Brexit senza accordo? Il Regno Unito resterà senza un’agenzia di controllo ambientale per 2 anni

Grossi problemi per l’ambiente britannico e per l’energia nell’Irlanda del Nord

[4 Febbraio 2019]

Mentre vengono fuori informazioni “segrete” su piani da Guerra Fredda rispolverati per mettere in sicurezza la Regina Elisabetta in caso di disordini dopo un uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea senza un accordo, dal  rapporto “Brexit: two months to go” publicato da Joe Owen e Tim Durrant dell’Independent Institute for Government sui progressi fatti dal governo conservatore di Londra nella preparazione di una Brexit al buio emerge che in molti settori la Gran Bretagna non è ancora pronta.

Un’uscita senza accordo dall’Ue lascerebbe la Gran Bretagna senza un’Agenzia di controllo dei principali problemi energetici e ambientali fino almeno al 2021, ha avvertito il think tank britannico. In assenza di una legislazione sostitutiva di quella europea e mentre la Brexit si avvicina rapidamente, il Regno Unito perderà l’accesso agli organismi e ai sistemi regolamentatori dell’Unione europea per il commercio di energia e le protezioni ambientali.

Come spiega Sara Stefanini su Climate Home News  Sara Stefanini «In alcuni settori, come il nucleare, la Gran Bretagna sta  istituendo un regime interno  appena in tempo per una brusca Brexit, il 29 marzo, assegnando nuove responsabilità e maggiori finanziamenti all’Office for Nuclear Regulation, che si sta procurando un nuovo sistema informatico e formando ispettori». Ma il rapporto dell’Independent Institute for Government  evidenzia una preoccupante mancanza di un’agenzia di controllo ambientale che sostituisca il ruolo svolto finora dalla Commissione europea per  mantenere la Gran Bretagna e gli altri Paesi in linea con le norme e limiti riguardanti la tutela della biodiversità, l’inquinamento atmosferico e la sicurezza dell’approvvigionamento di elettricità, in particolare nell’Ulster (l’Irlanda del Nord), che condivide un mercato elettrico con la Repubblica d’Irlanda.

Il Regno Unito sta elaborando una legge ambientale che definirà gli standard post Brexit e creerà un’agenzia per rendere il governo responsabile delle sue politiche e dei suoi obiettivi. Ma Joe Owen e Durrant fanno notare che «Quel watchdog, al più presto, non entrerà in funzione  fino al 2021« e che «La creazione di organismi pubblici simili ha richiesto in genere 2-3 anni dopo che la legislazione è stata approvata».

Si tratta di una nuova e autorevole critica che si aggiunge a quella delle associazioni ambientaliste sui ritardi che emergono dalle bozze dei piani del governo per istituire un’agenzia di controllo ambientale indipendente. Gli ambientalisti temono che manchi dei poteri per sanzionare il governo in caso di carenze e che il suo potere di controllo non si estenderà alle misure sui cambiamenti climatici. A gennaio, anche il National Audit Office e molti parlamentari hanno espresso preoccupazione  sul fatto che l’agenzia non sarebbe stata indipendente dall’influenza del governo.

Inoltre, l’Independent Institute for Government evidenzia che «Questo gap nella legislazione aumenta l’incertezza anche per le industrie che esportano prodotti altamente regolamentati, come quelli chimici. Di conseguenza, gli esportatori di prodotti chimici potrebbero doversi registrare in un altro Paese dello Spazio economico europeo per continuare le loro vendite».

Nelle ultime settimane le prospettive di un non accordo, con un crash-out Brexit il  29 marzo, sono aumentate. Il parlamento britannico ha respinto l’accordo sulla Brexit con l’Ue proposto dalla premier conservatrice Theresa May e, dopo averle confermato una sofferta fiducia, ha appoggiato la sua promessa di tornare a Bruxelles per rinegoziarne parti essenziali. Ma l’Unione europea è stanca dei tira e mola e dei pasticci del governo britannico – neo-sovranista in patria e neoliberista estremo quando era nell’Ue – e ha respinto ogni ipotesi di rivedere un accordo faticosamente raggiunto. Anche se Partito popolare europeo e destre varie non vorrebbero mettere troppo all’angolo i loro alleati Conservatori e Unionisti nordirlandesi.

Ma il rapporto dell’Independent Institute for Government fa notare anche un’altra cosa: una Brexit “hard” «Aumenterebbe anche l’incertezza sulla sicurezza dell’approvvigionamento energetico dell’Irlanda del Nord. Nonostante le assicurazioni dei governi britannico e irlandese che vogliono mantenere il mercato unico dell’elettricità su tutte le isole, fino a oggi non c’è chiarezza sui progressi».

Paul Deane, del’University College Cork, conclude: «L’Irlanda del Nord è esposta a un rischio maggiore di carenza di energia elettrica rispetto all’Irlanda, poiché la sua capacità è già ridotta e le vecchie centrali a carbone e a gas sono prossime alla chiusura».

»Non ci si aspetta che una Brexit senza accordo interrompa i rifornimenti di elettricità d tra Irlanda e Ulster o porti a nuove tariffe commerciali – conclude la Stefanini – ma potrebbe portare a problemi a più lungo termine, come una riduzione dell’elettricità scambiata attraverso la frontiera e cambiamenti nelle regole note come network codes da parte dell’Ue e del Regno Unito».