Eni «ritiene di essere intervenuta tempestivamente» e conferma la fiducia nella magistratura

Disastro ambientale in Val d’Agri: un arresto e 13 indagati. Il ministro Costa: «Chi inquina non resta impunito»

Legambiente: «Applicazione della legge sugli ecoreati come richiesto nel nostro esposto»

[23 Aprile 2019]

Le indagini della Procura di Potenza grazie alle quali i Carabinieri del Noe, funzionalmente dipendenti dal ministero dell’ambiente, hanno eseguito un’ordinanza di arresti domiciliari nei confronti di un dirigente dell’Eni spa, all’epoca dei fatti responsabile del C.O.V.A. di Viggiano (Potenza). Il procedimento penale, nel cui ambito è stata emessa la misura cautelare, riguarda, in qualità di indagati, non solo alcuni dirigenti della compagnia petrolifera, ma, anche, pubblici ufficiali facenti parte del CTR (Comitato Tecnico Regionale) della Basilicata il cui compito era quello di controllare, sotto il profilo della sicurezza e dei rischi ambientali, l’attività estrattiva dell’Eni.

Il ministro dell’ambiente Sergio Costa commenta: «Oggi è una giornata importante per la regione Basilicata e per la nostra attività di tutela dell’ambiente. Ancora una volta dimostriamo con i fatti che chi inquina non può restare e non resterà impunito. I miei complimenti quindi ai carabinieri del Noe e alla Procura della Repubblica di Potenza per le indagini che hanno portato all’accertamento dei responsabili della fuoriuscita di petrolio che, nel febbraio 2017, contaminò gravemente il reticolo idrografico della Val D’Agri. Questo è solo l’inizio di un’offensiva mirata contro chi inquina la Basilicata, e più in generale il nostro territorio. L’ambiente è di tutti e non faremo sconti a nessuno».

In una nota il ministero dell’ambiente ricorda che «Il procedimento penale riguarda non solo alcuni dirigenti della compagnia petrolifera, ma anche pubblici ufficiali facenti parte del CTR (Comitato Tecnico Regionale) della Basilicata, il cui compito era quello di controllare, sotto il profilo della sicurezza e dei rischi ambientali, l’attività estrattiva dell’Eni. In particolare sono indagate tredici persone fisiche ed una persona giuridica, l’Eni, per i reati di disastro, disastro ambientale, abuso d’ufficio, falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale.

Gli idrocarburi dispersi dal Cova si erano insinuati nella rete fognaria consortile, contaminando il reticolo idrografico della Val d’Agri, distante solo 2 chilometri dall’invaso del Pertusillo, fonte primaria di approvvigionamento di gran parte dell’acqua destinata al consumo umano della Regione Puglia, nonché la fonte da cui proviene l’acqua indispensabile per l’irrigazione di un’area di oltre 35mila ettari di terreno, incidente qualificato come rilevante dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. Al termine delle indagini è stato possibile constatare la contaminazione e la compromissione di 26mila mq di suolo e sottosuolo dell’area industriale di Viggiano e del reticolo idrografico, una situazione di incombente pericolo per uno dei più importanti bacini idrici dell’Italia meridionale, nonché la compromissione di una vasta area che si trova a cavallo degli impianti Eni e dell’invaso del Pertusillo. L’opera di bonifica dell’area contaminata, tuttora in corso, ha imposto di estrarre in modo continuo tutte le acque di falda dell’area e trattarle come rifiuto. Un’attività necessaria per impedire il diffondersi della contaminazione, che però ha portato a privare delle indispensabili risorse idriche una vasta area della Regione, con inevitabile gravi conseguenze sulla matrice ambientale».

Sulla vicenda intervengono anche Legambiente nazionale e quella della Basilicata insieme al circolo del Cigno Verde della Val d’Agri, che in una nota congiunta scrivono: «Chi ha inquinato e chi non ha controllato deve pagare». L’associazione ambientalista aveva denunciato tutto con un esposto penale nel 2017 dopo le dichiarazioni di Eni sugli sversamenti di petrolio dal centro oli di Viaggiano.

Il presidente nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani, ha dichiarato: «Siamo particolarmente soddisfatti che la magistratura e le forze dell’ordine si siano avvalse della legge 68/2015 che introduce nel codice penale i delitti di inquinamento, disastro ambientale e omessa bonifica, per fermare questa situazione del tutto inaccettabile in Val d’Agri. Per il risanamento dal disastro ambientale contestato dalla Procura chiediamo anche il riconoscimento della responsabilità oggettiva della società Eni».

Antonio Lanorte, presidente di Legambiente Basilicata, conclude: «Occorre ora definire immediatamente una strategia d’uscita dal petrolio in Basilicata: una liberazione graduale dall’arroganza delle società petrolifere di cui già si conosce la strada: la riconversione 100% rinnovabile del sistema energetico, con la dismissione graduale dei pozzi attivi e la transizione verso comparti produttivi moderni e sostenibili garantendo e incrementando il livelli occupazionali, la bonifica delle aree contaminate, il rafforzamento di un sistema di controllo e monitoraggio gestito dalla mano pubblica e un arresto immediato di qualsiasi ampliamento dei progetti di estrazione».

Che cosa ne pensa l’azienda di tutto questo? Abbiamo chiesto un commento a Eni, ecco la risposta: «Eni prende atto dei provvedimenti adottati dall’autorità giudiziaria nell’ambito dell’indagine sullo sversamento da un serbatoio del Centro Olio di Viggiano condotta dalla Procura di Potenza e che coinvolge alcuni dipendenti Eni. Eni ritiene di essere intervenuta tempestivamente e di aver posto in essere tutti i migliori interventi di Messa in Sicurezza di Emergenza (MISE) con l’obiettivo di contenere, perimetrare e rimuovere la contaminazione. Eni conferma la massima collaborazione con gli organi inquirenti e la fiducia nell’operato della magistratura».