Come promuovere (davvero) l’economia circolare? Da Assoambiente 5 proposte economiche

Testa: «Nuovi strumenti economici e incentivi che guidino i mercati e gli operatori verso gli obiettivi ambientali e la gerarchia nella gestione dei rifiuti indicati dall’Ue»

[25 Febbraio 2021]

Una strategia in cinque mosse per rendere più circolare l’economia, utilizzando le risorse europee (Next generation Eu e fondi strutturali) per finanziare strumenti economici di mercato a sostegno: è questa la proposta che Assoambiente – ovvero l’associazione delle imprese di igiene urbana, riciclo, recupero e smaltimento di rifiuti urbani e speciali ed attività di bonifica – avanzerà nelle prossime settimane al Governo Draghi, e che sono state presentate stamani in anteprima nel corso del webinar Strumenti economici per l’economia circolare e la gestione dei rifiuti.

Adesso che la transizione ecologica è stata annunciata dal Governo Draghi come una priorità, resta infatti un dettaglio: calarla finalmente dall’iperuranio delle idee per passare alla messa a terra degli investimenti e delle buone pratiche. Per quanto riguarda l’economia circolare questo significa partire a monte, dalla gestione dei flussi di materia e dall’ecodesign dei prodotti, ma anche rispondere a una domanda che resta ineludibile: come gestire gli oltre 173 milioni di rifiuti che produciamo ogni anno, tra urbani e speciali, secondo la gerarchia indicata dall’Ue.

Per farlo occorre un quadro normativo chiaro e coerente con questa gerarchia – che dalla prevenzione passa a riuso, recupero di materia, recupero di energia e smaltimento finale –, sostenuto da adeguati incentivi economici. Come si sostiene la rinnovabilità dell’energia così dovrà essere anche per la rinnovabilità della materia. Già qui emerge il primo di molti paradossi, perché ad oggi non c’è nessun incentivo per il riciclo.

«Affinché il Programma nazionale sui rifiuti possa realmente mettere le gambe – osserva Chicco Testa, presidente Assoambiente – oltre agli investimenti per adeguare la dotazione impiantistica nazionale oggi deficitaria, occorrono anche, e soprattutto, nuovi strumenti economici e incentivi che guidino i mercati e gli operatori verso gli obiettivi ambientali e la gerarchia nella gestione dei rifiuti indicati dall’Ue, mutuando le esperienze di successo in campo energetico.  Le risorse europee possono essere utilizzate per finanziare strumenti economici di mercato, aperti a tutti gli operatori, seguendo la positiva esperienza degli Ecobonus in edilizia, automotive e Industria 4.0».

I cinque pacchetti di misure proposti da Assoambiente ruotano attorno a questi pilastri: rivedere la Tari, passando dal tributo alla tariffa; rafforzare la responsabilità estesa del produttore (Epr); incentivare il riciclo introducendo i “Certificati del riciclo”; confermare incentivi al biometano e recupero energetico per i soli scarti non riciclabili; ripensare la tassazione ambientale, penalizzando il conferimento in discarica.

La Tari, ad esempio: «È il principale strumento economico del settore rifiuti urbani, con un gettito di circa 11 miliardi di euro l’anno a carico di cittadini ed imprese. È un tributo locale regolato male che non genera corrispettivi adeguati per i gestori in un quadro di certezza. Al tempo stesso la Tari non lancia segnali di incentivo agli utenti, trattandosi di un tributo che si paga senza nessuna correlazione con le attività di prevenzione e raccolta differenziata». Da qui la volontà di sostenere il passaggio alla tariffa puntuale (presente ad oggi solo nel 9,5% dei Comuni), ben sapendo però che di per sé non si tratta di una panacea: basti osservare il frequente dilagare di numerose mini-discariche abusive quando viene introdotta, come nel caso del porta a porta spinto. Entrambi strumenti utili ma in contesti adeguati.

Per quanto riguarda l’Epr si parte invece dalla consapevolezza che oggi «il “contributo Conai” ai Comuni per la copertura dei costi di raccolta differenziata è pari a circa 500 milioni di euro, circa il 4% del totale dei ricavi, una dimensione insufficiente». Partendo dalle modifiche legati al recepimento delle ultime direttive Ue in materia – che puntano a coprire l’80-100% dei costi efficienti di raccolta, trasporto e trattamento dei rifiuti, ma pure di prevenzione e informazione –, Assoambiente propone anche di estendere l’applicazione dell’Epr ad altri flussi di rifiuto «come ad esempio i prodotti tessili, le plastiche non di imballaggio (es. giocattoli), i mobili e gli arredi: oggi la responsabilità del produttore copre poco più di ¼ delle raccolte differenziate».

Guardando all’annoso problema della mancata incentivazione del riciclo, l’Associazione afferma la possibilità di introdurlo «attraverso “Certificati del riciclo” (per ogni una tonnellata di imballaggio)» oltre a riaffermare l’importanza di antiche proposte come «sostenere la domanda con aliquota Iva ridotta per i prodotti realizzati con beni certificati riciclati e rafforzare gli acquisti verdi da parte delle Pa».

Per quanto riguarda invece il recupero energetico, Assoambiente punta sia a «confermare gli incentivi per il biometano oltre il 2022», sia al più generale «mantenimento degli incentivi al Waste-to-energy (Wte)» che «deve servire a sostenere anche economicamente le alternative allo smaltimento». Ma parlando ad esempio d’inceneritori, impianti importanti per recuperare energia da quei rifiuti non riciclabili, al momento continua ad apparire paradossale incentivarne l’impiego soprattutto a fronte di una cronica carenza di incentivi al riciclo. Qui – come per moltissime altre tipologie d’impianti – il problema sembra piuttosto l’incapacità di installarne di nuovi e più moderni a fronte del proliferare di sindromi Nimby e Nimto.

Infine, Assoambiente sottolinea la necessità di ripensare la tassazione ambientale, penalizzando il conferimento in discarica: «Abolire la tassa provinciale sui rifiuti (quota parte della Tari) e l’addizionale sulla raccolta differenziata, rivedere al rialzo l’ecotassa sul conferimento in discarica o per l’invio all’estero, confermare la tassazione sulla plastica, ma solo su quella non riciclabile».