Conservare i cibi freschi per settimane: a Lucca la promessa della tecnologia Map

Il Consorzio europeo insieme al Tuscan food quality center e all’università di Pisa contro lo spreco di cibo

[23 Novembre 2015]

Lo spreco di cibo rappresenta uno dei paradossi più dolorosi in questi anni di crisi: nonostante la crescente povertà, ogni anno in Europa si sprecano circa 100 milioni di tonnellate di alimenti e l’Italia ci mette del suo. Come ricordato dall’Ue nell’ultima Giornata mondiale dell’alimentazione (celebrata proprio all’Expo milanese), i rifiuti alimentari nel nostro Paese ammontano tuttora a 108 kg per persona, l’equivalente di 2 piatti di pasta a persona buttati ogni giorno nell’immondizia. Uno spreco enorme, sia dal punto di vista ambientale che economico; i rifiuti alimentari in Italia ammontano ad un valore di 37 miliardi di euro, quanto basterebbe per sfamare 44 milioni di persone.

Sono molti i settori nei quali sarebbe necessario intervenire per sanare una piaga di tali dimensioni, e tra questi figura la necessità di conservate gli alimenti con cura. Su quest’ultimo punto in particolare si è soffermato il recente seminario “La tecnologia Map nella conservazione degli alimenti freschi”, ospitato a Lucca: il primo intervento nel suo genere sul nostro territorio, organizzato dal Consorzio europeo Map (con sede legale proprio nella città toscana) in collaborazione con il Tuscan food quality center.

Con il supporto dell’università di Pisa, che ha collaborato alla stesura della relazione scientifica (in allegato), a Lucca è salita in cattedra la tecnologia di confezionamento che fa ricorso ad atmosfera protettiva (la Map, Modified atmosphere packaging). Una tecnologia che, si precisa nella relazione scientifica, permette di estendere la vita dei prodotti confezionati «per giorni se non, in alcuni casi, per settimane».

La tecnologia Map rappresenta ormai una realtà commerciale consolidata, sebbene ancora non molto conosciuta, e si basa sulla sostituzione dell’aria presente nell’imballaggio con una miscela prestabilita di gas naturali: l’ossigeno (O2), l’azoto (N2), l’anidride carbonica (CO2) e l’Argon (Ar) sono quelli più comunemente utilizzati.

«Alcuni aspetti applicativi di questa tecnologia Map devono essere considerati molto attentamente anche dai produttori agroalimentari – ha spiegato la presidente del Consorzio europeo Map, Laura Grassi – L’accuratezza con cui la miscela dei gas viene costituita e inserita nella confezione è determinante per la garanzia della shelf life del prodotto e per una sua corretta conservazione. In questo momento non esistono però procedure certe che definiscono le diverse fasi del confezionamento Map. Mancando le normative di riferimento e i relativi controlli, le attività per garantire accuratezza e precisione sono lasciate al singolo produttore. Il Consorzio europeo Map vuol porsi a garanzia e tutela della qualità del confezionamento in atmosfera protettiva facendo rete all’interno della filiera Map, progettando soluzioni innovative per la conservazione del prodotto fresco, definendo procedure per rendere le fasi Map precise e accurate (con maggiori garanzie sulla shelf life) in modo che la qualità del confezionamento in Map, attraverso il marchio del Consorzio, diventi un valore aggiunto per il produttore agroalimentare».

Anche in questo caso, dunque, a mancare è soprattutto un’adeguata cornice istituzionale. Le normative europee non aiutano a far chiarezza nel valutare la qualità del confezionamento in Map – ad oggi infatti non è necessario indicare in etichetta né la miscela dei gas utilizzati né le loro percentuali, ma soltanto la dicitura “Prodotto confezionato in atmosfera protettiva” – e questo aspetto normativo, secondo i relatori riunitisi a Lucca, rappresenta un limite importante perché la durata della shelf life potrebbe essere compromessa, andando a vanificare le prerogative della tecnologia stessa.