La diplomazia climatica sarà una priorità nella politica estera dell’Unione europea

Dal Consiglio Ue ok alla proposta di una carbon tax ai confini europei, per i settori a più alta intensità di carbonio

[21 Gennaio 2020]

Si sta facendo strada la proposta di introdurre una carbon border tax, ovvero una tassa sul contenuto di carbonio delle importazioni extraeuropee, avanzata dalla Commissione Ue guidata da Ursula von der Leyen. Riuniti all’interno del Consiglio dell’Ue, i ministri degli Esteri degli Stati membri hanno discusso ieri di diplomazia climatica, adottando conclusioni che sottolineano come «il clima sarà una delle priorità della politica esterna dell’Ue».

Nelle sue conclusioni il Consiglio ricorda che «i cambiamenti climatici rappresentano una minaccia esistenziale per l’umanità e la biodiversità in tutti i paesi e le regioni, e richiedono una risposta collettiva urgente. Per questo motivo, la leadership dell’Ue attraverso il buon esempio è essenziale per innalzare globalmente il livello di ambizione in materia di clima. Il Consiglio sottolinea dunque che «l’Ue deve esortare i paesi terzi a intensificare il loro impegno insieme all’Ue, e sostenere questi stessi paesi nei loro sforzi attraverso tutti gli strumenti della politica esterna dell’Ue».

Tra questi strumenti si sta facendo largo l’idea di una carbon border tax, che colpirebbe in particolare quei Paesi che esportano in Europa produzioni ad alta intensità di carbonio, con effetti ad ampio raggio: si stima infatti che circa un terzo dei gas serra generati per soddisfare i consumi europei arriva da fuori Ue.

Al proposito, nelle sue conclusioni il Consiglio ricorda «la necessità di raggiungere la neutralità climatica (prevista entro il 2050 nella proposta della Commissione europea, ndr) in modo da preservare la competitività dell’Ue, anche attraverso lo sviluppo di misure efficaci per affrontare la rilocalizzazione delle emissioni di carbonio in modo compatibile con l’Organizzazione mondiale del commercio», e in questo contesto «prende atto dell’intenzione della Commissione di proporre un meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere, relativo ai settori ad alta intensità di carbonio». Un meccanismo che si è appunto palesato nella forma di una carbon border tax.

Ad oggi infatti arriva dall’Europa solo il 10% circa delle emissioni globali, e nel Vecchio continente le emissioni pro-capite sono non soltanto dimezzate rispetto a quelle statunitensi, ma anche inferiori a quelle cinesi. Allargando però il campo d’osservazione alle emissioni cumulate dal 1850 siamo noi europei i maggiori artefici del cambiamento climatico e, soprattutto, il riscaldamento globale è oggi una sfida cruciale per l’Ue: il 2019 è stato infatti l’anno più caldo per l’Europa, e il secondo per il mondo. In questo contesto l’introduzione di una carbon tax sembra non solo una buona idea per i singoli Stati membri (in Europa è già presente in 10 Paesi, ma non in Italia), ma anche come potente strumento di diplomazia climatica ai confini europei.