Le “Spice girls” di Eswatini rispondono alla crisi climatica col commercio delle spezie eco

Da una risposta emergenziale per mitigare l'impatto della siccità a un progetto di sviluppo sostenibile

[4 Febbraio 2021]

Dalle comunità al mondo. Ci arriva da Eswatini la storia delle Spice girls, donne che producono spezie e le vendono con il marchio Eco-Lubombo: pepe di cayenna, peperoncino, zenzero. Da poco producono anche il miele. Le “spice” nascono come un’associazione di 10 donne nella comunità di Tikhuba, oggi sono già circa 50 in tre diverse comunità limitrofe nella regione transfrontaliera di Lubumbo.

Qui dal 2018 lavora un progetto Cospe contro i gravi effetti dei cambiamenti climatici in questa zona dopo il passaggio di El Niño nel 2015: siccità, calo di produttività delle terre, insicurezza alimentare, impoverimento progressivo della popolazione. Per rispondere a quest’emergenza sono tante le azioni messe in atto dal progetto finanziato dall’agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (fornitura di semi locali, formazione all’agroecologia, costruzione di piccole dighe e perimetri irrigui etc), ma la produzione degli Eco-Lubombo, con tanto di packaging ben riconoscibile e ormai affermato è sicuramente una delle iniziative più originali.

“Ormai i prodotti del marchio Eco-lubombo, sono abbinati dalle persone a un cibo sano ma dal gusto sofisticato. Particolarmente popolare è la salsa di Cayenna che le donne di Tikhuba producono a partire dalla coltivazione del pepe:  la maggior parte delle persone ama le nostre salse piccanti – dice Phindile Mlotsa, presidentessa delle “Spice girls” – I prodotti EL sono ecologici, coltivati biologicamente senza l’utilizzo di pesticidi ed elaborati aggiungendo gli ingredienti più freschi:cipolla, aglio e zenzero. Tutti coltivati negli orti delle donne”.

Mlotsa ci racconta poi che la salsa non piace solo per il suo gusto ma anche per i suoi benefici sulla salute: “È un toccasana per lo stomaco e per la circolazione”.

Oltre a Tikhuba ci sono altre comunità, come Lukhetseni, Mpolonjeni e Shewula dove si producono arachidi, burro di arachidi e zuppa di legumi. Un totale di 50 donne lavora per questa componente del progetto. Secondo Bheki Bulunga, coordinatore locale del progetto per Cospe, sebbene questa fosse una risposta di emergenza per mitigare l’impatto della siccità che avvenuta cinque anni fa, parte del programma era quello di lasciare gli agricoltori in una posizione economicamente sostenibile alla fine dell’intervento di cooperazione.

I prodotti a marchio EL ci stanno riuscendo: “Il comitato del progetto stabilisce le linee guida, fissa gli standard di produzione, con la consulenza di Eswatini Fair Trade (ESWIFT), e facilita i collegamenti con le istituzioni e tra gli agricoltori che stanno producendo la materia prima con il marchio EL”. Nel coltivare questi prodotti gli agricoltori non solo hanno acquisito conoscenza per la lavorazione e conservazione i prodotti ma anche nozioni utili per la nutrizione: “Promuoviamo metodi che diano ai consumatori il massimo vantaggio – dice Sibongile Ngwenya, responsabile dell’ufficio locale del Dipartimento di Economia domestica  del centro di processazione di Mpolonjeni – Ecco perché ci assicuriamo che i prodotti, come la salsa al peperoncino, non siano elaborati eccessivamente per conservare alcuni nutrienti”.

La qualità di tutta la filiera dalla produzione al consumo è dunque una delle chiavi del successo di questa piccola attività insieme alla grande solidarietà delle donne dell’associazione e alla loro forza di volontà, unite alle azioni strategiche di un progetto che pur nascendo da un’emergenza lascia dietro di sé una lunga e speriamo davvero molto duratura eredità.

di Cospe per greenreport.it