«Il Covid-19 non poteva arrivare in un momento peggiore per le comunità vulnerabili dell’Africa Occidentale»

Guerre, cambiamenti climatici e pandemia spingono milioni di persone verso la fame

[28 Aprile 2020]

Pubblichiamo la traduzione dell’intervista con Coumba Sow, coordinatrice del’équipe de résilience pour l’Afrique de l’Ouest della Fao, realizzata da UN News e poi rilanciata dalla stessa Fao:

 

L’Africa Occidentale e la regione del Sahel in particolare sono da molto tempo soggette a siccità e penurie alimentari e, in questi ultimi 10 anni a un’insicurezza crescente. Qual è la situazione attuale? 

Si tratta di una regione complessa che è colpita sia da fame cronica, insicurezza, cambiamento climatico, minaccia di un’epidemia di locuste del deserto e, oggi, dalla panden mia di Covid-19. Oni anno, 5 deii 10 Paesi che si trovano in fondo alla classifica dell’Indice indice di sviluppo dell’Onu sono dei Paesi dell’afric a Occidentale.

Attualmente, siamo particolarmente preoccupati di fronte alla crisi umanitaria nel Sahel centrale, una regione che include il Burkina Faso, il Mali e il Niger. Lì, circa 4 milioni di persone lottano già contro la fame estrema e il loro numero potrebbe raggiungere i 5,5 milioni entro agosto. Per comprendere meglio, bisogna sapere che in Burkina Faso più di 2 milioni di persone potrebbero trovarsi in una situazione di fame estrema ad agosto, vale a dire nel peggior momento dell’anno, all’inizio della stagione magra, quando il cibo si fa più raro. Questa cifra è triplicata rispetto all’anno scorso per lo stesso periodo.

In Africa Occidentale, dal mese di aprile, più di 11 milioni di persone hanno bisogno di un aiuto alimentare immediato, essenzialmente a causa dei conflitti. E il loro numero è destinato ad aumentare fino a raggiungere i 17 milioni durante la stagione magra (giugno-agosto) se u non apportiamo una risposta rapida.

Molte persone non hanno solo fame. Sono anche state sradicate e a hanno perduto i loro beni. Quelle che ho incontrato mi hanno tutte raccontato la stessa storia: il loro villaggio è stato attaccato, i membri delle loro famiglie uccisi o sfollati, le loro case o i loro campi distrutti, i loro animali abbandonati o uccisi.

Attualmente, circa 1,2 milioni di persone sono state sfollate nel Sahel centrale. E i conflitti continuano, altre persone subiranno la stessa sorte.

Secondo il rapporto sulle crisi alimentari mondiali, l’aumento degli atti di violenza, gli spostamenti di massa, le perturbazioni registrate nel commercio e nell’agricoltura e le condizioni climatiche sfavorevoli in Africa Occidentale e nel Sahel, quest’anno contribuiranno ad aggravare la situazione di insicurezza alimentare acuta in diverse regioni.

Il Covid-19 non poteva arrivare in un momento peggiore per le comunità vulnerabili dell’Africa Occidentale.

Quali sono le popolazioni più minacciate dal Covid-19?

Prima di tutti i bambini. l tasso di malnutrizione nel Sahel è uno dei più alti al mondo. Circa 2,5 milioni di bambini – oltre un quarto in Burkina Faso, Mali e Niger – soffrono di malnutrizione acuta e grave. In generale, sono le madri e i bambini a essere maggiormente colpiti e la pandemia non farà eccezione. Le persone che sono già in una situazione di fame, o che sono già in una situazione di fame e sfollate, saranno in grave pericolo. Quello che dobbiamo assolutamente sapere è che la pandemia si diffonde durante mesi che sono cruciali per la regione, perché sono quelli in cui le popolazioni devono seminare i loro campi e/o spostarsi con i loro animali. Gli agricoltori devono essere in grado di vendere ciò che hanno prodotto, ma anche avere accesso a campi e ai mercati per prepararsi alla principale stagione agricola 2020/2021. Gli allevatori e i pastori nomadi devono essere in grado di spostarsi con i loro animali. I governi e gli attori umanitari devono aiutare le persone che hanno bisogno di cibo, alimentazione e aiuti d’emergenza durante la stagione magra.

Per secoli, i pastori nomadi hanno percorso ogni anno centinaia di chilometri attraverso il Sahel alla ricerca di pascoli per il bestiame. È un’attività che ripetono ogni anno e soprattutto in aprile e maggio quando i pascoli iniziano a seccarsi. Ad esempio, molti pastori mauritani si trasferiscono in Mali e in Senegal in cerca di pascoli. Ma con i confini chiusi, i pastori nomadi non sono più in grado di spostarsi per trovare foraggio e acqua o commerciare: gli animali vengono talvolta venduti in cambio di cibo o generi di prima necessità.

Di conseguenza, i pastori possono perdere la loro fonte di reddito quando non possono più vendere i loro animali o comprare ciò di cui hanno bisogno, oppure possono perdere i loro animali quando muoiono o si ammalano. Quando gli animali soffrono, lo fanno anche gli umani. Quando gli animali muoiono o smettono di fornire latte o carne, le persone soffrono la fame. Quando gli animali vanno persi, sono i mezzi di sussistenza umani ad andare persi.

Covid-19 avrà anche altre implicazioni per gli agricoltori, poiché l’offerta di fertilizzanti e sementi diminuirà e chiuderanno negozi e mercati.

Se la pandemia continua a diffondersi, rappresenterà una minaccia crescente, con un aumento del numero di sfollati, una graduale riduzione dell’accesso ai servizi sociali di base, un aumento dei prezzi dei prodotti alimentari, una diminuzione di cibo.

Gli effetti del Covid-19 sulla sicurezza alimentare delle popolazioni si fanno già sentire nell’Africa occidentale?

I governi hanno adottato misure come il distanziamento sociale e la chiusura dei mercati. Questo creerà perturbazioni si mercati sia per i commercianti che per i consumatori.

Le ripercussioni di Covid-19 sono già visibili nelle aree di pascolo. Poiché la maggior parte dei confini è chiusa, gli spostamenti di pastori e animali sono stati limitati.

Sebbene gli effetti della pandemia sui prezzi dei prodotti di base non siano ancora visibili, il fatto che molte persone acquistino grandi quantità di beni di base potrebbe causare aumenti dei prezzi e una penuria, creando una situazione difficile da gestire quando/se la produzione diminuisse drasticamente. Anche i trasporti ne risentono e ciò influirà sull’approvvigionamento di derrate alimentari e prodotti.

Quale risposta fornisce la Fao?

Sapendo che la maggior parte dell’Africa Occidentale è colpita da altre complesse situazioni di crisi, la nostra prima priorità è salvaguardare e mantenere le azioni di emergenza che stiamo attualmente svolgendo, in particolare quelle a sostegno delle imminenti campagne agricole, al fine di mitigare gli effetti del Covid-19 sulla sicurezza alimentare. Questo è particolarmente difficile a causa delle difficoltà operative causate dalle restrizioni ai viaggi introdotte dalla maggior parte dei Paesi. Tuttavia, lavorando a stretto contatto con i governi, il sistema delle Nazioni Unite e i nostri partner, stiamo ripensando e immaginando nuovi mezzi di approvvigionamento.

Tuttavia, i nostri interventi nella regione sono finanziati solo fino al 20%. Esortiamo i donatori e i nostri partner a garantire che, nonostante il Covid-19, le azioni di emergenza in corso non vengano dimenticate.

Nella lotta contro Covid-19, la Fao ha raccolto informazioni e condotto analisi, a livello regionale e nazionale, sulle conseguenze che la pandemia potrebbe avere sull’agricoltura e sulla sicurezza alimentare, al fine di per creare un data-system globale. Questo sistema dovrebbe servire da base per lo sviluppo di strategie nazionali e regionali e per la formulazione di piani di preparazione e risposta per Covid-19. Diverse azioni di questi piani sono già state implementate.

In Burkina Faso, la Fao  sta lanciando un programma, con il sostegno del  Central emergency response found (CERF) dell’ United Nations Office for the Coordination of Humanitarian Affairs (OCHA), volto a fornire assistenza immediata alle famiglie vulnerabili confinate nelle aree urbane e periurbane, in modo che abbiano accesso a cibi sani e nutrienti.

In Senegal, la Fao sostiene gli sforzi del governo nella lotta contro la pandemia, attraverso campagne di sensibilizzazione, in particolare rivolte agli attori della catena alimentare, al fine di impedire che la pandemia si diffonda ulteriormente. Aiuteremo i piccoli produttori interessati da chiusure del commercio, in particolare le donne, a vendere i loro prodotti, guadagnare abbastanza denaro e prepararsi alla semina. E distribuiremo contanti e buoni agli allevatori in modo che possano nutrire i loro animali e ridurre perdite e sprechi.

A breve termine, le nostre priorità sono: aiutare le famiglie vulnerabili colpite dal Covid-19 ad avere un adeguato accesso al cibo, garantire il foraggio e l’acqua durante la stagione secca e i semi agli agricoltori per poter seminare; garantire programmi di protezione sociale durante la stagione magra; e mantenere attivi i mercati e le catene del valore in modo che tutti possano acquistare il cibo di cui hanno bisogno a un prezzo ragionevole.

Inoltre, gli esperti della Fao stanno monitorando da vicino la situazione delle locuste del deserto, poiché è possibile che questo parassita si diffonderà nell’Africa occidentale entro la metà dell’anno.

Cosa dovrebbero fare i governi?

La Fao incoraggia i Paesi a restare informati e ad adattare i loro piani d’azione alle conseguenze della pandemia non appena saranno conosciute meglio. E’ essenziale anticipare gli effetti del Covid-19 sull’agricoltura, sulla sicurezza alimentare e sulla vita di donne e bambini vulnerabili. Una delle azioni più importanti da intraprendere a livello nazionale e regionale è garantire il mantenimento dei sistemi alimentari e delle catene del valore.

Il 16 aprile, i 55 Stati membri dell’Unione Africana (UA) si sono impegnati, durante una riunione UA-Fao, a sostenere l’accesso delle popolazioni più vulnerabili dell’Africa al cibo e all’alimentazione; a fornire programmi di protezione sociale; a ridurre al minimo le chiusure al fine di garantire la circolazione e il trasporto sicuri delle persone il cui lavoro è essenziale e il trasporto e la commercializzazione di beni e servizi; a mantenere aperti i confini per promuovere il commercio alimentare e agricolo. Questo è un primo passo essenziale e la Fao è orgogliosa di aver partecipato a questo processo.

Quali sono le maggiori sfide che la FAO dovrà affrontare se la pandemia peggiora?

Se la pandemia peggiora, nella regione altri 50 milioni di persone potrebbero affrontare una crisi alimentare.

Questo è il motivo per cui stiamo espandendo il nostro aiuto, attraverso partner e attori locali, e perché stiamo immaginando mezzi innovativi, come la formazione online e l’assistenza a distanza, al fine di rafforzare le loro capacità. La crisi dell’Ebola ci ha insegnato che alcune attività possono essere svolte nell’ambito delle nostre attività regolari aggiungendo misure specifiche, come i protocolli sanitari. La Fao ha attivato piani per supportare le attività commerciali in tutta la regione, che mirano a garantire la sicurezza del suo personale, dei partner e dei beneficiari, garantendo nel contempo il proseguimento delle attività.

Ha qualcosa da aggiungere?

Viviamo in tempi difficili ma non dobbiamo dimenticare che la popolazione dell’Africa Occidentale ha dimostrato la propria capacità di resilienza alle crisi. In effetti, l’approccio della Fao e di molte altre organizzazioni nella lotta contro il Covid-19 si basa sulle lezioni apprese a seguito della crisi legata al virus Ebola nell’Africa Occidentale.

L’epidemia di Ebola ci ha anche insegnato che se il Covid-19 è principalmente una crisi sanitaria, dobbiamo fare di tutto per impedire che si trasformi in una crisi alimentare che. in Africa Occidentale, sarebbe particolarmente dannosa per molte comunità.