Le oche facciabianca modificano le loro abitudini per adeguarsi al cambiamento climatico

Questi uccelli migratori hanno cambiato i loro punti di sosta e foraggiamento in Norvegia

[4 Settembre 2019]

Secondo lo studio “Northward range expansion in spring‐staging barnacle geese is a response to climate change and population growth, mediated by individual experience”, gli animali migratori stanno adattando attivamente le loro abitudini ai cambiamenti climatici.

Lo studio, pubblicato su Global Change Biology da Ingunn M. Tombre  del Norsk institutt for naturforskning (NINA), Thomas Oudmann dell’University of St Andrews, Jouke Prop della Rijksuniversiteit Groningen, Paul Shimmings di BirdLife Norway and the Larry Griffin del British Wildfowl and Wetlands Trust (WWT),  ha analizzato  45 anni di osservazioni in natura, scoprendo che negli ultimi 25 anni le oche facciabianca (Branta leucopsis) hanno spostato la loro rotta migratoria. Gli scienziati sottolineano che «Lo studio è tra i primi a fornire prove concrete del fatto che gli animali selvatici stanno inventando nuove tradizioni per far fronte ai cambiamenti climatici».

Questi uccelli migratori che, nel loro viaggio dalla Gran Bretagna ai siti riproduttivi nelle Isole Svalbard,   tradizionalmente si fermavano per foraggiarsi appena a sud del circolo polare artico in Norvegia, ora sostano soprattutto nella Norvegia settentrionale, molto al di sopra del circolo polare artico.

Oudmann, della School of biology di St Andrews, sottolinea che «Ha senso che gli uccelli vadano ancora più a nord, perché lì dove la neve era molto comune al momento del loro arrivo in Norvegia, oggi è spesso diventato appena verde: lo stadio vegetativo più nutriente. Ciò che ci ha sorpreso è che a spostarsi sono state soprattutto le giovani oche. I giovani stanno rispondendo a una tendenza che non avrebbero potuto sperimentare durante la loro breve vita».  Anche le oche facciabianca adulte si stanno spostando sempre più verso nord, anche se spesso, quando invecchiano, ritornano nella loro zona di foraggiamento tradizionale.

Griffin, direttore capo della ricerca del WWT, ha evidenziato che «Questa comprensione più profonda di una specie di oca è stata possibile solo attraverso partnership a lungo termine con altri che ci lavoravano in tutti gli altri Paesi lungo la rotta e altrove in Europa. Questi ricercatori, in Norvegia, nelle Svalbard e in Olanda,  hanno rinunciato a considerevoli porzioni della loro vita per studiare questa specie, attraverso un impegno a lungo termine per la sua cattura, marcatura e registrazione dei loro richiami. Negli studi avviati allora da luminari come Hugh Boyd e Peter Scott, non era necessariamente noto che i dati forniti vseguendo individui  inanellati, con una vita che dura fino a 30 anni, sarebbero stati di tale utilità e importanza per la nostra epoca attuale della crisi climatica. Questi dati sono oro, nell’attuale clima di impegni a breve termine per progetti di ricerca. Il WWT è stato in prima linea nella conservazione di questa specie per oltre 60 anni e nella realizzazione di uno studio a lungo termine delle specie artiche. Queste oche stanno ora rispondendo in modi così disparati a un tale rapido cambiamento climatico, amplificato nell’Artico. Ecco perché è vitale che la WWT e i suoi partner studino specie di successo come le oche facciabianca, insieme ad altre specie che soffrono di grandi diminuzioni, come l’oca lombardella maggiore, perché è vitale per comprendere le differenze della risposta e i meccanismi del cambiamento comportamentale e culturale mostrati da questi uccelli».

Oudman conclude: «Questi schemi indicano un sistema sociale complesso, che consente alle oche di colonizzare rapidamente le nuove aree disponibili. Contrariamente alla maggior parte degli altri uccelli migratori, le oche facciabianca prosperano anche se il loro habitat naturale sta rapidamente cambiando. Le oche facciabianca sono in grado di adattarsi ai cambiamenti climatici grazie alla disponibilità di luoghi alternativi, con cibo sufficiente al momento giusto e senza la minaccia di disturbi da parte dell’uomo o di altri animali predatori. La disponibilità di habitat alternativi può anche aiutare altri animali ad adattarsi ai cambiamenti climatici. Le specie animali che non sono così esploratrici e che sono meno socievoli potrebbero impiegare molto più tempo a scoprire luoghi in cui non sono in grado di scambiare informazioni così facilmente».