La Nato e il cambiamento climatico: una “svolta” obbligatoria

Dopo il negazionismo di Donald Trump, aumentano le preoccupazioni per la sicurezza globale dovute al cambiamento climatico

[16 Giugno 2021]

C’è una crescente consapevolezza delle sfide che il cambiamento climatico può porre alla sicurezza del mondo. Il cambiamento climatico è legato a un aumento di eventi meteorologici estremi come ondate di cado, inondazioni e siccità, che spesso richiedono assistenza umanitaria e possono causare sfollamenti di massa. Gli esperti avvertono da tempo – prove alla mano – che i cambiamenti ambientali causati dal cambiamento climatico possono anche agire come moltiplicatori di minacce, intensificando le tensioni esistenti sulla scarsità di risorse o innescando destabilizzazione e conflitti regionali.

L’United Nations High Commissioner for Refugees (UNHCR) ha dimostrato che gli eventi meteorologici stanno già costringendo a fuggire dalle loro case in media circa 20 milioni di persone all’anno.

Nell’ottobre 2020, il Gruppo della sinistra al Parlamento europeo (GUE/NGL) ha commissionato al Conflict and Environment Observatory (CEOBS) e aScientists for Global Responsibility (SGR) un’ampia analisi dell’impronta di carbonio delle forze armate dell’Ue, comprese sia le forze armate nazionali che l’industria militare con base in Europa. Ne è venuto fuori lo studio “Under the radar –  The carbon footprint of Europe’s military sector”  che ha anche esaminato le politiche militari per ridurre le emissioni di CO2 e dal quale è emerso che può essere difficile misurare con precisione quanto sia grande il loro impatto ambientale, visto che i militari spesso sono esentati dal dover segnalare pubblicamente le loro reali emissioni di gas serra.

Il rapporto CEOBS/SGR ha individuato una serie di azioni prioritarie. In particolare, «Dovrebbe essere effettuata una revisione urgente delle strategie di sicurezza nazionali e internazionali per esaminare il potenziale per ridurre il dispiegamento delle forze armate – e quindi ridurre le emissioni di gas serra in modi non ancora seriamente presi in considerazione  dai governi nell’Ue (o altrove). Tale revisione dovrebbe includere una forte attenzione agli obiettivi di “sicurezza umana”, in particolare tenendo presente, ad esempio, che la recente negligenza rispetto alle priorità sanitarie e ambientali ha portato a enormi costi per la società mentre lotta per affrontare la pandemia di Covid-19 e l’emergenza climatica».

Il rapporto sostiene anche che «Tutte le nazioni dell’Ue dovrebbero pubblicare dati nazionali sulle emissioni di gas serra delle loro forze armate e industrie della tecnologia militare come pratica standard e i rapporti dovrebbero essere trasparenti, coerenti e comparativi. Dovrebbero inoltre essere fissati obiettivi ambiziosi per la riduzione delle emissioni militari di gas serra, coerenti con il livello di 1,5o C specificato nell’accordo di Parigi. Questo potrebbe includere obiettivi per il passaggio all’energia rinnovabile dalle reti nazionali e investimenti nelle energie rinnovabili in loco, nonché obiettivi di riduzione specifici per l’industria della tecnologia militare. Tuttavia, queste misure non dovrebbero essere utilizzate come un modo per evitare cambiamenti nelle politiche generali di sicurezza e militari».

Inoltre, dato che le forze armate dell’Ue sono il più grande proprietario terriero in Europa, «Anche i terreni di proprietà militare dovrebbero essere gestiti meglio sia per migliorare il sequestro del carbonio che la biodiversità, sia per essere utilizzati per produrre energia rinnovabile in loco, se del caso. Con le campagne per #BuildBackBetter in seguito alla pandemia di Covid-19, dovrebbe esserci una pressione molto maggiore sui militari per garantire che le loro attività siano coerenti con gli obiettivi climatici delle Nazioni Unite e gli obiettivi sulla biodiversità».

Uno studio pubblicato nel 2019 rivelava che, se l’esercito degli Stati Uniti fosse un Paese, si classificherebbe come il 47esimo più grande emettitore al mondo solo per il consumo di carburante. Ma questo non è un problema esclusivamente statunitense. Nel suo The World Climate and Security Report 2021”, l’International Military Council on Climate and Security (IMCCS) – un team di militari di alto grado in pensione – afferma che «La difesa rimane il singolo più grande consumatore di idrocarburi – come carburante e gas – nel mondo». L’IMCCS, sottolinea che la lunga durata di vita delle attrezzature militari, come le navi da guerra, significa che la difesa sarà prigioniera dei  combustibili fossili per molti anni a venire e che «Questo è il motivo per cui è imperativo iniziare ora investendo massicciamente nella ricerca e nello sviluppo di combustibili a emissioni zero e sistemi di propulsione per veicoli militari su terra, mare e aria», sottolineando che «Eventuali progressi tecnologici potrebbero vantaggi anche per  settori civili, come l’aviazione».

Il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg, ex ministro dell’ambiente della Norvegia ed ex inviato speciale Onu per i cambiamenti climatici, da tempo sta  sollecitando pubblicamente la NATO a dare maggiore priorità ai cambiamenti climatici e, in un intervento apparso sulla stampa nel settembre 2020 scriveva: «Mentre il pianeta si riscalda, il nostro clima diventa più selvaggio, più caldo, più ventoso e più umido, mettendo le comunità sotto pressione, poiché le fonti di cibo, acqua dolce ed energia sono minacciate. Lo possiamo vedere oggi nella regione africana del Sahel, dove il cambiamento climatico sta guidando la migrazione. Nell’Artico, dove mentre il ghiaccio si scioglie, le tensioni geopolitiche si surriscaldano. O qui in Europa, dove le inondazioni e gli incendi da record aumentano di anno in anno».

Stoltenberg ha trovato in questo il più potente alleato che poteva augurarsi di incontrare: il presidente Usa Joe Biden che è il più grande contribuente della NATO e che ha impresso sul cambiamento climatico una svolta radicale rispetto al suo predecessore Donald Trump, che era apertamente scettico anche sul  sostegno degli Stati Uniti alla NATO.

E’ da questo preoccupante quadro e da queste sollecitazioni che prende spunto il pur bellicoso comunicato finale del vertice della NATO tenutosi a Bruxelles e che, tra gli avvertimenti a Russia e Cina e il vorrei manon posso sulla non proliferazione nucleare, segna una svolta su NATO e cambiamento climatico. I capi di stato e di governo affrontano il tema dei rischi climatici per la sicurezza nel punto G della dichiarazione comune: «Puntare a fare in modo che la NATO diventi la principale organizzazione internazionale quando si tratta di comprendere e adattarsi all’impatto dei cambiamenti climatici sulla sicurezza. Accettiamo di ridurre significativamente le emissioni di gas serra dalle attività e dalle installazioni militari senza compromettere la sicurezza del personale, l’efficacia operativa e la nostra posizione di deterrenza e difesa. Invitiamo il Segretario Generale a formulare un obiettivo realistico, ambizioso e concreto per la riduzione delle emissioni di gas serra da parte delle strutture e strutture politiche e militari della NATO e valutare la fattibilità di raggiungere le emissioni net zero entro il 2050. Inizieremo inoltre un regolare dialogo a livello di clima e sicurezza per scambiare opinioni e coordinare ulteriori azioni».

Concetti esplicitati meglio ai punti 58 (dedicato al clima), e 59 (energia) del comunicato:

58. Il cambiamento climatico è una delle sfide che definiscono i nostri tempi. E’ un moltiplicatore di minacce che ha un impatto sulla sicurezza degli Alleati, sia nell’area euro-atlantica che nel più ampio vicinato dell’Alleanza. Il cambiamento climatico mette alla prova la nostra resilienza e preparazione civile, influenza la nostra pianificazione e la resilienza delle nostre installazioni militari e infrastrutture critiche e può creare condizioni più dure per le nostre operazioni. Oggi abbiamo approvato un piano d’azione per attuare la nostra agenda della NATO sui cambiamenti climatici e la sicurezza, che aumenta i nostri sforzi di consapevolezza, adattamento, mitigazione e sensibilizzazione, garantendo al contempo una deterrenza credibile e una posizione di difesa e sostenendo le priorità della sicurezza del personale militare e efficacia operativa ed economica. Per aumentare la consapevolezza, La NATO condurrà valutazioni annuali dell’impatto del cambiamento climatico sul suo ambiente strategico, nonché su missioni e operazioni. Per adattarsi al cambiamento climatico, la NATO incorporerà considerazioni sul cambiamento climatico nel suo intero spettro di lavoro, che va dalla pianificazione della difesa e sviluppo delle capacità alla preparazione civile e alle esercitazioni. Per contribuire alla mitigazione del cambiamento climatico, attingendo alle migliori pratiche degli alleati e tenendo conto delle loro diverse circostanze nazionali.

la NATO svilupperà una metodologia di mappatura per aiutare gli alleati a misurare le emissioni di gas serra dalle attività e dalle installazioni militari, che potrebbe contribuire a formulare obiettivi volontari per ridurre tali emissioni. La NATO rafforzerà inoltre gli scambi con i paesi partner e con le organizzazioni internazionali e regionali attive in materia di cambiamento climatico e questioni di sicurezza.

59. La sicurezza energetica svolge un ruolo importante nella nostra sicurezza comune. Un approvvigionamento energetico stabile e affidabile, la diversificazione delle rotte, dei fornitori e delle risorse energetiche, compresa l’integrazione di fonti energetiche sostenibili e l’interconnettività delle reti energetiche, sono tutti di fondamentale importanza e aumentano la nostra resilienza alle pressioni politiche ed economiche. E’ essenziale garantire che i membri dell’Alleanza non siano vulnerabili alla manipolazione politica o coercitiva dell’energia, che costituisce una potenziale minaccia. Gli alleati continueranno quindi a cercare ulteriormentediversificazione dei loro approvvigionamenti energetici, in linea con le loro esigenze e condizioni. Sebbene queste questioni siano principalmente di competenza delle autorità nazionali, gli sviluppi energetici possono avere implicazioni politiche e di sicurezza significative per gli alleati e interessare anche i nostri partner. Di conseguenza, continueremo a rafforzare la nostra consapevolezza strategica, anche attraverso regolari consultazioni alleate e condivisione di informazioni, e rafforzeremo i nostri legami con le organizzazioni internazionali competenti. Svilupperemo ulteriormente la capacità della NATO di supportare le autorità nazionali nella protezione delle infrastrutture critiche, anche contro attività ibride e cibernetiche dannose. Garantiremo forniture energetiche affidabili alle nostre forze militari.