La bonifica e il cambiamento della destinazione d’uso del sito

[18 Marzo 2016]

La bonifica di un sito che ha cambiato destinazione d’uso rispetto al tempo dell’inquinamento deve garantire il ripristino e la fruizione del bene alla luce della destinazione legale al tempo in cui l’attività di bonifica è iniziata e non in ragione delle caratteristiche che aveva precedentemente.

Lo afferma il Consiglio di Stato – con sentenza 16 marzo 2016, n. 1054 – in riferimento alla sentenza del Tar della Lombardia sulla richiesta di annullamento di un  provvedimento del Comune di Milano del 2012. Di quel provvedimento comunale che non ha approvato il documento di analisi del rischio, presentato dalla società Pirelli, proprietaria di un complesso immobiliare a Milano in Via Caviglia già adibito a stabilimento industriale, successivamente ceduto alla Immobiliare San Paolo s.r.l. con contratto di compravendita. Un documento di analisi che dava atto della presenza di una contaminazione ambientale, in relazione alla quale la Pirelli aveva già avviato la procedura di bonifica dell’area, impegnandosi con la società acquirente a proseguire l’attività di ripristino ambientale e a ottenere la certificazione di regolarità da parte della p.a.

Successivamente il Comune di Milano ha approvando il progetto di bonifica delle acque sotterranee della Pirelli ha richiesto la presentazione di un nuovo documento di analisi dei rischi in linea con lo stato di fatto dell’area interessata sulla base della presenza di insediamenti residenziali anche se abusivi.

La situazione si inserisce in un contesto particolare: nelle more della procedura di approvazione delle opere di bonifica è entrato in vigore il nuovo strumento urbanistico generale del comune di Milano (Pgt). Un Pgt che prevede espressamente la possibilità di variare la destinazione urbanistica da quella industriale a quella residenziale per tutte le aree di Via Caviglia che, prima della variazione avevano una destinazione industriale.

Per cui nel richiedere il documento di analisi il Comune ha tenuto in considerazione i diversi valori soglia inerenti alla mutata destinazione urbanistica del sito. Cosa contestata dalla Pirrrelli.

La disciplina sulla bonifica – contenuta nel Codice ambientale (Dlg 152/2006) – mira a tutelare il bene ambiente, facendo ricadere la responsabilità dell’inquinamento sul suo autore, obbligandolo a rimuovere le condizioni che compromettono l’ambiente e dunque a ripristinarlo. Dove per ripristino ambientale si deve intendere “gli interventi di riqualificazione ambientale e paesaggistica, anche costituenti complemento degli interventi di bonifica o messa in sicurezza permanente, che consentono di recuperare il sito alla effettiva e definitiva fruibilità per la destinazione d’uso conforme agli strumenti urbanistici”. Gli interventi di bonifica e di messa in sicurezza devono essere, adeguati alla destinazione d’uso oltre che alle caratteristiche morfologiche, vegetazionali e paesistiche dell’area.

In altre parole la conseguente attività di bonifica deve ottenere il risultato di recuperare la fruizione del bene sulla scorta della destinazione legale al tempo in cui l’attività di bonifica deve essere autorizzata e non in ragione delle caratteristiche che il sito aveva al tempo dell’inquinamento. Un simile approccio salvaguarda la condizione dinamica del territorio ed è diretta conseguenza della natura di illecito permanente che caratterizza il comportamento del responsabile dell’inquinamento, fino a che quest’ultimo non abbia eliminato il danno ambientale prodotto.