Il riscaldamento globale colpisce più duramente le creature marine

La vita marina è più sensibile al riscaldamento e meno in grado di sfuggire al caldo

[2 Maggio 2019]

Il riscaldamento globale colpisce il doppio del numero di specie che vivono nell’oceano, rispetto alle specie terrestri, facendole scomparire dai loro habitat. A dirlo è lo studio “Greater vulnerability to warming of marine versus terrestrial ectotherms” pubblicato su Nature da un team di ricercatori delle università Rutgers, McGill University, Caliofornia –  Santa Barbara, Stanford University e di Oslo secondo i quali  «La maggiore vulnerabilità delle creature marine potrebbe avere un impatto significativo sulle comunità umane che si affidano a pesci e molluschi per l’alimentazione e le attività economiche».

Lo studio è il primo a confrontare la sensibilità delle specie marine e terrestri rispetto al riscaldamento globale e a loro capacità di trovare rifugio dal calore rimanendo nei loro habitat abituali. Gli autori hanno analizzato gli studi mondiali su quasi 400 specie e le condizioni di sicurezza per 88 specie marine e 294 specie terrestri, nonché le temperature più fresche disponibili per ogni specie durante i periodi più caldi dell’anno. Le specie incluse nello studio sono tutti ectotermi, ovvero creature che non hanno meccanismi interni per regolare la temperatura corporea. Tra le specie studiate ci sono molluschi, crostacei, insetti, ragni, altri invertebrati, pesci, anfibi e rettili.

Successivamente, i ricercatori hanno utilizzato vari approcci di modellazione per stimare le temperature corporee raggiunte da ciascuna specie durante i periodi più caldi dell’anno.

Il principale autore dello studio, Malin Pinsky , del Dipartimento di ecologia, evoluzione e risorse naturali presso la Rutgers University – New Brunswick, spiega: «Abbiamo scoperto che, a livello globale, le specie marine vengono eliminate dai loro habitat dalle temperature in riscaldamento a un tasso che è il doppio di quello delle specie terrestri. I risultati suggeriscono che, se vogliamo che l’oceano continui a sostenere il benessere umano, a fornire cibo e l’attività economica, saranno necessari nuovi sforzi di conservazione».

I ricercatori statunitensi, canadesi e norvegesi hanno scoperto che la differenza tra la tolleranza termica di un animale e la temperatura corporea più alta che sperimenta è il suo margine di sicurezza termica: cioè quanto vicino un’animale può vivere al limite s della sua tolleranza al caldo. I ricercatori hanno scoperto che gli  ectotermi marini hanno margini di sicurezza termica più ristretti rispetto alle specie terrestri e che «Le specie marine hanno, in media, maggiori probabilità di vivere al limite di temperature pericolosamente alte. Inoltre, molti animali terrestri possono nascondersi dal caldo nelle foreste, nelle aree ombreggiate o nel sottosuolo, un lusso non accessibile a molti animali marini».

Negli oceani, i margini di sicurezza termica sono più ristretti attorno all’equatore. A terra, i margini di sicurezza termica sono più ristretti intorno ai confini dei tropici – a 30° di latitudine nell’emisfero meridionale e 22° di latitudine nell’emisfero settentrionale. «Inoltre, i margini [di sicurezza termica] medi per le specie marine tropicali erano di almeno 3° C più ristretti rispetto a qualsiasi latitudine sulla Terra».  Come scrive Sarah DeWeerdt   su Anthropocene, «Le specie che vivono in regioni in cui gli attuali margini di sicurezza termica sono più sottili potrebbero essere più vulnerabili al riscaldamento futuro, rendendo gli oceani tropicali letteralmente un hotspot per i rischi futuri».

Una situazione molto rischiosa, visto che, come fanno notare alla Rutgers University, «La perdita di una popolazione può esaurire la diversità genetica delle specie, avere impatti a cascata sui loro predatori e prede e alterare gli ecosistemi dei quali beneficia la società umana».

Per determinare in che modo le zone di sicurezza di molte specie si troverebbero in diversi scenari del cambiamento climatico, i ricercatori hanno utilizzato modelli climatici globali e hanno scoperto che se riusciremo a diminuire le emissioni drasticamente e mantenere m nel XXI secolo il riscaldamento entro 1° C, i margini di sicurezza termici saranno di circa il 50% più ampi rispetto ad emissioni di gas serra che continueranno a crescere seguendo l’attuale traiettoria.

I ricercatori evidenziano che «E’ probabile che i processi che causano la perdita di specie per i cambiamenti climatici negli oceani e sulla terraferma siano diversi: nell’oceano, i margini di sicurezza termica più sottili causeranno probabilmente più estinzioni locali. Ma le specie marine tendono ad avere maggiori capacità di dispersione e colonizzazione, quindi se è disponibile un habitat appropriato, le specie potrebbero rimanere bloccate in un punto, anche se scompaiono da un altro. Invece, le specie terrestri possono essere vulnerabili alla frammentazione dell’habitat e i cambiamenti nell’utilizzo del suolo che distruggono i microhabitat più freschi dai quali dipendono per sfuggire al caldo».

Lo studio conclude: «Quando il clima è cambiato rapidamente, le antiche estinzioni si sono spesso concentrate a specifiche latitudini e in specifici ecosistemi. Il riscaldamento futuro potrebbe causare la perdita di più specie marine negli habitat locali e un maggior ricambio di specie nell’oceano. Comprendere quali specie ed ecosistemi saranno maggiormente colpiti dal riscaldamento e dall’avanzamento dei cambiamenti climatici è importante per indirizzarne la conservazione e la gestione».