Negli ultimi due secoli le portate dell’Adda si sono ridotte del 20%, nonostante un calo molto più contenuto delle precipitazioni

Anche il grande numero di invasi per la produzione di energia idroelettrica ha contribuito

[7 Luglio 2020]

Gli studi “A multi‐century meteo‐hydrological analysis for the Adda river basin (Central Alps). Part I: Gridded monthly precipitation (1800–2016) records” e “A multi‐century meteo‐hydrological analysis for the Adda river basin (Central Alps). Part II : Daily runoff (1845–2016) at different scales”, pubblicati sull’International Journal of Climatology da Michele Brunetti (Consiglio Nazionale delle Ricerche), Alice Crespi e Maurizio Maugeri,  (università degli Studi di Milano), Eleni Maria Michailidi, Roberto Ranzi  e Massimo Tomirotti  (università degli Studi di Brescia), hanno registrato «una significativa diminuzione nei deflussi del bacino pre-lacuale del fiume Adda, a fronte di una diminuzione molto più contenuta delle precipitazioni dal 1800 ad oggi» e i ri cercatori italiani dicono che «Il fenomeno è inquadrabile nel contesto generale del forte cambiamento climatico che sta interessando il territorio italiano».

All’università di Milano spiegano che «Lo studio mette a confronto le precipitazioni mensili sul bacino pre-lacustre del fiume Adda, stimate a partire dal 1800, con gli afflussi idrici giornalieri in entrata al lago di Como e in uscita dallo stesso, due serie di dati rispettivamente rilevati dal 1845 ad oggi. Da questo confronto è emerso che, a fronte di una riduzione delle precipitazioni statisticamente poco significativa (5%), le portate dell’Adda sono diminuite, negli ultimi due secoli, del 20% circa».

Le precipitazioni mensili sul bacino dell’Adda, dall’inizio del XIX secolo ad oggi, sono state ricostruite grazie a un metodo, sviluppato da Alice Crespi durante il suo dottorato di ricerche in scienze ambientali all’’università degli Studi di Milano, che consente di sfruttare al meglio un archivio di dati ricchissimo in termini di numero di stazioni di osservazione. «Per quanto riguarda gli afflussi idrici al lago di Como, ricostruiti grazie ad una convenzione di ricerca tra l’Università degli Studi di Brescia e il Consorzio dell’Adda – dicono i ricercatori – questa serie di dati idrometrici rappresenta la più consistente per le Alpi italiane ed una delle più lunghe al mondo».

Maugeri e Ranzi sottolineano che «Il confronto tra le due serie di dati mostra che le portate dell’Adda hanno subito un decremento molto più significativo rispetto alle precipitazioni. Questa notevole differenza è parzialmente dovuta all’effetto della crescita delle temperature che ha causato più forti perdite per evapotraspirazione. Oltre che per effetto del riscaldamento, l’evapotraspirazione sembra essere aumentata anche a causa dell’espansione delle aree forestali avvenuta nel periodo in esame, effetto dell’inselvatichimento dei pascoli e delle aree agricole montane. Il contributo della forte fusione dei ghiacciai, invece, ha attenuato solo molto parzialmente la riduzione delle portate in ingresso al lago di Como».

L’analisi delle serie degli afflussi idrometrici al lago ha inoltre mostrato che, «contrariamente a quanto si sente spesso affermare, gli episodi caratterizzati dalle portate più elevate sono diventati progressivamente meno frequenti. Questo decremento è stato determinato dalla costruzione di un grande numero di invasi per la produzione di energia idroelettrica che consentono, in momenti di forti precipitazioni, di esercitare un’azione di mitigazione delle portate di picco. Così, se prima della costruzione di questi invasi le portate in ingresso al lago di Como sono arrivate anche a superare i 2500 m3/s, negli ultimi quarant’anni esse non hanno più superato i 2000 m3/s, valore che non è stato raggiunto neppure nell’evento del luglio 1987, l’alluvione della Valtellina. Gli stessi invasi hanno anche modificato in modo significativo la stagionalità delle portate, riducendo gli afflussi estivi ed aumentando quelli invernali».