La Gran Bretagna a emissioni “net zero” entro il 2050

Nuovo piano governativo per affrontare i cambiamenti climatici

[12 Giugno 2019]

La premier conservatrice britannica  Theresa May ha già le valige in mano ma non ha rinunciato a mantenere le promesse fatte per combattere il riscaldamento globale, convinta che «Ridurre l’inquinamento andrebbe anche a vantaggio della salute pubblica e ridurrebbe i costi del sistema sanitario nazionale».

La Gran Bretagna è la prima grande nazione a proporre questo obiettivo e per questo è è stata ampiamente elogiata dai gruppi ambientalisti, ma i movimenti più radicali come Exinction Rebellion dicono che è troppo tardi per poter pensare che l’eliminazione graduale dei gas serra riuscirà a proteggere il clima, mentre altri dicono che si tratta di un’impresa impossibile e che tanto vale rinunciarci.

Il Regno Unito aveva già un obiettivo per il  2050: ridurre le emissioni dell’80%, come approvato in Parlamento con il Climate Change Act del 2008, ma ora questo obiettivo modificato, innalzando l’asticella ben oltre il limite posto dal governo tedesco e lontanissima dai  limiti al ribasso del governo italiano per il 2030.

Il termine per definire la nuova politica climatica britannica è “net zero” gas serra entro il 2050, il che vuol dire che le emissioni di abitazioni, trasporti, agricoltura e industria dovranno essere azzerate o compensate piantando alberi o assorbendo CO2 dall’atmosfera. A maggio il Committee on Climate Change (CCC), l’organo consultivo del governo sul clima, aveva fraccomandato l’obiettivo “net zero” e aveva sottolineato che se altri Paesi avessero seguito il Regno Unito, ci sarebbe stata una probabilità del 50% di rimanere al di sotto dell’innalzamento della temperatura ’di 1,5 gradi entro il 2100 raccomandato dall’Ipcc. Laurence Tubiana, l’economista e diplomatica francese che è stata una dei maggiori artefici dell’Accordo di Parigi, ha detto alla BBC  che «Si tratta di un impegno storico che si ripercuoterà in tutto il mondo. Tutti gli sguardi ora si concentrano sul resto dell’Ue perché rispetti questo impegn».

E’ singolare che a indicare la strada giusta ai riottosi europei sia il Paese che sta per uscire dall’Unione europea, ma la May ha detto che «Durante la rivoluzione industriale. il Regno Unito ha guidato il mondo verso la ricchezza con i combustibili fossil, quindi è giusto  che la Gran Bretagna lo guidi nella direzione opposta. Abbiamo fatto enormi progressi nella crescita della nostra economia e del mercato del lavoro, riducendo al contempo le emissioni. Adesso è il momento di andare più lontano e più velocemente per salvaguardare l’ambiente per i nostri bambini, dobbiamo condurre il mondo verso una forma di crescita più pulita e più verde».

La premier britannica uscente ha sttolineato che è essenziale che altri Paesi seguano l’esempio del Fregno Unito e che per questo ci sarà una revisione entro cinque anni per garantire che le altre nazioni adottino azioni altrettanto ambiziose e che le industrie britanniche non debbano affrontare una concorrenza sleale.

La Scozia si era già portata ancora più avanti, impegnandosi a ridurre a zero le sue emissioni di gas serra entro il 2045 e il CCC  ha raccomandato al Galles di puntare a ridurre le sue emissioni al massimo del 95% entro il 2050, data l’importanza degli allevamenti di bestiame per le comunità rurali. Ma il governo autonomo gallese ha detto che si impegnerà per le emissioni “net zero” come il resto del Regno Unito. Meno virtuosa l’Irlanda del Nord  che è l’unica amministrazione decentrata a non avere una propria legislazione sui cambiamenti climatici e obiettivi di riduzione delle emissioni.

Alla BBC fanno notare che «Se i ministri decidessero di reprimere il consumo di carne o i voli aerei, questo incontrerebbe una seria opposizione. Ma il governo cercherà di rendere la rivoluzione pulita la più indolore possibile. I miglioramenti tecnologici come le lampadine a LED, ad esempio, consentono di risparmiare emissioni senza che le persone se ne accorgano. Lo stesso è vero se le persone avranno il riscaldamento centrale a idrogeno anziché a gas o se saranno obbligate a guidare auto elettriche anziché veicoli a benzina. Ma ci sarà bisogno di un massiccio investimento nella produzione di energia pulita e questo deve essere finanziato da qualcuno. Il governo non ha ancora precisato se il costo ricadrà sui contribuenti o sulle ditte produttrici di combustibili fossili che hanno causato il cambiamento climatico».

Secondo il cancelliere Philip Hammond questa rivoluzione verde costerà alla Gran Bretagna un trilione di sterline di qui al 20150 e questi soldi dovranno essere tolti da qualche parte, forse dalla scuola, dagli ospedali o dalla polizia. Ma il ministro dell’energia  Chris Skidmore ha fatto notare che «I costi ammonterebbero tra l’1 e il 2% del PIL del Regno Unito, che è lo stesso importo preso in considerazione per raggiungere il precedente obiettivo di riduzione dell’80%. Quindi non è vero che ci sarebbero meno soldi da spendere altrove. La green economy produrrebbe posti di lavoro e il costo delle tecnologie verdi sta scendendo continuamente».

Il famigerato negazionista climatico Bjorn Lomborg ha provato a infilarsi nella polemica: «Mister Hammond ha ragione a sottolineare i costi e infatti, è probabile che stia sottovalutando il prezzo reale». Ma gli ambientalisti ribattono che «Le cifre di Hammond non tengono conto dei benefici di un’aria più pulita e di un clima più stabile».

Dopo le raccomandazioni pubblicate a maggio dal CCC, scienziati, ambientalisti  e operatori sanitari hanno sollecitato la May approvare l’obiettivo “net zero” pima delle sue dimissioni e oggi il governo conservatore ha depositato alla Camera dei Comuni lo “statutory instrument”  che, se è d’accordo anche l’opposizione, consente di portare avanti un argomento anche dopo le dimissioni del governo. Ma è anche vero che ogni decisione del governo, potrebbe essere rovesciato dai governi futuri. UN rischio che non dovrebbe esserci, visto cj he la maggioranza dei Tory condivide la proposta “net zero”, che i laburisti la hanno chiesto e ottenuto la dichiarazione di emergenza climatica e che la revoca della legge richiederebbe un voto di maggioranza in un momento in cui l’opinione pubblica – come dimostra il successo dei Verdi alla europee – sembra molto preoccupata per il clima.

La Gran Bretagna era già in difficoltà nel mantenere gli impegni a medio termine di riduzione delle emissioni, quindi il “net zero” è davvero una grande sfida e Phil Taylor dell’università di Newcastle  non è molto fiduxcioso: «Raggiungere emissioni di gas serra “net zero”  è necessario, fattibile e conveniente. Ma la politica del Regno Unito è ancora lontana dal farcela e non ha ancora le basi per raggiungere questo obiettivo. Anche con tutte le sfide che abbiamo davanti, stiamo ancora aprendo nuove miniere di carbone, estendendo l’aeroporto di Heathrow e spingendoci avanti con il fracking. Non abbiamo regolamenti edilizi ambiziosi e la nostra volontà di eliminare gradualmente le auto a benzina e diesel entro il 2040 è già in ritardo».

Per Doug Parr, chief scientist di Greenpeace UK «E’ un grande momento per il clima, ma ci sono delle domande riguardo ai piani per consentire crediti di carbonio internazionali che permettano al Regno Unito di pagare per compensare le sue emissioni in altre parti del mondo. Questo off-setting ha avuto una storia di insuccessi, non è stato efficiente in termini di costi e, spostando l’onere sulle nazioni in via di sviluppo, ha indebolito l’impegno».

Ma il ministro dell’energia Skidmore ha risosto che «Il governo non ha intenzione di utilizzare i crediti internazionali sul carbonio, ma l’ha tenuta come opzione. “Dobbiamo essere in grado di decarbonizzare nel miglior modo possibile, quindi non vogliamo escluderlo. L’annuncio della Signora May indica che ha preso nota delle potenziali insidie ​​industriali».

La decisione del governo May potrebbe riaprire lo scontro sulle politiche climatiche con il  presidente Usa  Donald Trump – fresco di visita di Stato u in UK – che è un impenitente negazionista climatico e che ha chiesto più volte ai suoi alleati conservatori britannici di rompere anche su questo fronte con l’Unione europea.

Intanto, Green Extinction Rebellion avverte che «Il clima sta cambiando così velocemente che il 2050 è troppo tardi per eliminare le emissioni per garantire che l’aumento di temperatura rimanga ben al di sotto dei 2° C».