Comunità energetiche autarchiche, l’Università di Pisa ci crede e lancia il progetto Autens

L’utilizzazione deve essere realizzata «con sole fonti rinnovabili da produrre in loco attraverso energia solare, eolica, geotermica e da biomasse». Ma questo significa (anche) stravolgere le abitudini quotidiane: siamo pronti?

[24 Settembre 2020]

Un insieme di comunità energetiche alimentate (solo) da energie rinnovabili prodotte e consumate in loco, senza multinazionali o combustibili fossili di sorta con cui fare i conti: sembra l’orizzonte ideale della sostenibilità, ma una prospettiva così radicalmente autarchica comporta anche dei costi – non solo in termini di investimenti economici, ma anche sociali e psicologici – da sopportare. Saremmo pronti a un salto del genere? Per scoprirlo l’Università di Pisa ha appena lanciato il progetto Autens, totalmente finanziato dall’Università di Pisa (a proposito di autarchia) nell’ambito del programma PRA 2020.

L’acronimo sta per Autarchia Energetica Sostenibile, e punta alla creazione di comunità energetiche autonome, in cui l’approvvigionamento energetico è garantito da fonti totalmente rinnovabili, ma, soprattutto, la domanda di energia si deve adattare alle risorse disponibili al momento.

«Nel paradigma attuale – spiega Giuseppe Anastasi, docente di Ingegneria informatica e responsabile scientifico del progetto – a fronte di un fabbisogno di energia (ad esempio, produzione oraria di acqua calda a una certa temperatura), si progetta un sistema energetico che lo soddisfi. Nella prospettiva dell’autonomia energetica è necessario invece rovesciare questo paradigma e prevedere uno scenario in cui sarà necessario adattare le richieste di energia degli utilizzatori (anche negoziando i consumi per usi civili con quelli per uso industriale) con le risorse energetiche disponibili, in termini sia di consumi complessivi che di distribuzione oraria».

Autens propone dunque un percorso che si riflette in quello delle comunità energetiche previste all’art. 22 della Direttiva europea 2018/2001, che attende ancora di essere recepita in Italia. Se ad oggi la normativa nazionale sull’autoconsumo di energia prevede che la produzione e il consumo debbano essere sullo stesso sito e che in un sistema di autoconsumo non vi possano essere più di un consumatore e di un produttore, le comunità energetiche ampliano di molto il raggio d’azione: si tratta di cittadini, imprese o enti pubblici che si associano volontariamente e liberamente, producono e scambiano energia, partecipando alla gestione di impianti di produzione, ai sistemi di stoccaggio, alle reti di distribuzione in modo autonomo.

Secondo gli ambientalisti di Legambiente queste comunità energetiche «devono essere al centro del recovery plan italiano», e qualcosa in effetti inizia a muoversi: la scorsa settimana il ministro dello sviluppo economico, Stefano Patuanelli, ha firmato il decreto attuativo che definisce la tariffa con la quale si incentiva la promozione dell’autoconsumo collettivo e le comunità energetiche da fonti rinnovabili. Si tratta di una misura che rende operativo quanto stabilito nel dicembre 2019 con il decreto Milleproroghe sui progetti sperimentali di comunità energetiche, ispirandosi a una proposta avanzata proprio da Legambiente e Italia Solare con l’obiettivo di anticipare la direttiva europea 2018/2001.

Se questo è il contesto nazionale, all’Università di Pisa spingono con ancor maggiore decisione sull’acceleratore dell’autarchia. Autens prevede infatti la formazione di “comunità energeticamente autarchiche”, che aggreghino gruppi di edifici di vario tipo (abitazioni, edifici commerciali e industriali) e siano provviste di sistemi elettrici e termici alimentati da sole fonti rinnovabili prodotte localmente e che lavorano in sinergia. Questo richiede una stretta integrazione di tecnologie ICT, intelligenza artificiale e scienze sociali.

«Intendiamo esaminare situazioni in cui non è possibile, o sostenibile, fruire della rete elettrica e del gas – aggiunge Marco Raugi, docente di Elettrotecnica dell’Ateneo – e quindi l’utilizzazione di energia di una “comunità energetica” deve essere realizzata con sole fonti rinnovabili da produrre in loco attraverso energia solare, eolica, geotermica e da biomasse. Il progetto si propone anche la realizzazione di alcuni dimostratori per misurare le prestazioni di componenti come i pannelli solari ibridi termici/fotovoltaici, gli impianti a pompa di calore geotermica, gli accumuli a cambiamento di fase, e l’implementazione di un sistema di monitoraggio e controllo con algoritmi di machine learning».

La sfida è quella di modificare le abitudini di consumo degli appartenenti alle comunità in modo radicale in nome della sostenibilità e dell’adattamento alle disponibilità del pianeta: «Per questo motivo – dettaglia Raugi – Autens avvierà anche una indagine socio-economica per tracciare vari profili di esigenze energetiche elettriche e termiche e comprendere l’accettabilità sociale degli scenari di autarchia energetica prefigurati, inclusa la disponibilità a cambiamenti negli stili di consumo energetico a fronte di una disponibilità di energia limitata e della negoziazione con i consumi per le attività produttive. Siamo consapevoli delle grosse implicazioni culturali di questo progetto – conclude il professore – che esige un cambio di ottica e stile di vita radicali, e l’accettazione che l’energia non può più essere disponibile in ogni momento e per tutti, ma la domanda si deve adattare alla produzione attuale e a tutte e richieste della propria “comunità”».