La produzione di rifiuti torna a crescere, in linea con la media nazionale

A che punto è la gestione dei rifiuti urbani in Toscana

De Girolamo (Cispel): «Migliora il riciclo, ma mancano impianti per la gestione della frazione organica (infatti la esportiamo fuori regione) e per la termovalorizzazione»

[13 Dicembre 2019]

Luci ed ombre nei dati sulla Toscana contenuti nel consueto rapporto sui rifiuti urbani di Ispra – l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale del ministero dell’Ambiente – con dati riferiti al 2018. La produzione di rifiuti torna a crescere (+1,8%, pari a 40.000 tonnellate, e in linea con la media nazionale del +2%) dopo l’arretramento registrato nell’anno precedente; un dato comune peraltro a quasi tutte regioni italiane, pur in presenza di un moderato aumenti del Pil, che conferma la scelta prudente delle nostre previsioni per i prossimi anni e che fa riflettere sull’efficacia delle politiche di prevenzione messe in campo fino ad ora.

La Toscana si conferma la seconda regione per produzione pro capite di rifiuti (612 kg/ab/anno) dopo l’Emilia Romagna (660 kg/ab/anno). Forte presenza di assimilazione e flussi turistici spiegano questo dato, che non sembra cambiare anche a fronte del diffondersi dei sistemi di raccolta porta a porta. Cresce la raccolta differenziata, che balza al 56,1% – un incremento rispetto al 2017 del 2,1% inferiore solo a Marche (+5,3%), Sardegna (+3,9%), Abruzzo (+3,6%) ed Emilia-Romagna (+3,5%) – con ottimi risultati in molti centri medio piccoli, ma anche nel capoluogo regionale Firenze, come a Prato, Lucca e Pisa. Se siamo leggermente sotto la media nazionale come percentuale, siamo nelle prime posizioni per raccolta differenziata pro capite (344 kg/ab/anno contro una media nazionale di 291). Il tasso effettivo di riciclo dovrebbe quindi essere intorno al 45-48%, molto vicino al target del 50% al 2020.

Quanto agli impianti, invece, i dati sono meno positivi. La Toscana esporta 156.000 tonnellate di frazione organica differenziata fuori regione per mancanza di impianti, peraltro in regioni non limitrofe, pur disponendo di 16 impianti di compostaggio, mentre non decollano quelli di digestione anaerobica (in Toscana non ne esiste nessuno). Il flusso di rifiuti indifferenziati viene sostanzialmente gestito in impianti di selezione o Tmb, in tutto una decina, e che trattano poco meno di un milione di tonnellate di rifiuti urbani. La quantità di rifiuti trattati scende ogni anno con l’aumento delle raccolte differenziate ed è destinata a ridursi ulteriormente.

La termovalorizzazione riguarda poco più di 227.000 tonnellate di rifiuti, pari al 10% di quelli totali. Sono rimasti operativi solo cinque impianti. Un valore molto basso rispetto alle attese della nuova direttiva comunitaria (fra il 25 e il 35% del totale). Colma questo vuoto non tanto l’export quanto il ricorso alla discarica, usata per quasi 750.000 tonnellate e pari al 33% del totale, con valori in crescita negli ultimi anni (era il 31% nel 2016, il 32% nel 2017). Un dato preoccupante, molto lontano dall’obiettivo massimo del 10% in discarica al 2035 previsto sempre dalla normativa comunitaria.

Quanto ai costi del sistema, la Toscana presenta un costo ad abitante di circa 200 euro l’anno contro una media nazionale di 175, e un costo a tonnellata di 334 euro contro una media nazionale di 350. In sostanza migliora il riciclo, ma mancano impianti per la gestione della frazione organica (infatti la esportiamo fuori regione) e mancano impianti di termovalorizzazione, motivo per cui aumenta la quota in discarica.

Questi i punti su cui lavorare nei prossimi anni, con il prossimo presidente della Toscana e la futura giunta, auspicando la definizione di norme nazionali chiare e una regolazione da parte di Arera che punti a superare le inefficienze e incoraggi gli investimenti.

di Alfredo De Girolamo, presidente di Confservizi Cispel Toscana per greenreport.it