Il Gme e la Fondazione sviluppo sostenibile di fronte ai limiti del sistema energetico italiano

Calano i consumi ma paghiamo di più: tutti i perché della bolletta energetica in Italia

La dinamica dell’energia si inserisce in quella delle materie prime, che non possiamo continuare a ignorare

[11 Luglio 2013]

La bolletta energetica cala in Europa, ma non in Italia. Nel 2012, il prezzo dell’elettricità per Megawattora si è impennato nel Bel Paese di circa il 4,5%, fermandosi a 75,5%, mentre in Francia è calato del 4%, in Spagna del 5,4%, in Germania del 16,7% e nell’area della Scandinavia addirittura del 33,7%. Nella relazione annuale del Gestore mercati energetici non si manca di affiancare a questo dato anomalo tutto italiano un altro ancora più insolito: i prezzi dell’elettricità in Italia aumentano, ma in consumi nel 2012 sono addirittura diminuiti, del 3,1%. La domanda scende, quindi, e il prezzo stranamente sale.

Oneri di sistema e dispacciamento, tasse, balzelli e addizionali hanno abbondantemente contribuito al gioco di prestigio. Ma il dato isolato riferito all’anno 2012 è poco significativo, se non inserito in un contesto più ampio. A ricomporre i tasselli del puzzle ci pensa la Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile nel corso del convegno I costi dell’energia in Italia, organizzato in preparazione degli Stati Generali della Green Economy 2013.

La  “bolletta energetica” pagata da famiglie e imprese in Italia è del 18% più alta rispetto alla media europea e allineare i prezzi dei prodotti energetici italiani (energia elettrica, gas e carburanti) a quelli medi europei vorrebbe dire risparmiare ogni anno 25 Mld di euro.

Il dossier stima una bolletta di gas, elettricità e carburanti pagata dagli italiani nel 2012 di oltre 160 Mld di euro e in crescita, anche a causa dell’aumento dei prezzi petroliferi, del 10% rispetto all’anno precedente, nonostante la contrazione dei consumi.

L’analisi iniziale evidenzia come le famiglie siano particolarmente penalizzate nei consumi di gas naturale, che pagano dal 24 al 35% in più della media europea (circa 300€/anno per famiglia), nonostante nel mercato all’ingrosso del gas i prezzi si stiano “europeizzando” anche per l’Italia. Le imprese, specie quelle medio-piccole, risentono invece degli alti costi dell’elettricità, dovendo fare i conti con un kWh dal 30% fino all’86% più caro della media europea, mentre al contrario risultano avvantaggiate proprio quelle con consumi più alti, che spendono per il gas fino al 9% in meno della media UE27.

In questo contesto, qual è il ruolo giocato dai combustibili fossili? In Italia soddisfano ancora l’82% della domanda interna, uno dei valori più alti in Europa che ha rappresentato il primo driver dell’aumento dei prezzi energetici negli ultimi anni: tra il 2000 e il 2012 i prezzi del petrolio sono aumentati di oltre il 200% (triplicati), quelli del carbone del 160% e del gas sul mercato europeo di circa il 300%.

A parità di consumi e al netto dell’inflazione la fattura pagata dall’Italia per l’import dei fossili è passata da metà degli anni ’90 a oggi da 20 a 65 Mld€. Se il mix energetico non cambierà a favore delle rinnovabili, in futuro questa somma è probabilmente destinata a salire ulteriormente. «La dipendenza dai fossili negli ultimi vent’anni è già costata al Paese 45  Mld di euro in più, tutti soldi dati all’estero – commenta Edo Ronchi, Presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile – e se non affrontata potrebbe portare a un ulteriore aumento della fattura nazionale  dell’import nei prossimi vent’anni da 3 a 12 Mld di euro».

Ma i prezzi dei prodotti energetici, da soli, non dicono tutto. Includendo nel computo ad esempio i sussidi che in Italia vengono pagati ai combustibili fossili, attraverso agevolazioni fiscali o quant’altro (e che, a differenze di quelli per le rinnovabili, non rientrano in bolletta), si aggiunge alla cifra iniziale un numero che va dai 2,1 Mld di euro/anno stimati dall’Ocse fino ai 9 miliardi di euro stimanti da Legambiente, passando per i 5,3 Mld di euro/anno valutati dal Fondo monetario internazionale. Una cifra non chiara ma certamente consistente, soprattutto se si pensa che a livello mondiale l’Iea stima nel 2012 in 523 Mld$ i sussidi dati, spesso in forma indiretta, alle fonti fossili, contro gli 88 Mld$ alle rinnovabili.

Il tutto, senza che nel conto finale dell’energia vengano adeguatamente contabilizzate le esternalità negative dovute all’utilizzo dei combustibili fossili.

La marea dei costi energetici continua così a salire, ma non possiamo farci abbagliare da questi numeri, credendo che rappresentino l’unico moloch da affrontare. Trascinati in alto anche dai costi energetici, continuano inesorabilmente a scalare posizioni anche i prezzi delle materie prime. «Se il costo del petrolio e pressoché quadruplicato nell’arco di un decennio – ricorda un rapporto dell’istituto di ricerca Ambiente Italia – una crescita analoga è stata registrata anche nel settore dei metalli. L’indice aggregato del costo dei minerali e dei metalli non ferrosi, ad esempio, è cresciuto del 70% tra il 2000 e il 2005 e del 140% tra il 2005 e il primo semestre 2011, con metalli come il piombo e il rame che nell’arco di un decennio hanno quintuplicato il loro prezzo. Un incremento spettacolare è stato registrato, con una forte accelerazione nel 2010, dai minerali di ferro, il cui valore è aumentato di oltre il 600% (a fronte di un incremento dei costi dei prodotti in acciaio di circa il 250%)».

Questo dovrebbe fortemente spingerci a ripensare non soltanto il ruolo della bolletta energetica in Italia, ma anche a quello dell’industria del riciclo e all’utilizzo di materie prime seconde, e alle dinamiche sui consumi nel loro insieme.

Nel suo complesso, dal 1999 al 2011 il prezzo delle risorse (in media) è cresciuto del 300%, e tenderà ancora a salire, spinto in alto dalla domanda di una popolazione mondiale in forte crescita. Senza prendere decisioni politicamente forti verso un utilizzo efficiente di materia e una riduzione socialmente sostenibile dei consumi materiali – nei contesti in cui è possibile – rischiamo di superare definitivamente i confini fisici di quest’unico pianeta dove ci è dato vivere, con conseguenze drammatiche (anche) per la nostra società. Dall’Italia, che storicamente soffre in particolar modo i prezzi elevati di energia e materia, potrebbe arrivare la spinta creativa per offrire esempi risolutivi alla comunità internazionale: è un impegno e una responsabilità nei confronti della realtà delle cose che ci è chiesto di onorare.