Nonostante caldo record e siccità, le foreste pluviali africane hanno mitigato ancora il cambiamento climatico

Gli scienziati sorpresi da quanto siano state resilienti alle condizioni estreme durante l'ultimo grande evento di El Niño

[18 Maggio 2021]

Lo studio “Resistance of African tropical forests to an extreme climate anomaly”, pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS) da un numeroso team internazionale di ricercatori guidato da Amy Bennett della School of Geography dell’università di Leeds, ha scoperto che, nonostante il caldo estremo e la siccità, in tutta l’Africa tropicale, le foreste pluviali vergini  hanno continuato a rimuovere carbonio dall’atmosfera prima e durante El Niño 2015-2016.

Studiando gli alberi in 100 diverse foreste pluviali tropicali di 6 Paesi africani, i ricercatori hanno scoperto che «Durante il periodo di monitoraggio di El Niño, le foreste vergini in tutto il continente rimuovevano ancora 1,1 miliardi di tonnellate di anidride carbonica all’anno dall’atmosfera. Questo tasso equivale a tre volte le emissioni di anidride carbonica del Regno Unito nel 2019».

Eppure, durante il 2015-2016 le foreste pluviali africane hanno subito un riscaldamento di 0,92 gradi Celsius sopra la media 1980-2010 e la più forte siccità mai registrata, fenomeni portati entrambi dalle condizioni di El Niño, oltre ai cambiamenti climatici in corso. Un evento ha offerto agli scienziati un’opportunità unica per indagare su come le vaste foreste pluviali tropicali dell’Africa potrebbero reagire al caldo e alla siccità.

La Bennett spiega: «Non abbiamo assistito a un forte rallentamento della crescita degli alberi, né a un grande aumento delle morti degli alberi, a causa delle condizioni climatiche estreme. Nel complesso, l’assorbimento di anidride carbonica da parte di queste foreste pluviali intatte si è ridotto del 36%, ma hanno continuato a funzionare come un serbatoio di carbonio, rallentando il tasso del cambiamento climatico».

Uno degli autori, Ted Feldpausch del Geography, College of life and environmental sciences dell’università di Exeter, fa notare che «Questi risultati provenienti dalle foreste in Africa sono in netto contrasto con il modo in cui le foreste del Sud America hanno risposto alle gravi siccità del passato. Nel lavoro che ho condotto esaminando gli effetti di precedenti gravi siccità in Amazzonia nel 2005 e nel 2010, abbiamo scoperto che le foreste amazzoniche hanno avuto una crescita inferiore e sono passate dall’essere un pozzo di carbonio a un arresto del guadagno di carbonio. Considerando il ruolo principale che le foreste tropicali svolgono nel ciclo globale del carbonio, è incoraggiante vedere che le foreste pluviali africane hanno risposto in modo diverso e sono rimaste un pozzo di carbonio nonostante le temperature più elevate e le precipitazioni inferiori».

Le misurazioni degli alberi in appezzamenti dove viene realizzato un inventario a lungo termine i<nelle foreste vergini – non influenzate da disboscamento o incendi – sono state completate appena prima che colpisse El Niño del 2015-2016. Le nuove misurazioni di emergenza di 46.000 alberi in 100 appezzamenti nella Repubblica Democratica del Congo, Gabon, Camerun, Ghana, Liberia e Repubblica del Congo hanno quindi offerto ai ricercatori la prima opportunità in assoluto di indagare direttamente su  come avrebbero reagito le foreste tropicali africane alle condizioni più calde e asciutte.

L’autore senior dello studio, Simon Lewis, della School of Geography di Leeds, che ha coordinato lo sviluppo della rete di osservazioni forestali in tutta l’Africa, hasottolineato che «Tutte le difficoltà che abbiamo dovuto affrontare sono valse la pena di mischiare team sul campo per raggiungere i nostri siti remoti della foresta pluviale. Questa è la prima prova sul campo di ciò che accade quando una foresta pluviale africana intatta si riscalda e subisce la siccità. Quello che abbiamo scoperto mi ha sorpreso. Le foreste pluviali africane sembrano più resistenti a un ulteriore riscaldamento e siccità rispetto alle foreste pluviali in Amazzonia e nel Borneo».

Le foreste pluviali africane vivono in condizioni relativamente più secche rispetto a quelle di gran parte dell’Amazzonia e del sud-est asiatico. I ricercatori volevano stabilire se questo le rendesse particolarmente vulnerabili a condizioni climatiche estreme o se l’abbondanza di specie arboree adattate alla siccità presenti nelle foreste africane significasse che erano meno vulnerabili al caldo aggiuntivo e alla siccità. Ora dicono che « I risultati hanno dimostrato che  durante El Niño gli alberi più grandi della foresta sono rimasti in gran parte inalterati, mentre gli alberi più piccoli crescevano di meno e morivano di più, potenzialmente a causa del minore accesso all’acqua rispetto agli alberi più grandi. Tuttavia questi effetti negativi hanno avuto solo impatti modesti. Le foreste pluviali africane hanno continuato a funzionare come un serbatoio di carbonio, poiché i cambiamenti negli alberi più piccoli erano troppo piccoli per fermare l’aumento a lungo termine della biomassa complessiva degli alberi osservato in queste foreste negli ultimi tre decenni».

Secondo Lewis, «Questi risultati mostrano il valore di un attento monitoraggio a lungo termine delle foreste tropicali. I dati di riferimento che risalgono agli anni ’80 ci hanno permesso di valutare come queste foreste pluviali hanno affrontato il caldo record e la siccità».

Un altro autore dello studio, Bonaventure Sonké, dell’Université de Yaoundé, ha detto che «I nostri risultati evidenziano quanto sia importante proteggere le foreste pluviali africane: stanno fornendo servizi preziosi a tutti noi. La resilienza delle foreste tropicali africane vergini a un po’ più di calore e siccità rispetto a quanto hanno sperimentato in passato è una buona notizia. Ma dobbiamo ancora ridurre rapidamente le emissioni di anidride carbonica, poiché le nostre foreste probabilmente resisteranno solo a ulteriori aumenti limitati della temperatura dell’aria»

La Bennett ha concluso: «Le foreste tropicali africane svolgono un ruolo importante nel ciclo globale del carbonio, assorbendo 1,7 miliardi di tonnellate di anidride carbonica dall’atmosfera ogni anno negli anni 2000. Scoprire che saranno in grado di tollerare le condizioni previste nel prossimo futuro è una fonte insolita di ottimismo nella scienza del cambiamento climatico. I nostri risultati forniscono un ulteriore incentivo a mantenere l’aumento della temperatura globale a 1,5 gradi Celsius, come delineato nell’Accordo di Parigi, poiché queste foreste sembrano essere in grado di resistere a limitati aumenti di temperatura e siccità».