Investendo meno di una settimana di Pil si salva il mondo dalla catastrofe climatica

Global Energy and Climate Outlook 2018: 0,4% e 1,3% del Pil globale nel 2050 per raggiungere rispettivamente i 2° C e gli 1,5° C

[14 Dicembre 2018]

Il Joint Research Centre (Jrc) della Commissione europea ha pubblicato il rapportoGlobal Energy and Climate Outlook 2018: Sectoral mitigation options towards a low-emissions economy”  secondo il quale per limitare l’aumento delle temperature globali a 1,5° C, le emissioni globali di serra dovrebbero scendere a zero netto entro il 2065 e per fermarsi a +2° dovrebbero essere a zero entro il 2080.

Mentre alla Cop24 Unfccc di Katowice di si scanna sulle virgole, il Jrc fa notare che centrare gli obiettivi dell’Accordo di Parigi comporterebbe certamente un aumento degli in vestimenti, ma i «i costi complessivi sarebbero equivalenti a meno di una settimana di attività economica persa per un determinato anno». Insomma, investendo meno di una settimana di Pil globale salveremmo il mondo dalla catastrofe climatica, ambientale e sociale che si preannuncia.

Il rapporto riassume il quadro politico e il contesto internazionale nel quale si muovono le politiche climatiche: l’Accordo di Parigi del 2015 dell’United Nations framework convention on climate change (Unfccc)  ha proposto l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2° C rispetto ai livelli preindustriali e di proseguire gli sforzi per limitare l’aumento a 1,5° C. Nell’ottobre di quest’anno l’Intergovernmental panel on climate change ha presentato lo  Special Report 1.5° C. Il primo step per valutare i progressi compiuti dai Paesi Unfccc è previsto per il 2023; i  Nationally determined contributions (Ndc) dovrebbero essere presentati entro il 2020.

In preparazione del processo Unfccc, la Commissione europea ha appena pubblicato una proposta per una visione strategica a lungo termine per un’economia prospera, moderna, competitiva e climate neutral che sarà seguita da un dibattito a livello europeo che dovrebbe consentire all’Ue di adottare e presentare entro il 2020 all’Unfccc una strategia ambiziosa, come richiesto dall’Accordo di Parigi.

Secondo il rapporto Jrc, ufficialmente presentato alla Conferenza Unfccc in Polonia, «Disaccoppiata dalla emissioni di gas serra, l’economia crescerebbe» e «Per raggiungere l’ambiziosa transizione verso un’economia a basse emissioni di gas serra, compatibile con questi obiettivi di temperatura, sono necessari tagli significativi delle emissioni di gas a serra ni diversi Paesi e settori».

Al Jrc dicono che «Per limitare la variazione di temperatura a 2° C, il sistema energetico globale e i modelli di consumo energetico dovrebbero subire una trasformazione profonda e accelerata per raggiungere nel 2015 – 2050 tassi di decarbonizzazione annui globali del 6,1% all’anno per i per 2° C e del 9,0% all’anno e 1,5° C».

Le principali opzioni di mitigazione comprendono l’espansione dell’utilizzo delle fonti rinnovabili e un ruolo crescente dell’elettricità- Più specificamente: «L’aumento dell’uso delle fonti energetiche rinnovabili rappresenterebbe il 27% delle riduzioni delle emissioni, l’abbattimento del 20% delle emissioni non CO2, il miglioramento dell’efficienza energetica il 17% e l’elettrificazione domanda finale di energia che dell’uso del suolo entrambi il 10%».

Per riuscire a restare entro gli 1,5° C di aumento delle temperature globali sarebbero necessari intensi sforzi di mitigazione, in particolare nei decenni 2020 – 2040.

I ricecatori del Jrc hanno valutato le politiche di mitigazione e le misure da adottare per tutti i settori e le regioni dell’economia mondiale e gli scenari presentati nello studio mostrano i percorsi per mantenere il riscaldamento globale a 2° C e diminuirlo entro la fine del secolo: «Percorsi tecnicamente possibili e compatibili con la crescita economica e indicatori di sviluppo sostenibile più ampi, come la qualità dell’aria, che contribuiscono agli Obiettivi per lo sviluppo sostenibile dell’Onu, all’azione per il clima, all’energia pulita e alla buona salute».

Grandi vantaggi ambientali, sociali e per il benessere umano che se è vero che richiederebbero un aumento delle esigenze di investimento, sarebbero ottenuti però complessivamente  a costi limitati l’economia sarebbero limitati: «0,4% e 1,3% del Pil  globale nel 2050 per raggiungere rispettivamente i 2° C e gli 1,5° C, il che è inferiore all’equivalente di una settimana di attività economica persa per un dato anno». Inoltre, negli scenari compatibili con un riscaldamento globale al di sotto dei 2° C e degli1,5° C, i Paesi a basso reddito manterrebbero alti tassi di crescita economica annua, mentre i Paesi ad alto reddito avrebbero solo impatti moderati sulla crescita.

Al Jrc sottolineano che «Sul lato della domanda, gli investimenti devono passare dalle tecnologie ad alta intensità di gas serra alle rinnovabili e alle infrastrutture energeticamente efficienti». Le principali incertezze riguardano il potenziale di alcune tecnologie di poter svolgere un effettivo un ruolo in questo sforzo globale e lo studio individua tra queste proprio quelle sulle quali gli ambientalisti esprimono i maggiori dubbi: carbon capture and sequestration, utilizzo di biomasse su larga scala per produrre energia, con potenziali effetti collaterali sulla biodiversità.