Scarsi progressi ai lunghi negoziati climatici per preparare la COP26 di Glasgow

«Il mondo ricco offre una fasciatura quando è necessario un intervento chirurgico»

[18 Giugno 2021]

La sessione virtuale dei subsidiary bodies dell’UN Climate Change conference, tenutasi online dal 31 maggio al 17 giugno, che doveva preparare la 26esima Conferenza delle parti dell’United Nations framework convention on climate change  (COP26 Unfccc) che si terrà a Glasgow a novembre, si è conclusa facendo pochi progressi e quacuno dice praticamente nulla.

Si è trattato della prima volta che tutte le parti dell’Unfccc si sono incontrate dalla fine COP25 tenutasi a Madrid nel 2019. La segretaria esecutiva dell’Unfccc, Patricia Espinosa, cerca di vedere il bicchiere mezzo pieno: «Ringrazio sinceramente tutti i delegati per il loro impegno virtuale completo ed efficace. Nonostante le sfide significative che il format ha creato per molti, specialmente nei Paesi in via di sviluppo, tutte le parti sono rimaste impegnate pienamente. Di conseguenza, queste sessioni degli organi sussidiari si sono rivelate un buon modo per portare avanti il ​​lavoro tecnico. Anche se rimane una quantità significativa di lavoro, sono stati compiuti buoni progressi su molte questioni. La mia valutazione complessiva è positiva».

Le questioni discusse in preparazione della COP26 includevano come rendere l’agricoltura più sostenibile, il modo migliore per fare il punto sui progressi delle azioni per il clima, rispettare gli impegni pre-2020, sostenere i Paesi in via di sviluppo e costruire la resilienza e l’adattamento agli effetti del cambiamento climatico.

In una nota finale, l’Unfccc ammette che «Ci sono ancora opinioni divergenti sulla finalizzazione dei dettagli su come funzioneranno i meccanismi del mercato del carbonio e non di mercato dell’Accordo di Parigi. Sebbene permangano opinioni divergenti anche sulla finalizzazione dei dettagli che consentiranno a tutti i Paesi di comunicare le proprie azioni per il clima in modo trasparente all’interno dell’Accordi<o di Parigi, sono stati compiuti progressi sugli strumenti necessari per dare vita alle disposizioni in materia di trasparenza».

Ma sono rimaste in sospeso e irrisolte questioni cruciali come il rispetto dell’impegno dei Paesi sviluppati a mobilitare 100 miliardi di dollari all’anno per sostenere i Paesi in via di sviluppo, l’aumento della riduzione delle emissioni di gas serra, l’adattamento e la finanza climatici, e la discussione non è riuscita ad arrivare a un accordo nemmeno sul fatto che nessuna voce deve rimanere inascoltata e nessuna proposta messa da parte.

La Espinosa  ha ricordato ai recalcitranti delegati virtuali che «La COP26 deve essere un successo. Questi problemi richiedono leadership, volontà politica e decisioni politiche. Gli elementi in sospeso devono essere definiti per attuare pienamente l’Accordo di Parigi e il sostegno deve essere liberato in modo che tutte le nazioni possano intraprendere azioni ambiziose. L’Onu è pronta a sostenere tutti i Paesi in questi sforzi».

Il presidente del Subsidiary Body for Scientific and Technological Advice (SBSTA), Tosi Mpanu-Mpanu, resta moderatamente ottimista: «Siamo stati in grado di fare grandi passi avanti su alcuni dei risultati della COP26. Sulle altre questioni c’è ancora molto lavoro da fare. Se le parti lo vogliono, le differenze rimanenti possono essere superate».

I progressi realizzati durante la sessione sono stati raccolti in note informali e Marianne Karlsen, presidente del Subsidiary Body for Implementation (SBI) ha spiegato: «Poiché non sono state prese decisioni, le note informali forniranno un quadro onesto su dove si avranno le discussioni quando ci incontreremo a Glasgow».

Per il presidente designato della COP26, il britannico Alok Sharma,  «La sessione di maggio-giugno ha avuto buoni progressi». Ma anche lui ammette che «Non possiamo essere compiacenti e comprendiamo tutti che c’è ancora una notevole quantità di lavoro che deve essere svolto per garantire che la COP26 sia un successo. I prossimi mesi sono fondamentali in quanto la Presidenza britannica continua a contattare le parti, guidando i progressi e creando lo spazio per arrivare a compromessi. E’ importante incontrarci a Glasgow dopo aver svolto i compiti prima della COP26».

Su invito di Sharma, i ministri di 40 Paesi “di maggior peso” si incontreranno a luglio per portare avanti il ​​processo che si sta dimostrando molto più accidentato e faticoso di quanto facciano prevedere le dichiarazioni dei leader mondiali ai vari summit e la sensazione di una colossale operazione di greenwashing politico in occasione della ripresa globale post-pandemia è vista come un pericolo sempre più concreto.

BBC News è molto meno ottimista delle fonti ufficiali e scrive che il summit virtuale «non  è riuscito a trovare una via d’uscita su una serie di importanti questioni tecniche, incluso il ruolo dei mercati del carbonio nel frenare il cambiamento climatico. Nonostante una sessione estesa su tre settimane di colloqui, queste importanti questioni non sono ancora state risolte. I problemi dei delegati in diversi fusi orari e con diverse connessioni Internet hanno reso questi difficili negoziati una vera lotta».

Uno dei negoziatori climatici del Bangladesh, Quamrul Chowdhury, conferma a BBC News: «Penso che questo sia stato tecnicamente difficile per molte parti, i problemi di connettività hanno aggravato e complicato i deficit di fiducia che esistono. Non è stato possibile raccogliere nemmeno i frutti maturi».

Oltre ai problemi tecnici ci sono stati anche problemi per l’accesso al summit degli osservatori perché la Cina si è opposta alla loro presenza ai colloqui sulla trasparenza. I negoziatori hanno combinato davvero poco e sarà necessario l’intervento dei governi per portare avanti il ​​processo.

Secondo Jennifer Tollmann, consulente politico senior del think-tank ambientale E3G, «Le ultime tre settimane hanno chiarito una cosa: gli ostacoli più pericolosi sulla strada per la COP26 sono politici, non tecnici. Le parti conoscono le posizioni degli altri, è la volontà di trovare opzioni di compromesso che sostengano l’ambizione climatica che spesso manca».

L’ambasciatrice di Antigua e Barbuda, Diann Black-Layne, negoziatrice principale dell’Alliance of Small Island States, ha evidenziato che «Il Covid-19 rimane una seria preoccupazione per molti di noi e le restrizioni ai viaggi continuano per molti Paesi. Una parte significativa dei nostri membri deve affrontare onerose restrizioni per i viaggi  indipendentemente dal loro stato di vaccinazione personale. Alcune isole del Pacifico hanno solo due voli al mese, con un mese di quarantena, mentre altre isole hanno ancora i confini chiusi. Questo non cambierà a meno che il loro intere popolazioni non abbiano o accesso ai vaccini».

Ma Sharma ha risposto durante una conferenza stampa che «I delegati che non sono in grado di fare i vaccini nei loro Paesi riceveranno il nostro sostegno. I dettagli sono ancora in fase di elaborazione nelle discussioni con le Nazioni Unite».

Harjeet Singh, di Climate Action Network International, non è per niente contenta della piega che stanno prendendo i negoziati e ha concluso: «La storia non sarà gentile con le nazioni ricche se non si fanno avanti per rispettare i loro impegni in materia di azione climatica. Siamo già a un punto in cui il mondo affronta più crisi e la realtà è che il mondo ricco offre una fasciatura quando è necessario un intervento chirurgico».