San Frediano, l’invenzione dei nuovi miracoli e il cambiamento climatico

Il caso del Santo che deviò la piena del Serchio a Lucca

[31 Marzo 2021]

«Santi che salvano città e campagne da tempeste e inondazioni e nubifragi, i cosiddetti miracoli dell’acqua e dell’aria, furono “inventati” nell’Italia centrosettentrionale nel VI secolo in risposta ai cambiamenti climatici». A rivelare la connessione piuttosto inaspettata fra eventi prodigiosi ed osservazione scientifica è il nuovo studio “Beyond one-way determinism: San Frediano’s miracle and climate change in Central and Northern Italy in late antiquity”, pubblicato su Climatic Change da un team di ricercatori internazionale guidato da Giovanni Zanchetta del Dipartimento di scienze della Terra dell’università di Pisa,

All’università di Pisa spiegano che al centro della ricerca su dati climatici ottenuti da archivi naturali e fonti storiche,, finanziata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, «C’è la vicenda del miracolo di San Frediano che nel VI secolo salvò Lucca dalle inondazioni del Serchio. Il fiume, che all’epoca aveva diversi rami, rappresentava infatti un continuo pericolo per le sue imprevedibili piene. In occasione di una di queste, come raccontato nei “Dialoghi sui miracoli dei Padri italiani” attribuiti a papa Gregorio Magno, Frediano prese un rastrello, fece una traccia e impose al Serchio di seguirla allontanandolo così dalla città».

Zanchetta  ricorda che «Nel VI secolo, un periodo noto anche come “diluvio Medievale”, l’Italia centro settentrionale era diventata davvero una terra di piogge torrenziali e alluvioni. La storia di San Frediano non è un caso isolato e in questo studio, grazie ad un approccio multidisciplinare, che ha messo insieme esperti internazionali di geochimica, specialisti del clima, storici e geoarcheologi, abbiamo dimostrato quel cambiamento climatico a cui fanno riferimento le fonti scritte».

Per ottenere dati sui climi passati, i ricercatori hanno esaminato alcuni campioni di stalagmiti, provenienti dalla grotta Renella nelle Alpi Apuane nel nord della Toscana, e al loro interno hanno trovato il segnale di intense precipitazioni di origine atlantica. Gli scienziati spiegano ancora: «Nella ricostruzione effettuata nel VI secolo infatti importanti masse di aria umida provenienti dall’Oceano raggiunsero l’Italia settentrionale e centrale provocando massicce precipitazioni e inondazioni. L’analisi in particolare ha riguardato lo studio delle concrezioni della grotta nel corso dei secoli che nelle loro proprietà chimiche e fisiche registrano le condizioni ambientali. La misurazione del rapporto degli isotopi dell’ossigeno negli strati successivi che si deponevano progressivamente ha infatti permesso al team di distinguere tra periodi più umidi e periodi più secchi, che sono stati datati utilizzando il metodo uranio-torio. Su questa base, i ricercatori hanno quindi verificato che il VI secolo d.C. nell’Italia settentrionale e centrale si distinse dagli altri per un eccezionale livello di umidità».

Monica Bini, anche lei del Dipartimento di scienze della Terra dell’università di Pisa e responsabile del progetto, conclude «Questo nuovo approccio “ibrido” allo studio degli impatti climatici sulle società passate basato su dati sia naturali che storici, consente di comprendere meglio ‘come andarono davvero le cose’ e da un altro punto di vista ci mostra quanto siano varie e imprevedibili le risposte culturali che nel corso del tempo le società hanno dato al cambiamento climatico».