal segretario generale dell’Onu António Guterres.

Durante le “due sessioni”, la Cina ha fissato i suoi obiettivi per il 2021 e ha adottato il piano di sviluppo del paese per i prossimi 5 – 15 anni, mettendo  l’enfasi propriosullo «Sviluppo di alta qualità, dovrebbe offrire nuove opportunità nel mondo colpito dalla pandemia».

Xinhua riporta che «Durante il periodo del 14° piano quinquennale (2021-2025) e oltre, lo sviluppo di alta qualità rimarrà il tema dello sviluppo economico e sociale della Cina e riguarderà la situazione generale dello sforzo di modernizzazione socialista del paese. Allo stesso tempo, il paese attuerà politiche di apertura in un campo più ampio, in campi più estesi e ad un livello più profondo, e parteciperà maggiormente alla cooperazione economica internazionale».

Anche secondo Jeffrey Sachs, professore di economia alla Columbia University e consigliere senior dell’Onu, «Gli obiettivi per il 2021 e il piano di sviluppo economico e sociale per i prossimi cinque anni sono impressionanti. Mirano allo sviluppo sostenibile, basato sulla riduzione dell’inquinamento, l’uso efficiente delle risorse, il progresso scientifico e tecnologico, lo sviluppo dell’istruzione e il miglioramento della qualità della vita».

In realtà il percorso prospettato dal 14esimo piano quinquennale cinese per raggiungere le emissioni net zero è molto più “lento” di quel che speravano in molti e Bill Hare, amministratore delegato di Climate Analytics, ha detto che «E’ deludente che la Cina pensi di continuare a fare così tanto affidamento su carbone, petrolio e gas. Il mondo conta sul più grande emettitore di CO2 per intensificare la lotta al cambiamento climatico eppure vediamo poco di questa azione nel piano».

Anche per Zhang Shuwei, capo economista del Draworld Environment Research Center, «Secondo il piano, le emissioni della Cina continueranno ad aumentare. Nel complesso, il piano non contiene dettagli sufficienti su come la Cina intende accelerare la decarbonizzazione dell’economia, né offre molte indicazioni strategiche su come raggiungere il picco di carbonio prima del 2030 e la neutralità del carbonio entro il 2060».

Mentre la Cina è stato l’unico Paese importante ad aver registrato un aumento di emissioni di gas serra nel 2020 (+1,5%), il nuovo piano quinquennale per lo sviluppo di alta qualità è mcongtraddittorio: incoraggia la crescita dei combustibili fossili e allo stesso tempo promuove lo sviluppo di nuove tecnologie green che verranno incentivate dal carbon market cinese. In 5 anni, la Cina vuole arrivare al 20% di energia da combustibili verdi (tra i quali annovera anche il nucleare), un aumento simile a quello registrato tra il 2015 e il 2020, lasciando quindi bel l’80% ai combustibili fossili.

Come spiega Euractiv, «Il piano stabilisce i principali obiettivi energetici e climatici fino al 2025, compreso quello di ridurre del 18% le emissioni di CO2 per unità di PIL». Ma siccome tra il 2015 e il 20, l’intensità di CO2 è diminuita del 18,8% 20, per Lauri Myllyvirta del Center for Research on Energy and Clean Air si tratta di un obiettivo ben poco ambizioso e fa notare che «Inoltre, nel piano è assente un obiettivo di controllo del consumo energetico, il che significa che ci sono meno vincoli sulle emissioni rispetto ai piani precedenti, e nessuna garanzia di un rallentamento entro il 2025».

Altre parti del piano cinese prevedono progetti che in altri Paesi solleverebbero subito una forte  contrarietà da parte degli ambientalisti, come una fot<rte accelerazione per la realizzazione di impianti, sia offshore che onshore, per estrarre gas e l’aumento della capacità produttiva di energia nucleare fino a 70 GW risptto ai 50 GW odierni. Il tutto però distribuito da una rete sempre più smart.

Byford Tsang del think tank climatico E3G apprezza i passi avanti ma non si nasconde i problemi: «Il piano dimostra che la Cina è impegnata ad espandere la sua economia pulita, quindi l’energia pulita è ancora elencata come un settore strategico, e ribadisce l’impegno del Paese sull’Accordo di Parigi e i suoi obiettivi climatici, però non ci sono progressi sufficienti per frenare l’utilizzo del carbone, forse perché la Cina si sta concentrando sulla sicurezza energetica, che considera una delle sue tre principali priorità di sicurezza. Nonostante gli impegni per affrontare il cambiamento climatico e lo sviluppo verde, c’è ancora una riserva in termini di riduzione del consumo di combustibili fossili, perché sono semplicemente troppo importanti per l’economia cinese, soprattutto di fronte a un ambiente esterno più incerto».