L’etichettatura climatica dei prodotti riduce la nostra impronta di CO2. Ma deve essere obbligatoria

Un effetto che riguarda anche chi vuole intenzionalmente rimanere disinformato

[30 Marzo 2021]

Le etichette climatiche che ci informano sull’impronta di carbonio di un prodotto a base di carne inducono molte persone a optare per alternative più rispettose del clima. Questo vale per le persone curiose dell’impronta di carbonio di un prodotto, nonché per coloro che evitano attivamente di voler saperne di più. E’ quanto emerge dallo studio “Interested, indifferent or active information avoiders of carbon labels: Cognitive dissonance and ascription of responsibility as motivating factors”, pubblicato su Food Policy da un team di ricercatori della Sveriges lantbruksuniversitet e della Københavns Universitet che aggiungono: «In quanto tale, l’etichettatura climatica dei prodotti alimentari può essere un buon modo per ridurre la nostra impronta climatica». Ma per essere efficaci le etichette devono essere obbligatorie.

I ricercatori danesi ricordano che «Esistono alcune situazioni in cui noi esseri umani evitiamo strategicamente una maggiore conoscenza e più informazioni, un fenomeno noto come “evitamento attivo delle informazioni”. Potrebbe essere che non vogliamo sapere quante calorie ci sono nel sacchetto di patatine che abbiamo appena aperto. Oppure che evitiamo di andare dal medico perché temiamo una certa diagnosi. Ma questo può anche avere a che fare con il fatto che non vogliamo sapere in che modo ciò che acquistiamo al supermercato influisce sul clima».

I ricercatori svedesi e danesi hanno studiato l’efficacia delle informazioni sull’impatto climatico come un modo per influenzare la scelta dei consumatori e Jonas Nordström del Dipartimento di economia alimentare e delle risorse dell’università di Copenaghen sottolinea che «I nostri esperimenti dimostrano che una persona su tre non vuole conoscere l’impatto del cibo che mangia sul clima. Ma allo stesso tempo, possiamo vedere che c’è un effetto psicologico quando le persone vengono informate sul suo impatto sul clima, nella misura in cui più persone finiscono per acquistare un prodotto meno pesante in CO2».

Agli 803 partecipanti all’esperimento è stato chiesto di scegliere tra 6 alternative costituite da variazioni di carne macinata e una miscela a base vegetale, ciascuna senza un’etichetta climatica. Ai partecipanti è stato quindi chiesto se volevano o meno conoscere le informazioni climatiche per i prodotti. Il 33% dei partecipanti ha detto di no. A tutti loro è stato poi chiesto di fare nuove scelte su prodotti  che avevano un’etichetta con le informazioni sull’impronta di CO2.

I ricercatori evidenziano che «Per coloro che avevano detto di sì alle informazioni, attraverso le loro nuove scelte di prodotto c’è stata una riduzione del 32% dell’impronta climatica, mentre gli “evitatori di informazioni”, dopo essere stati esposti all’etichettatura climatica, hanno ridotto collettivamente la loro impronta del 12%».

Pertanto, gli scienziati svedesi e danesi ritengono che «Una parte di coloro che evitano le informazioni abbia scelto attivamente di rinunciare a più informazioni come un modo per rimanere inconsapevole, ad esempio per evitare qualsiasi conflitto interiore tra ciò che vogliono fare e ciò che dovrebbero fare».

Nordström aggiunge: «La nostra ipotesi è che essere consapevoli dell’impatto sul clima di un prodotto abbia un costo psicologico per il consumatore. Se qualcuno a cui piace la carne rossa viene informato del suo impatto sul clima, potrebbe spingerlo a provare un po’ di vergogna o ad avere la coscienza sporca. Disattivando attivamente queste informazioni, diventa meno scomodo fare una scelta che sarebbe vista come un peccato climatico. Tuttavia, se le informazioni sull’impatto climatico sono obbligate per il consumatore, alcuni sceglieranno di acquistare pollo invece di manzo e, così facendo, mitigheranno alcuni dei sentimenti negativi associati al prendere una decisione che ha una maggiore conseguenza sul clima. Nel nostro esperimento, questo ha comportato un’impronta di carbonio inferiore del 12%».

Mentre alcuni supermercati danesi hanno iniziato a informare i consumatori sugli effetti sul clima delle loro decisioni di acquisto, ci sono pochi prodotti etichettati con informazioni sull’impronta di CO2. I ricercatori ritengono che «I risultati dello studio possano essere utilizzati come argomento per l’implementazione di informazioni climatiche obbligatorie sui prodotti alimentari».

Nordström conclude: «L’etichettatura climatica ha un chiaro effetto sui consumatori, sia quelle persone che desiderano essere consapevoli dell’impatto sul clima, sia quelle che cercano attivamente di ignorare questo tipo di conoscenza. Lo studio dimostra che quest’ultimo gruppo può essere interessato solo se vengono fornite le informazioni. Affinché l’etichettatura climatica sia efficace, deve essere obbligatoria poiché alcuni produttori di prodotti che minacciano il clima non forniscono volontariamente nei loro prodotti questo tipo di informazioni. L’effetto potrebbe essere ancora maggiore se ci fosse una spinta simultanea a informare l’opinione pubblica che, quando si tratta di raggiungere gli obiettivi climatici, il contributo di tutti è importante».