Sentenza di primo grado al processo Ilva “Ambiente svenduto”. Legambiente: «Ecogiustizia è fatta»

Vendola: «Mi ribello ad una giustizia che calpesta la verità» I difensori di Riva: «Sempre operato e prodotto rispettando tutte le normative vigenti»

[31 Maggio 2021]

«Una giuria di tutte donne ha emesso oggi una dura sentenza , ma nessuna aula di tribunale potrà risarcire del dolore versato dalle famiglie tarantine – sottolinea Angelo Bonelli dei Verdi – Nicola Riva condannato a 20 anni, Fabio Riva condannato a 22 anni, Lorenzo Liberti condannato a 15 anni, Girolamo Archina condannato a 21 anni e 6 mesi, Vendola Nicola condannato a 3 anni e 6 mesi. Confiscato lo stabilimento Ilva».

Per il procuratore facente funzione della procura della Repubblica di Taranto, Maurizio Carbone, la sentenza «Rappresenta un momento importante per la città di Taranto» e chiude «La prima fase di una delicata e complessa vicenda giudiziaria. E’ stato un percorso giudiziario lungo e travagliato, una strada in salita e con tanti ostacoli, ma oggi possiamo esprimere la nostra soddisfazione per questo primo importante risultato. Leggeremo con attenzione le motivazioni di questa sentenza che rappresenta una svolta storica sul piano giudiziario per la città di Taranto, e non solo».

L’ex presidente della Regione Puglia ed ex segretario di Sinistra ecologia e libertà, Nichi Vendola – condannato per concussione aggravata perché avrebbe esercitato pressioni sull’ex direttore generale di Arpa Puglia, Giorgio Assennato, perché “ammorbidisse” la posizione dell’Apap sulle emissioni nocive dell’Ilva –  non accetta la sentenza: «Mi ribello ad una giustizia che calpesta la verità. E’ come vivere in un mondo capovolto, dove chi ha operato per il bene di Taranto viene condannato senza l’ombra di una prova. Una mostruosità giuridica avallata da una giuria popolare che colpisce noi, quelli che dai Riva non hanno preso mai un soldo, che hanno scoperchiato la fabbrica, che hanno imposto leggi all’avanguardia contro i veleni industriali. Appelleremo questa sentenza, anche perché essa rappresenta l’ennesima prova di una giustizia profondamente malata. Sappiano i giudici che hanno commesso un grave delitto contro la verità e contro la storia. Hanno umiliato persone che hanno dedicato l’intera vita a battersi per la giustizia e la legalità. Hanno offerto a Taranto non dei colpevoli ma degli agnelli sacrificali. Noi non fummo i complici dell’Ilva, fummo coloro che ruppero un lungo silenzio e una diffusa complicità con quella azienda. Ho taciuto per quasi 10 anni difendendomi solo nelle aule di giustizia, ora non starò più zitto. Questa condanna per me e per uno scienziato come Assennato è una vergogna. Io combatterò contro questa carneficina del diritto e della verità».

In una nota congiunta firmata dal presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani, dal direttore di Legambiente Puglia Ruggero Ronzulli e dalla presidente del circolo tarantino del Cigno Verde Lunetta Franco, a commento della sentenza, si legge: «Si tratta di una sentenza storica per il popolo inquinato di Taranto che certifica che nel capoluogo ionico c’è stato un disastro ambientale, causato dalla proprietà dell’impianto, che la nostra associazione cominciò a denunciare già negli anni ‘80 quando lo stabilimento era ancora pubblico, e che ha procurato tanti malati e morti tra dipendenti e cittadini. Una sentenza così pesante conferma la solidità, da noi sempre evidenziata, delle perizie epidemiologica e chimica disposte dal gip Todisco. Con questa sentenza di primo grado possiamo dire che eco giustizia è fatta e che mai più si deve barattare la vita delle persone con il profitto ottenuto nel totale disprezzo delle leggi».

A Legambiente che era tra le parti civili al processo (come già lo era stata, in assoluta solitudine, per precedenti processi contro Ilva nel passato) sono state riconosciuti provvisionali di 20mila euro per l’associazione nazionale e 50mila euro per Legambiente Puglia e circolo di Taranto, tra le più alte disposte dai giudici.

Di opinione completamente diversa l’Avvocato Luca Perrone, difensore di Fabio Riva: «I Riva hanno costantemente investito ingenti capitali in Ilva al fine di migliorare gli impianti e produrre nel rispetto delle norme. Il totale degli investimenti erogati sotto la loro gestione ammonta a 4,5 miliardi di euro, di cui 1,2 miliardi di natura specificatamente ambientale. Cifre e numeri che sono stati certificati dal TAR e dalle due sentenze del Tribunale e della Corte di Appello di Milano di assoluzione piena perché i fatti non sussistono, perché non c’è stato dolo e perché gli investimenti realizzati sono stati veri e cospicui. Come inoltre ammesso dagli stessi periti, sotto la gestione dei Riva Ilva ha sempre operato e prodotto rispettando tutte le normative vigenti. Come anche certificato dall’Arpa, nel  corso della gestione Riva sono state adottate le migliori tecniche/tecnologie allora disponibili (Best Available Technology del 2005) e come sempre i Riva si sarebbero prontamente adeguati anche a quelle del 2012 nei quattro anni successivi previsti dalle normative. Si pensi che il Piano ambientale del gestore odierno ha un termine fissato al 2023 – che verrà tra l’atro probabilmente prorogato al 2025 – che corrisponde all’adeguamento alle stesse sopracitate Bat del marzo del 2012. Nella condotta della gestione Riva non c’è mai stata nessuna forma di dolo, ma solo lo sforzo continuo di adeguare gli impianti e il loro operato ai limiti sempre più stringenti delle normative ambientali, limiti – ripeto – sempre rispettati».

L’Avvocato Pasquale Annicchiarico, difensore di Nicola Riva ha ricordato che «Nicola Riva è stato Presidente solamente due anni, dal 2010 al 2012 e sotto la sua presidenza si sono raggiunti i migliori risultati ambientali della gestione Riva con valori di diossina e benzoapirene bassissimi che si collocano a meno della metà dei limiti consentiti dalla legge. Risultati straordinari dovuti agli investimenti quantificabili in oltre 4 miliardi di euro e alla gestione degli impianti sempre tesa al massimo rispetto delle normative ambientali».

Di diverso parere il sindaco di Taranto Rinaldo Melucci: «Credo che da oggi cambia tutto per questo Paese, cambia tutto per Taranto, per i diritti dei tarantini. Tutte le sofferenze che ci portiamo dietro finalmente vengono riconosciute dallo Stato italiano”, ha detto il sindaco di Taranto».