Inizia oggi a Roma il XII Forum QualEnergia

Clima, con un’Italia a emissioni zero 640mila posti di lavoro in più

Zanchini (Legambiente): «Il Green new deal di cui abbiamo sentito parlare in questi mesi dal nuovo Governo Conte ancora non si vede, serve revisione del Piano energia e clima»

[3 Dicembre 2019]

I cambiamenti climatici possono rappresentare una condanna per l’Italia, oppure un’incredibile leva di sviluppo economico e occupazionale: l’alternativa dipende in larga misura dalle scelte che il Paese saprà mettere in campo, con l’unica certezza che se non arriveranno alla svelta a prevalere sarà lo scenario catastrofico. Nel 2018 infatti l’aumento della temperatura media globale rispetto al periodo 1961-1990 è stato di +0,98°C a livello globale, mentre in Italia è arrivato a quasi il doppio: +1,71°C.

Cosa possiamo perdere a causa della crisi climatica in corso già lo sappiamo. Guardando solo al lato economico del problema l’European institute on economics and the environment, in collaborazione con la Fondazione per lo sviluppo sostenibile e Italy4Climate, stima che l’Italia potrà perdere fino al 10% di Pil nella seconda metà del secolo, pari circa 130 miliardi di euro l’anno, accompagnati da un ulteriore peggioramento della situazione in termini di disuguaglianze territoriali.

Dati drammatici che potrebbero però diventare di tutt’altro segno, mettendo in campo da subito una strategia adeguata a perseguire la completa decarbonizzazione dell’economia italiana: secondo lo studio realizzato da Elemens per Legambiente, e presentato oggi a Roma per il lancio del XII Forum QualEnergia – organizzato come sempre dall’associazione ambientalista insieme all’editoriale Nuova ecologia e al Kyoto club – potrebbe puntare a un ritorno occupazionale pari a 640mila nuovi addetti tra diretti e indiretti attraverso il ciclo di investimenti, in particolare nell’efficienza energetica, ma anche nelle rinnovabili elettriche e termiche e nelle reti.

«Siamo in una fase di emergenza climatica che non ammette incertezze – spiega Gianni Silvestrini, direttore scientifico QualEnergia e Kyoto club – Non solo l’Italia deve alzare il suo obbiettivo al 2030 in coerenza con le nuove ambizioni europee, ma le politiche industriali, della mobilità, dell’edilizia, dell’agricoltura andranno riviste, in alcuni casi profondamente, per allinearle con un percorso di neutralità carbonica nell’arco di soli trent’anni. Temo che la nostra politica non abbia capito il messaggio».

Ad oggi infatti il Piano nazionale integrato clima energia (Pniec), che il Governo dovrà presentare all’Ue entro la fine dell’anno, prevede una riduzione delle emissioni di gas serra al 2030 di solo il 37%, al di sotto del traguardo europeo fissato al 40%, e con una proiezione al 2050 di appena il 64% (quando invece per rispettare l’Accordo di Parigi dovremmo avere emissioni nette zero). Gli scenari messi in fila da Legambiente sono invece molto più ambiziosi: zero@2040 e zero@2050, rispettivamente in grado di raggiungere emissioni nette zero al 2040 – anticipando così, gli impegni di riduzione delle emissioni secondo quanto previsto dall’Accordo di Parigi per i paesi industrializzati – ed emissioni nette zero nel 2050, secondo quanto previsto dalla Strategia climatica europea di lungo termine proposta dalla Commissione Ue. In entrambi i casi l’obiettivo si raggiunge grazie anche al contributo degli assorbimenti di CO2 del settore forestale – si parla infatti di emissioni nette zero – in modo da compensare le emissioni del settore industriale che presenta le maggiori difficoltà per una rapida decarbonizzazione.

In entrambi i casi lo scenario a medio termine prevede una riduzione delle emissioni del 60% già entro il 2030, contro il -37% prospettato dal Governo. Per raggiungere tali livelli di decarbonizzazione, secondo Legambiente è però indispensabile accelerare in 8 campi di azione descritti nello studio: semplificare le autorizzazioni, aprire alle comunità energetiche e all’integrazione del fotovoltaico in agricoltura, spingere sistemi di accumulo, efficienza energetica, elettrificazione delle città, potenziare di reti e interconnessioni, spingere biometano e l’eolico galleggiante.

«Il Green new deal di cui abbiamo sentito parlare in questi mesi dal nuovo Governo Conte –  conclude Edoardo Zanchini, vicepresidente nazionale di Legambiente – ancora non si vede in campo energetico. Eppure l’Italia può svolgere un ruolo da protagonista mettendo in campo un’azione climatica ambiziosa, coerente con l’obiettivo di fermare l’aumento delle emissioni entro 1.5°C, a partire da una revisione entro dicembre del Piano energia e clima. Lo studio che abbiamo presentato oggi dimostra che non esistono ragioni tecniche o economiche per rinviare ancora le scelte per uno scenario davvero ambizioso, perché abbiamo la fortuna di godere di risorse naturali che possono permetterci di arrivare a emissioni neutrali già al 2040. Il Governo deve rivedere gli obiettivi del Pniec, perché tra poco l’Europa ci chiederà di farlo visto l’impegno della nuova presidente della commissione Von der Leyen, e perché avremmo tutto da guadagnarne in termini di uscita dalla crisi e di rilancio industriale e occupazionale. Su questi campi di intervento chiediamo da subito un impegno perché l’Italia e il clima non possono più aspettare».