La valanga che ha devastato il distretto indiano di Chamoli ha sprigionato l’energia di 15 bombe atomiche di Hiroshima

Il cambiamento climatico rende più probabili i disastri in montagna nelle aree più urbanizzate e sviluppate

[14 Giugno 2021]

Il 7 febbraio 2021, il distretto di Chamoli dello stato di Uttarakhand in India è stato devastato da un disastro ambientale e da una tragedia umana quando un costone di roccia e ghiaccio è scivolata lungo le valli dei fiumi Ronti Gad, Rishiganga e Dhauliganga. Un’enorme cuneo di roccia spinto dalla rottura di un  ghiacciaio su una cresta della catena montuosa himalayana e il conseguente flusso di detriti ha distrutto due impianti di idroelettrici e ucciso 204 persone, quasi tutti operai delle centrali idroelettriche.

Mentre le autorità indiane e dell’ Uttarakhand si rimpallavano le  responsabilità di quella che si rivelò subito come una tragedia annunciata,  una coalizione internazionale di 53 scienziati  si è auto-organizzata  nei giorni successivi al disastro per indagare sulla causa, la portata e l’impatto dell’alluvione e della frana  e ha analizzato immagini satellitari, registrazioni sismiche e video di testimoni oculari per produrre modelli computerizzati dellla valanfga di giaccio e rocce. Ne è venuto fuori  lo studio “A massive rock and ice avalanche caused the 2021 disaster at Chamoli, Indian Himalaya”, pubblicato su Science e il suo principale autore,  Dan Shugar del Department of Geoscience dell’università canadese di Calgary, che per anni ha studiato i ghiacciai e le montagne del tetto dell’Asia mentre sperimentano cambiamenti legati al clima, dice di essere stato in grado di determinare la causa della frana dell’ Uttarkahand: «Le immagini satellitari ad alta risoluzione utilizzate mentre si svolgeva il disastro sono state fondamentali per aiutarci a comprendere l’evento in tempo quasi reale. Utilizzando immagini satellitari, abbiamo rintracciato un pennacchio di polvere e acqua in una cospicua macchia scura in alto  su un ripido pendio. Questa è stata la fonte di una gigantesca frana che ha innescato la cascata di eventi e causato morti e immend<se distruzioni».

Shugar dice che «Una macchia triangolare scura che non c’era il 6 febbraio era visibile il 7 febbraio nelle immagini satellitari di PlanetLabs. In altre parole, parte della neve e del ghiaccio su quel pendio erano collassati, portando con sé un enorme volume della roccia in sito sottostante. La macchia scura era la roccia sul posto ora esposta sotto la superficie crollata, che precedentemente ere coperta di neve e ghiaccio».

Intervistato da BBC News, Shugar ha precisato che «Il rapporto tra roccia e ghiaccio era di circa l’80% a 20%, e quel rapporto, combinato con l’incredibile altezza di caduta di quasi 2 km, è stato in grado di fornire abbastanza calore, attraverso tutto l’attrito della roccia disintegrata, per sciogliere quasi completamente il ghiaccio e trasformarlo in acqua.

“Questo è stato fondamentale per trasformare quella che altrimenti sarebbe stata una normale valanga di roccia in qualcosa che fosse iper-mobile e in grado di percorrere decine di chilometri fino a quote ancora più basse».

Un altro autore dello studio, Jeffrey Kargel, del Versuchsanstalt für Wasserbau, Hydrologie und Glaziologie (VAW) dell’ETH Zürich, conferma: «La massa è precipitata così lontano e velocemente che l’attrito ha sciolto quasi tutto il ghiaccio, trasformando una miscela solida in un flusso di detriti e un’inondazione fangosa».

Al momento dell’impatto, il materiale caduto ha immediatamente scagliato sui fianchi delle colline circostanti grossi massi, larghi circa 10 metri e lo spostamento d’aria ha raso al suolo 20 ettari di una vicina foresta. Normalmente, ci si sarebbe aspettato che gran parte della massa polverizzata rimanesse al suo posto. Ma non è stato così. Con la consistenza di una miscela di cemento, si è spostato ulteriormente verso il basso.

Il team di ricercatori calcola che quasi 27 milioni di m3 di materiale sono slittati velocemente a valle, un volume equivalente a circa 10 volte quello della Grande Piramide di Giza in Egitto. Quando la massa ha colpito il fondovalle di Ronti Gad, ha rilasciato energia equivalente a 15 bombe atomiche di Hiroshima.

Quando la colata detritica ha letteralmente squarciato la centrale idroelettrica di Rishiganga, a 15 km di distanza, vicino al villaggio di Raini, la velocità del frongte della valanga era di  90 km all’ora. Anche 10 km più a valle, quando ha investito l’impianto idroelettrico di Tapovan, la colata di fango si muoveva ancora a 16 metri al secondo.

Science aveva già fornito le prove satellitari che già in precedenza gigantesche masse di ghiaccio si erano staccate dalla stessa cresta colpendo la stessa area della valle negli ultimi anni, danneggiando le dighe idroelettriche di Rishiganga e di Vishnugad Tapovan.

Kargel ricorda che «Il progetto Vishnugad Tapovan ha avuto una lunga storia di ripetute inondazioni improvvise e dannose e crolli di roccia. La grandezza molto maggiore di questo evento va certamente a sostegno di chi vuole evitare lo sviluppo in queste aree, soprattutto dato che possiamo aspettarci che il riscaldamento globale aumenti la frequenza di questo tipo di eventi».

In una successiva dichiarazione a  BBC News, Kargerl ha detto che «Individuare un innesco specifico è molto difficile. Quello che sappiamo è che questo gigantesco cuneo di roccia che alla fine è crollato era cominciato a scivolare 4 anni prima. Le immagini satellitari hanno mostrato che era scivolato di diverse decine di metri. Sfortunatamente, nessun essere umano l’ha notato».

Nonostante l’ossessione sviluppista del governo di destra induista indiano (ma anche quelli precedenti non scherzavano), lLa regione himalayana è ecologicamente sensibile e soggetta a inondazioni improvvise e frane. I ghiacciai dell’Himalaya sono anche vulnerabili all’aumento delle temperature globali a causa del cambiamento climatico che scioglie il ghiaccio e frende i ghiacciai instabili. All’università di Calgary ricordano che «Anche i ripidi pendii montuosi che in precedenza erano ghiacciati e solidi tutto l’anno stanno diventando meno stabili poiché il permafrost, o terreno permanentemente ghiacciato, si sta scongelando a causa del riscaldamento climatico».

Nonostante tutto questo, negli ultimi anni la costruzione di infrastrutture e insediamenti lungo le rive dei fiumi della regione è aumentata, portando con sé un numero crescente di dighe idroelettriche, e strade e nuovi centri abitati.

Per Sara McBride, dell’United States Geological Survey, «Contestualizzare questo tipo di eventi è fondamentale. Il flusso di valanghe e detriti non è un disastro che avviene da solo, ma sono le sue interazioni con l’ambiente costruito che lo rendono così letale. I sistemi di allarme, le esercitazioni, l’istruzione pubblica e altri sforzi di mitigazione potrebbero aver ridotto l’impatto dell’evento, i ricercatori esplorano brevemente questo tema nel loro articolo per Science. Anche se possiamo essere affascinati dagli aspetti fisici dell’evento, non possiamo ignorare la tragedia umana che ha causato».

Un altro autore dello studio, Dave Petley, un esperto di frane dell’Università di Sheffield, conclude: «Il disastro di Chamoli evidenzia che stiamo sottovalutando la minaccia per le costosissime infrastrutture in costruzione nelle zone di alta montagna. La minaccia è più elevata del previsto anche in condizioni stabili, ma con il cambiamento climatico il problema è di gran lunga peggiore. Dobbiamo valutare meglio queste minacce o vedremo alti livelli di costi umani, economici, sociali e ambientali associati a questi progetti».