Il Sud del mondo ha bisogno di qualcosa di più della vuota retorica del G7 sulla finanza climatica

«Gli impegni del G7 per eliminare gradualmente i combustibili fossili sembrano formaggio svizzero: pieni di buchi»

[15 Giugno 2021]

Al recente summit del G7, i leader di Canada, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Italia e Usa hanno riaffermato il loro precedente impegno di stanziare 100 miliardi di dollari all’anno in finanziamenti climatici, diverse ONG, compresa ActionAid, chiedono ai Paesi più ricchi del mondo di impegnarsi in sovvenzioni, non in prestiti, per sostenere i Paesi vulnerabili.

Per Teresa Anderson, coordinatrice della politica climatica di ActionAid International, «La riaffermazione del precedente obiettivo di 100 miliardi di dollari l’anno da parte del G7 non si avvicina nemmeno all’affrontare l’urgenza e la portata della crisi. Quando si tratta di finanziamenti per il clima, la retorica vuota non pagherà le bollette né fornirà le azioni necessarie per evitare la catastrofe climatica. Le comunità che nel Sud del mondo vivono in prima linea nella crisi climatica hanno bisogno di specifici impegni di sostegno finanziario che consentano loro di adattarsi e riprendersi dai disastri climatici. Finora i Paesi ricchi non sono riusciti a mantenere gli impegni finanziari per il clima e la maggior parte di ciò che è stato fornito finora è stato dato sotto forma di prestiti, che stanno spingendo ulteriormente i Paesi vulnerabili nel debito e nella povertà. Il G7 deve annunciare finanziamenti reali attraverso sovvenzioni e smettere di chiudere un occhio mentre i più poveri ed emarginati del mondo, comprese le donne e le ragazze nel Sud del mondo, sono colpiti più duramente da devastanti cicloni, inondazioni e innalzamento del livello del mare».

Anche Laurence Tubiana, la ex negoziatrice climatica del governo francese – una protagonista chiave per il successo della Conferenza sul clima di Parigi nel 2015 – e oggi CEO dell’European Climate Foundation (ECF), non è tenera con il G7:  «Di fronte a una tempesta perfetta di crisi planetarie, le democrazie più ricche del mondo hanno risposto con un piano per fare un piano. E ad aumentare ulteriormente la sfida c’è il fatto scomodo che 20 anni fa i Paesi ricchi del G7 potevano davvero determinare il destino del clima. Ora dovremmo aggiungere l’India alla lista. E Indonesia, Brasile, Turchia, Nigeria e Sudafrica. Oh sì, e la Cina. Tutti questi giganti risvegliatisi  saranno più pronti ad agire se possono vedere le loro controparti ricche mettere le loro finanze dove ora ci sono solo le loro parole».

In un comunicato congiunto, Sierra Club e Friends of the Earth Usa prendono atto che il vertice del G7ha concordato  di eliminare gradualmente i nuovi sostegni ai combustibili fossili e ricordano che si tratta di annunci importanti perché «Tra il 2017 e il 2019, i Paesi del G7 hanno fornito una media di 86 miliardi di dollari delle finanze pubbliche per i combustibili fossili, più di tre volte il loro sostegno all’energia pulita nello stesso periodo, con gli Stati Uniti tra i peggiori attori». Ma  le due associazioni ambientaliste fanno notare che il comunicato finale del G7 include anche una vaga dichiarazione sul ruolo delle comunità più colpite ma meno consultate sulla crisi climatica, affermando che «Insieme accogliamo con favore il ruolo attivo e la partecipazione delle comunità vulnerabili, dei gruppi sottorappresentati e lavoreremo per raggiungere l’uguaglianza».

In vista del vertice del G7, Sierra Club e Friends of the Earth USA hanno ospitato il Global Grassroots Leaders Climate Summit  che ha riunito leader di base in rappresentanza di 30 organizzazioni di 17 Paesi. Durante il contro-vertice, i leader ambientalisti hanno sottolineato la richiesta di «Una transizione giusta verso un’economia dell’energia pulita che abbia al centro  le comunità più vulnerabili» e hanno anche discusso degli impatti dei progetti energetici finanziati dagli Usa all’estero e dei problemi climatici che vivono le loro comunità, condividendo le loro richieste con l’amministrazione Biden, in particolare con l’inviato speciale per il clima, John Kerry, la Development Finance Corporation, il Dipartimento del tesoro Usa e la US Export-Import Bank.

In molti hanno chiesto di bloccare immediatamente il finanziamento Usa dei combustibili fossili all’estero, di chiudere con il carbone e di incoraggiare il finanziamento delle energie rinnovabili e per una transizione giusta.

Secondo Cherelle Blazer, direttrice clima e politiche internazionali di Sierra Club, «E’ un segno positivo che gli Stati Uniti stiano collaborando con altri Paesi del G7 per riconoscere la necessità di una transizione globale al di fuori dal carbone e per avviare l’eliminazione graduale dei combustibili fossili. Tuttavia, la mancanza di impegno per una fine immediata dei finanziamenti per i progetti sui combustibili fossili accompagnata da troppo pochi investimenti nelle nuove energie rinnovabili è una gara a fare troppo poco e troppo tardi. Se il mondo vuole raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi sul clima, dobbiamo compiere i passi coraggiosi necessari per limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi. Non possiamo pretendere di contrastare gli effetti in corso – e sempre più terribili – della crisi climatica mentre contemporaneamente si prolunga la vita dei combustibili che li causano. La scorsa settimana ha portato notizie gradite, ma continuerà ad essere solo retorica verde a meno che gli investimenti per affrontare la crisi climatica non crescano in modo significativo».

Ancora più dura la international policy campaigner di Friends of the Earth Usa, Luisa Galvao, che ha concluso: «Gli impegni del G7 per eliminare gradualmente i combustibili fossili sembrano formaggio svizzero: pieni di buchi. Sebbene sia positivo che i Paesi del G7 abbiano finalmente accettato di porre fine al sostegno pubblico al carbone, come da tempo richiesto dalle comunità di tutto il mondo, il G7 avrebbe dovuto cogliere questa opportunità per porre fine al sostegno a tutti i combustibili fossili, come richiedono scienza e giustizia. Invece, il silenzio del G7 su petrolio e gas continuerà a sottoporre le comunità a una transizione ingiusta».