Cibo e clima, ecco come cambiare i nostri consumi può aiutare a far respirare il pianeta

Fondazione Barilla e Global footprint network: «Potremmo spostare l'Overshoot day in avanti di 32 giorni»

[20 Agosto 2020]

Una crisi globale come quella del clima si risolve solo con azioni collettive (e politiche), in grado di guidare i comportamenti individuali, ma iniziare dando il buon esempio è sempre una buona idea: come? Ad esempio partendo dal cibo che consumiamo ogni giorno, come mostra la Fondazione Barilla in vista dell’Earth overshoot day ormai alle porte (22 agosto).

«Insieme al Global footprint network – dichiara Marta Antonelli, direttore di ricerca della Fondazione Barilla – abbiamo stimato che ripensando il nostro approccio al cibo, eliminando gli sprechi alimentari, prediligendo alimenti stagionali, scegliendo prodotti sostenibili e seguendo diete più sane, bilanciate e a base vegetale potremmo spostare l’Overshoot day in avanti di 32 giorni». Una strategia che contribuirebbe in modo sensibili a migliorare non solo la salute del pianeta, ma anche quella umana.

Del resto, i sistemi alimentari che impieghiamo per nutrirci attualmente utilizzano il 50% della biocapacità del nostro pianeta, ovvero l’ammontare di risorse biologiche che gli ecosistemi della Terra sono in grado di rinnovare in un anno.

L’ultimo report pubblicato dall’Ipcc mettendo in relazione la crisi climatica con il consumo di suolo mostra chiaramente quali sono le dimensioni in gioco. Complessivamente, l’intero sistema alimentare contribuisce fino al 37% delle emissioni globali di gas serra. Dal 1960 il consumo di calorie pro capite è aumentato di circa un terzo, il consumo di carne è raddoppiato (mentre dovrebbe tornare a scendere sensibilmente, almeno nei paesi ricchi, per poter contenere il surriscaldamento globale entro i +2°C); l’uso di fertilizzanti chimici è aumentato di nove volte e le aree naturali convertite in agricoltura sono 5,3 milioni di kmq, corrispondenti a poco meno della superficie di tutta l’Europa continentale (esclusa la Russia Europea) con un consumo idrico per l’irrigazione pari al 70% del consumo umano totale di acqua dolce.

Allo stesso tempo, lo spreco alimentare pro capita è aumentato del 40% e corrisponde attualmente al 25-30% del cibo prodotto, che contribuisce all’ 8–10% delle emissioni del sistema alimentare; eppure a livello mondiale ci sono ancora 821 milioni di persone sono denutrite (una persona su 10) mentre 2 miliardi sono invece affette da obesità (2,5 persone su 10).

«Gli attuali sistemi alimentari, inoltre – continuano dalla Fondazione – richiedono alte quantità di energia e dipendono ancora molto dai combustibili fossili. Questa dipendenza è più alta per la produzione di alimenti di origine animale (in media, per produrre 1 caloria di prodotti di origine animale, servono circa 5,7 calorie di combustibile fossile). Molte colture viaggiano spesso su lunghe distanze prima di raggiungere i consumatori, visto che meno di 1/3 della popolazione mondiale riesce ad acquistare prodotti alimentari a base vegetale provenienti da una distanza inferiore a 100 km. Lo stesso vale per i mangimi e molti prodotti alimentari trasformati lungo la catena di approvvigionamento».

Il sistema agroalimentare italiano è più sostenibile di quello medio globale – dal settore arriva il 7% delle emissioni nazionali di gas serra e oltre il 90% di quelle di ammoniaca, con il contributo determinante degli allevamenti (80%) in entrambi i casi – ma c’è ancora molto da poter migliorare. E ognuno può dare il suo piccolo ma importante contributo, anche attraverso le scelte di consumo.

«L’Ue – concludono dalla Fondazione – ha elaborato la strategia From Farm to Fork per costruire un sistema alimentare resiliente, equo e sano. E se da una parte stakeholder e policy makers sono già scesi in campo, adesso è il momento che ognuno di noi dia il proprio contributo attraverso piccole scelte quotidiane» Per questo motivo, Fondazione Barilla ha elaborato 5 consigli semplici da applicare per spostare in avanti la data dell’Overshoot day: preferire alimenti a base vegetale; acquistare dagli agricoltori locali seguendo la stagionalità, accorciando la catena di approvvigionamento e sostenendo così l’economia del territorio; scegliere alimenti prodotti con pratiche agricole sostenibili; seguire regimi alimentari sani e sostenibili, come la dieta mediterranea.