«Per una sera tra il 10 e il 15 d’agosto niente tv, computer, social. Guardiamo il cielo»

Il mistero delle stelle cadenti svelato dall’astronomo italiano Giovanni Schiaparelli

L’intervento di Roberto Battiston, ordinario di Fisica sperimentale all’università di Trento e presidente dell'Agenzia spaziale italiana

[10 Agosto 2016]

Chiudiamo tutto. Per una sera, a nostra scelta tra il 10 e il 15 del mese, niente tv e cinema, computer e social vari. Usciamo fuori e guardiamo il cielo in direzione Nord Est, verso la costellazione di Perseo. E tiriamo tardi, a contare le stelle cadenti, godendoci lo spettacolo della natura.

Tra le tante liturgie familiari che s’imparano da piccoli in vacanza, l’attesa delle Perseidi è quella che magicamente viene replicata nonostante il passare degli anni. Rito familiare che ci riporta al tempo dello stupore delle prime scoperte, ma anche rito collettivo, come si confà a tutto quello che ha a che fare con il cielo. La visione delle stelle cadenti nella notte di San Lorenzo – che nella tradizione cristiana rappresentano le lacrime del martire durante il supplizio – sono un momento incantato, dove la manifestazione della natura per una sera lascia indietro lo spettacolo  dell’umanità, proiezione totalizzante e unificante dell’insieme dei nostri bisogni. Nella produzione dei simboli il genere umano è comunque maestro. Durante le diverse epoche i bagliori di queste meteore sono stati associati a miti e favole. E non poteva essere diversamente, considerando che questi piccoli frammenti di polvere  rilasciati dalla cometa Swift-Tuttle per concludere con un lampo il loro millenario percorso di vita, agli uomini dell’antichità apparivano come “stelle che muoiono”.

Se noi oggi vediamo consapevolmente l’ultimo respiro di questi antichi corpi celesti, è grazie al grande astronomo Italiano Giovanni Schiaparelli, direttore dell’Osservatorio Astronomico di Brera, che fu il primo ad indagarne scientificamente la natura. Schiaparelli capì che le comete, quando si avvicinano al Sole, a causa della sua intensa radiazione iniziano ad evaporare creando una lunga scia di gas e polveri stellari, spinti dal vento solare a formare la loro fascinosissima coda. Quando questi piccoli detriti entrano nell’atmosfera terrestre ad elevatissima velocità (anche più di  50 km/secondo) evaporano a causa del forte surriscaldamento, lasciando a volte una scia colorata, dovuta all’intensa ionizzazione  dell’aria. Ogni anno, in agosto, nel suo moto di rivoluzione attorno al Sole la Terra  entra in quella zona dove sono concentrati i residui lasciati dal passaggio della cometa Swift-Tuttle, che ciclicamente incrocia il percorso del nostro pianeta (l’ultima volta è successo nel 1992).

La polvere, lasciata nello spazio dall’astro chiomato, entrando ad altissima velocità nell’atmosfera terrestre, brucia dando origine al fenomeno delle stelle cadenti. Il fenomeno accade durante tutto l’anno, ma  solo in questo periodo è così visibile a causa della vicinanza delle orbite. Se ci si mette  ad osservarlo lontani dalle città e dalle luci artificiali si potrebbero riuscire a vedere decine e decine di stelle cadenti ogni ora.

Se per un fotone che va alla velocità della luce, il tempo appare  fermo, e quindi non vi è un prima ne un dopo, senza ogni stella cadente che riusciremo a vedere in questi giorni sarà per noi uomini – affaticati da molti prima e molti dopo – una spruzzata di eternità, intesa come gioia e stupore per avere aver avuto a che fare per un attimo con un frammento di Universo. Un sentimento essenziale per tornare la mattina dopo a tutto il resto.

di Roberto Battiston, pubblicato sul sito dell’Agenzia spaziale italiana (Asi) e La Stampa