Rimuovere CO2 dall’atmosfera può aiutare a combattere il cambiamento climatico, con un’enorme spinta in innovazione

Ma le tecnologie Daccs non rappresentano un'alternativa alla riduzione delle emissioni

[23 Luglio 2019]

Lo studio “An inter-model assessment of the role of direct air capture in deep mitigation pathways”,  pubblicato su Nature Communications da un team di ricercatori di Cmcc – Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici, Rff-Cmcc European Institute on Economics and the Environment and Politecnico di Milano (Italia), Grantham Institute – Climate Change and the Environment dell’Imperial College di Londra (Regno Unito) e  MaREI Centre dell’University College di Cork (Irlanda) dimostra come le nuove tecnologie Direct air carbon capture and storage (Daccs) per rimuovere direttamente la CO2 dall’atmosfera «possano contribuire a contenere l’innalzamento della temperatura del pianeta e abbattere i costi richiesti dagli obiettivi internazionali sulle riduzioni di emissioni».

Ma gli stessi autori dello studio fanno notare che «Queste tecnologie richiedono molta innovazione e sono valide se utilizzate come parte di un ventaglio di soluzioni per abbattere le emissioni di CO2».  Al Cmcc  spiegano che «Le tecnologie che consentono di rimuovere la CO2 dall’atmosfera possono giocare un ruolo importante per il raggiungimento degli obiettivi contenuti nell’Accordo di Parigi, così come sottolineato anche dal Rapporto Speciale dell’IPCC sulle possibilità di limitare l’aumento della temperatura del pianeta entro 1,5° C. Finora gli studi effettuati su questo tema si sono concentrati sui modi biologici di assorbire anidride carbonica (come ad esempio bioenergia con immagazzinamento di CO2), che possono avere effetti non positivi sugli ecosistemi e sulla sicurezza alimentare». Il nuovo studio indaga la possibilità di catturare CO2 direttamente dall’atmosfera con le Daccs e i ricercatori italiani dicono che «I risultati dello studio suggeriscono che queste tecnologie non solo contribuiscono a soddisfare gli obiettivi definiti dall’Accordo di Parigi, ma ne abbattono anche i costi. Tuttavia, le  Daccs non possono essere considerate un’alternativa alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, attività quest’ultima che continuerà a richiedere la progressiva eliminazione dei combustibili fossili dai nostri sistemi socio-economici».

Il team internazionale di scienziati spiega ancora che «I benefici derivanti dalla rimozione diretta di CO2 dall’atmosfera, sono strettamente connessi alla velocità con cui queste tecnologie saranno capaci di crescere e potenziarsi. Infatti, poiché non sono ancora pronte per un impego su larga scala, questa loro possibilità di crescita sarà limitata, almeno nel breve periodo. Daccs, quindi, non rappresenta un’alternativa alla riduzione delle emissioni, ma una delle soluzioni disponibili in un portfolio che include altre possibilità di riduzione della CO2 dall’atmosfera, l’adozione di stili di vita coerenti con una società a basso contenuto di carbonio ed altre misure che riducono le emissioni di gas a effetto serra. Una grande innovazione apportata dalla ricerca consiste nel fatto che per la prima volta si studiano queste tecnologie utilizzando due diversi modelli di analisi tecnologico-economica in una valutazione integrata. Quest’ultima descrive in dettaglio le questioni più rilevanti in merito al consumo energetico, ai costi e ai materiali necessari ad un ampio dispiego di queste tecnologie nell’ambito delle strategie di mitigazione su scala globale».

Laurent Drouet, del Rff-Cmcc, evidenzia che si tratta di «Due  modelli (WITCH, sviluppato dal Cmcc, e TIAM-Grantham, usato all’Imperial College) che usano approcci differenti per riprodurre le interazioni tra economia e sistema energetico. Quando i risultati sono coerenti con entrambi i modelli, i dati che ne emergono costituiscono degli approfondimenti più affidabili e robusti di quanto non lo fossero in precedenza. Questa è una delle grandi innovazioni di questa ricerca»

La principale autrice dello studio, Giulia Realmonte, junior scientist al Rff-Cmcc, ricorda che «Si prevede che la domanda energetica per produrre i prodotti chimici necessari alla rimozione di anidride carbonica dall’atmosfera sia ingente e potrebbe limitarne il numero di installazioni in futuro. In generale, l’impatto indiretto di un uso ampiamente diffuso di Daccs ha bisogno di essere approfondito e studiato più a fondo».

Ajay Gambhir, senior research Fellow del Grantham Institute, aggiunge che «Daccs non è ancora disponibile per un impego su larga scala, è quindi molto importante che noi simuliamo le implicazioni del suo utilizzo per la riduzione delle emissioni con ricerche come questa. Però, solo realizzando queste tecnologie, utilizzandole e monitorandone gli impatti sulle emissioni e tutte le altre implicazioni possiamo conoscerne il vero potenziale».

Secondo Massimo Tavoni, direttore del Rff-Cmcc e professore al Politecnico di Milano, «Lo studio mostra che innovare con nuove tecnologie come la rimozione diretta di CO2 dall’atmosfera è necessario per risolvere la crisi climatica. Inoltre, la ricerca sottolinea anche che queste innovazioni non dovrebbero distrarre la nostra attenzione e le nostre risorse dall’urgenza di ridurre le emissioni di CO2 il prima possibile. Investimenti in energia low-carbon, in innovazione verde e in educazione sono complementari e non si escludono l’un l’altro».

Il team di ricercatori conclude con un suggerimento: «I decisori politici, quindi, dovrebbero considerare che Daccs ha un potenziale tale da giustificare investimenti in ricerca, sviluppo e diffusione delle nuove tecnologie. Tuttavia, affidarci troppo insistentemente alla rimozione diretta della CO2 dall’atmosfera senza che questa possa assorbire emissioni sui larga scala  ci condannerebbe a superare i limiti imposti dall’Accordo di Parigi probabilmente in modo significativo. Dobbiamo continuare a sostenere le strategie di mitigazione che sono già in atto per accogliere queste nuove tecnologie ed evitare di fallire verso gli obiettivi dell’Accordo di Parigi».