Resilienza climatica in Africa, il Business plan della Banca Mondiale

L’Africa può ancora evitare una catastrofe ambientale e della povertà

[26 Novembre 2015]

La Banca Mondiale ha presentato un nuovo piano, che si basa sul rapporto  “Accelerating climate-resilient and low-carbon development : the Africa climate business plan” e che chiede 16 miliardi di dollari di finanziamenti per aiutare gli africani ed i loro governi ad adattarsi al cambiamento climatico e a rafforzare la resilienza del continente di fronte agli shock climatici. Il Business plan per il clima in Africa sarà presentato il 30 novembre à la Conferenza della parti Unfcc a Parigi e contiene delle misure che puntano ad aumentare la resilienza delle popolazioni, delle terre e delle città africane, incentivando anche le energie rinnovabili e il rafforzamento dei sistemi di allerta precoce.

Il presidente del Gruppo della Banca Mondiale, Jim Yong Kim, ha sottolineato che «L’Africa sub-sahariana è estremamente vulnerabile agli shock climatici e la nostra ricerca indica che le conseguenze potrebbero essere di una portata considerevole, dal ritardo della crescita nei bambini alla malaria, dall’aumento dei prezzi del cibo alle siccità. Questo piano identifica delle misure concrete che i governi africani possono intraprendere per fare in modo  che i loro Paesi non perdano i vantaggi della crescita economica e della riduzione della povertà raggiunti con difficoltà  e che possano fornire una certa protezione contro il cambiamento climatico».

La Banca mondiale e l’United Nations environment programme (UNEP) stimano che i costi di gestione della resilienza climatica siano da 5 a 10 miliardi di dollari all’anno per adattarsi al riscaldamento globale dei  2° C. Costi che continuerebbero ad aumentare per raggiungere i 20 –  50 miliardi nel 2050, ma forse anche i 100 miliardi nel caso di un riscaldamento di 4° C.

Dei 16,1 miliardi che il Business plan per il clima in Africa  prevede per accelerare l’adattamento al cambiamento climatico, circa 5,7 dovrebbero provenire dall’ International Development Association (IDA), l’agenzia della Banca mondiale che sostiene i Paesi più poveri. Circa 2,2 miliardi di dollari  proverrebbero  da diversi strumenti di finanziamento della lotta al cambiamento climatico, 2 miliardi di dollari da altri Enti della comunità dello sviluppo, 3,5 miliardi da privati e 700 milioni da fondi propri. Resta da colmare un buco di circa 2 miliardi di dollari.

Benoit Bosquet, direttore ambiente e risorse naturali della Banca mondiale, fa il punto della situazione «Le  conseguenze del cambiamento climatico per l’Africa sono devastanti e minacciano di sprofondare milioni di persone nell’estrema povertà entro il 2030, principalmente a causa dei minori rendimenti agricoli, dei prezzi alimentari più elevati e degli effetti negativi di questo cambiamento sulla salute. Alla luce dell’enorme mancanza di finanziamenti e del bisogno di azione, la Banca mondiale ha fatto del Business plan per il clima dell’Africa una tappa importante nella mobilitazione dei finanziamenti alla lotta contro il cambiamento climatico del continente e per integrarlo nelle priorità dello sviluppo».

Secondo il Piano, a causa di fattori legati al clima, per i Paesi africani sarà difficile ridurre la povertà estrema per tre ragioni: Il riscaldamento è inevitabile: a  causa delle missioni di gas serra del passato, si innescherà una perdita di terre arabili, un calo della produttività agricola, mentre la sotto-alimentazione peggiorerà, anche a causa d un aumento dei rischi di siccità e del calo delle catre di pesci. Il proseguimento del riscaldamento globale  comporterebbe conseguenze disastrose per l’Africache subirà temperature estreme, rischi accresciuti di gravi siccità, cattivi raccolti ogni due anni, un calo del 20% dei rendmenti delle principali colture. Inoltre, entro la fine del secolo,  fino a 18 milioni di persone saranno clpiti da inondazioni ogni anno. L’incertezza considerevole riguardo alle conseguenze del riscaldamento sui modelli meteorologici locali e I cicli idrologici  pone immense sfide alla pianificazione dello sviluppo ed alla progettazione di progetti idrici, come l’irrigazione e l’idroelettrico, e più in generale per le infrastrutture sensibili al clima, come strade e ponti.

Secondo Makhtar Diop, vice-presidente della Banca mondiale per l’Africa, «Il Business Plan per il clima in Africa traccia un itinerario chiaro in materia di investimenti nelle priorità climatiche del continente e dell’accelerazione dei finanziamenti climatici necessari per proteggere milioni di persone dallo scivolamento nella povertà estrema.  Anche se l’adattamento al cambiamento climatico e la mobilitazione delle risorse richieste restano un’enorme sfida, il piano rappresenta un’occasione cruciale per sostenere un certo numero di iniziative prioritarie per la resilienza climatica».

Il piano si concentra su azioni concrete per migliorare la capacità di adattamento dell’Africa al combiamento climatico, riducendo allo stesso tempo le emissioni di gas serra e identifica una dozzina di interventi prioritari per migliorare la capacità dell’Africa di adattarsi agli effetti negativi della variabilità e del cambiamento climatici.

Il primo settore di iniziative punta a dinamizzare la resilienza delle risorse del continente: il capitale naturale (I paesaggi, le foreste, le terree agricole, le piane delle acque interne, gli oceani), il capital fisico (le città, le infrastrutture di trasporto, i beni naturali nelle zone costiere), il capitale sociale e umano, per il quale occorre integrare un miglioramento della protezione sociale per le persone più vulnerabili agli shock climatici e tener conto delle cause della migrazione legate al clima.

Il secondo settore si concentra sull’alimentazione energetica della resilienza, che include le opportunità di utilizzo a più grande scala delle fonti di energia low carbon. Oltre a contribuire ad attenuare il cambiamento climatico, queste attività offrono dei vantaggi considerevoli in termini di resilienza, dato che le società nelle quali l’accesso all’energia è insufficiente sono anche le più vulnerabili agli shock climatici.

Il terzo settore favorirebbe la resilienza fornendo dati, informazioni e strumenti per prendere decisioni essenziali per lo sviluppo climatico resiliente in diversi ambiti. Le azioni in questo campo comprendono sistemi idrometeorologici a livello regionale e nazionale e il rafforzamento delle capacità  di realizzare e progettare investimenti climatici resilienti.