Carbon tax e giustizia sociale, Fmi: mix ottimale di politiche per proteggere il clima

I governi devono agire rapidamente per garantire una transizione giusta e favorevole alla crescita.

[8 Ottobre 2020]

Il Fondo monetario internazionale (FMI) è convinto che «Se lasciato incontrollato, il cambiamento climatico causerà perdite umane ed economiche che potrebbero essere catastrofiche, ma non è troppo tardi per cambiare le cose».

Nell’ultima edizione del World Economic Outlook, l’FMI evidenzia: «Anche se il mondo sta cercando di  riprendersi dalla crisi del Covid-19, gli strumenti di politica economica possono aiutare a raggiungere l’obiettivo delle emissioni net zero  entro il 2050» e dimostra che «Queste politiche possono essere attuate in modo da promuovere la crescita economica, l’occupazione e l’uguaglianza dei redditi».

Dal rapporto emerge che le politiche economiche possono contribuire in due modi principali alla lotta al cambiamento climatico: modificando la composizione dell’energia, passando dalle fonti ad alte emissioni a quelle low-carbon, e influenzando il consumo totale di energia, ma avverte che «I costi ei benefici associati alle diverse politiche sono determinati dal modo in cui utilizzano queste due leve. Ad esempio, una carbon tax aumenta il prezzo dei combustibili inquinanti, spingendo i consumatori di energia a passare a combustibili più verdi. Con l’aumento dei costi energetici a livello globale, diminuisce anche il consumo energetico totale. Al contrario, le politiche volte ad aumentare la disponibilità di energia verde e ad abbassarne il prezzo (sussidi o investimenti pubblici diretti nell’energia verde) aumentano la quota di energia low-carbon. Tuttavia, poiché generalmente abbassano il prezzo dell’energia, i sussidi all’energia verde continuano a stimolare la domanda totale di energia o, almeno, non la riducono».

L’ultima analisi del FMI indica che «Combinando carbon tax e politiche progettate per attutire gli effetti sui costi energetici per i consumatori, è possibile ridurre rapidamente le emissioni senza importanti conseguenze negative per L’occupazione. I Paesi dovrebbero iniziare promuovendo investimenti verdi, in particolare investimenti nei trasporti pubblici puliti, reti elettriche smart per integrare le energie rinnovabili nella produzione di elettricità e ammodernamento degli edifici per migliorare l’efficienza energetica».

Queste misure a favore delle infrastrutture verdi raggiungerebbero due obiettivi: primo, ravviverebbero il PIL globale e l’occupazione nei primi anni post-crisi Covi-19; secondo, le infrastrutture verdi migliorerebbero la produttività nei settori low-carbon, incentivando i privati a investire in questo ambito e facilitando la transizione verso prezzi del carbonio più elevati.

Dopo aver esaminato scenari e modelli, l’FMI conclude che «Dopo l’emersione dalla crisi, una strategia globale di mitigazione dei cambiamenti climatici potrebbe aumentare il PIL globale in media di circa lo 0,7% per i primi 15 anni e farebbe aumenterebbe le assunzioni per circa la metà del periodo, impiegando circa 12 milioni di persone in più in tutto il mondo. Se attuata, questa agenda metterebbe l’economia globale sulla strada della sostenibilità riducendo le emissioni e limitando il cambiamento climatico. In definitiva, ridurrebbe di circa la metà la perdita di reddito attesa per i cambiamenti climatici e garantirebbe una crescita del PIL reale a lungo termine dal 2050 in poi, ben al di sopra del percorso attuale».

Ma è lo stesso FMI ad avvertire che, sebbene abbiano vantaggi a lungo termine e inizialmente diano una spinta all’attività economica, queste politiche richiederanno un prezzo da pagare durante tutta la transizione: «Tra il 2037 e il 2050, la strategia di mitigazione ridurrebbe il PIL globale di circa lo 0,7% in media ogni anno e dell’1,1% nel 2050, rispetto ai livelli che sarebbero registrati se fossero mantenute le politiche attuali. Questi compromessi sembrano tuttavia ragionevoli, dato che si prevede che la produzione globale aumenterà del 120% entro il 2050. Gli ostacoli alla produzione potrebbero essere ulteriormente ridotti se le politiche climatiche favorissero l’evoluzione delle tecnologie pulite, ad esempio attraverso i sussidi a sostegno alla ricerca e sviluppo».

Inoltre, Il costo che il programma d’azione avrà sulla produzione durante la transizione varia notevolmente da Paese a paese: «Alcuni Paesi avanzati possono mostrare costi economici inferiori, o addirittura vantaggi, durante la transizione – evidenziano all’FMI – Considerando gli investimenti già realizzati nel campo delle energie rinnovabili, questi Paesi possono aumentarNe più facilmente il loro utilizzo ed evitare costi di adeguamento significativi. Tuttavia, i Paesi in rapida crescita economica o demografica (in particolare l’India) e la maggior parte dei Paesi produttori di petrolio dovranno affrontare costi economici più elevati a causa dell’abbandono di forme di energia a basso costo, come il carbone o il petrolio».

Ad avere maggiori probabilità di essere influenzate dall’aumento del prezzo del carbonio sono le famiglie a basso reddito perché spendono una quota relativamente ampia del loro reddito in energia e hanno maggiori probabilità di essere impiegate nella produzione o nei trasporti, settori ad alta intensità di carbonio. Ma all’FMI fanno notare che «I governi possono applicare varie politiche per limitare gli effetti negativi dell’aumento del prezzo del carbonio sulle famiglie. Primo, possono rimborsare, tramite trasferimenti, in tutto o in parte le entrate derivanti dal prezzo del carbonio. Ad esempio, gli studi del FMI hanno dimostrato che per garantire pienamente il consumo delle famiglie nel quarto decile di reddito, il governo degli Stati Uniti dovrebbe trasferire il 55% di tutte le entrate derivanti dal carbonio, mentre il governo cinese dovrebbe trasferire il 40%. Secondo, al fine di compensare le perdite di posti di lavoro nei settori ad alta intensità di carbonio, l’aumento della spesa pubblica, ad esempio per infrastrutture pubbliche pulite, potrebbe creare posti di lavoro in settori a basse emissioni di carbonio che spesso richiedono una quantità di manodopera piuttosto elevata,. La riqualificazione dei lavoratori contribuirà anche a facilitare la transizione verso settori low-carbon».