Abbattere l’inquinamento atmosferico fa bene anche all’economia, non “solo” alla salute

Covid-19 e ambiente, Cnr: “Impatti economici negativi, ma anche positivi se gestiti”

[21 Agosto 2020]

Abbattere l’inquinamento porta un significativo beneficio economico. È un dato – l’ultimo in ordine di tempo e in larga parte una conferma – che porta con sé l’emergenza Covid-19, emerso da uno articolo di approfondimento firmato da Francesca Gorini (Unità di Epidemiologia ambientale e registri di patologia, IFC CNR, Pisa) e Fabrizio Bianchi (Istituto Fisiologia Clinica Cnr – Pisa).

I due ricercatori osservano che “nell’ambito della crisi economica causata del Covid-19 non andrebbero trascurati gli impatti economici dell’inquinamento atmosferico. Infatti, sulla base di dati europei da misure satellitari dell’inquinamento e statistiche dell’attività economica regionale nell’Unione Europea nel periodo 2000-2015, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Oecd) ha stimato che l’aumento di 1 μg/m3 della concentrazione di Pm2,5 provoca una riduzione dello 0,8% del Pil reale nello stesso anno”. E quindi “Il 95% dell’impatto è dovuto a riduzioni della produzione per lavoratore, causato da un maggiore assenteismo sul lavoro o da una riduzione della produttività del lavoro. I risultati pertanto suggeriscono che le politiche pubbliche per ridurre l’inquinamento atmosferico possono contribuire positivamente alla crescita economica”.

Se, infatti, tutti i “benefici” portati dal lockdown sono effimeri, come ad esempio la previsione degli esperti che le emissioni periodiche di gas serra potrebbero scendere a livelli mai registrati dalla Seconda Guerra Mondiale (Global Carbon Project, 2020).- non saranno tale se avremmo imparato la lezione.

Per questo è fondamentale – ricordano i due ricercatori del Cnr – una “presa di consapevolezza e di iniziativa sui rischi globali e sulle loro conseguenze che ri/ponga al centro il problema dei cambiamenti climatici. In questo contesto si inserisce ad esempio la recente campagna lanciata da Legambiente “La carovana dei ghiacciai” che stimola a “mettere in campo misure e politiche ambiziose sul clima per arrivare a emissioni nette pari a zero al 2040, anziché al 2050 in linea con l’Accordo di Parigi, tema sul quale, purtroppo, non c’è ancora traccia nella discussione politica attuale del nostro Paese”. Il tema del clima è da tempo al centro della riflessione e dell’azione anche di Greenpeace, di Friday For Future e di molte altre associazioni e comitati impegnati a vari livelli. Sui grandi temi ambientali, si assiste dunque ad un progressivo consolidamento del legame tra scienza e cittadini più che tra scienza e stessi governi che la finanziano, per motivi comprensibili come quelli economici ma non per questo giustificabili”.

C’è poi un altro dato di grande interesse: l’aumento di acquisti online per la consegna a domicilio – come spiegano i ricercatori del Cnr – ha generato un ampio incremento dei rifiuti organici e inorganici, ed al contempo è stato registrato anche un aumento dei rifiuti sanitari. Basti pensare – proseguono – che gli ospedali di Wuhan hanno prodotto una media di 240 tonnellate di rifiuti sanitari al giorno durante l’epidemia, rispetto alla loro media precedente inferiore alle 50 tonnellate. In altri paesi come gli Stati Uniti, c’è stato un largo aumento di rifiuti derivati da dispositivi di protezione individuale come maschere e guanti (Calma, 2020) mentre sono stati interrotti i programmi di riciclo dei rifiuti in alcune città americane, per la preoccupazione sul rischio di diffusione del Covid-19 nei centri di riciclaggio.

In Italia, aggiungiamo noi, le cose non sono andate meglio: solo di guanti e mascherine secondo l’Ispra dall’inizio dell’emergenza fino alla fine dell’anno ne useremo fino a 450mila tonnellate. In Europa complessivamente la raccolta differenziata dei rifiuti è stata limitata e sempre l’Italia ha vietato ai residenti colpiti dall’infezione di smistare i propri rifiuti. Nello stesso periodo l’industria ha colto l’opportunità di abrogare i divieti di buste di plastica usa e getta, per quanto la plastica monouso possa ancora ospitare virus e batteri (Bir, 2020).

Quindi, se tra gli effetti indiretti che il nuovo coronavirus ha prodotto sull’ambiente, vi sono principalmente la riduzione dell’inquinamento atmosferico e acustico, – aggiungono Groini e Bianchi – vi sono altresì effetti negativi correlati all’aumento dei rifiuti domestici e sanitari (Zambrano-Monserrate et al, 2020). I rifiuti sanitari come maschere, guanti, farmaci usati o scaduti e possono essere facilmente mescolati con i rifiuti domestici mentre, al contrario, dovrebbero essere trattati come rifiuti pericolosi e smaltiti separatamente oltre a dover essere raccolti da operatori municipali specializzati o operatori di gestione dei rifiuti (UN Environment Programme, 2020). Lo stesso programma ambientale delle Nazioni Unite ha esortato i governi a trattare la gestione dei rifiuti come servizio pubblico urgente ed essenziale per ridurre al minimo le possibili conseguenze sanitarie e ambientali (ACRplus, 2020).

Ed ecco la conclusione: “Il Covid-19 produrrà effetti indiretti sia positivi che negativi sull’ambiente, con portata differenziata per tempo e modalità di accumulazione e stabilità, che rendono complessa la valutazione, perché impatti minori sul breve periodo potrebbero essere più seri a lungo termine e viceversa. Restano comunque gli imperativi di sanità pubblica ormai consolidati sulla base delle prove scientifiche: diminuire l’esposizione attuale delle popolazioni per proteggere la salute oggi e domani, anche da esacerbazione delle conseguenze di pandemie, come quella che stiamo vivendo, pur essendo consapevoli che tali riduzioni potrebbero non essere sufficienti ad incidere significativamente sui cambiamenti climatici in atto, ma sono comunque irrinunciabili. Per contro, la crisi pandemica causerà altri impatti sull’ambiente che possono durare più a lungo e si presentano di difficile risoluzione se non opportunamente gestiti da subito e affrontati in modo programmatico dai governi”.