Con la cultura si mangia: in Italia gli occupati sono oltre 1,5 milioni

Realacci: «Cultura e creatività sono la chiave di volta in tutti i settori produttivi di un’Italia che fa l’Italia, e cresce il loro ruolo nell’economia»

[8 Marzo 2019]

La cultura è uno dei motori trainanti dell’economia italiana, uno dei fattori che più esaltano la qualità e la competitività del made in Italy: secondo l’ultima edizione del rapporto “Io sono cultura” presentato ieri a Milano da Symbola e Unioncamere, il Sistema produttivo culturale e creativo – fatto da imprese, Pa e no profit – genera più di 92 miliardi di euro e ‘attiva’ altri settori dell’economia, arrivando a muovere, nell’insieme, 255,5 miliardi, equivalenti al 16,6% del valore aggiunto nazionale. Dati (aggiornati al 2017, ndr) tra l’altro in crescita: gli occupati ad esempio sono 1.520.000 con una crescita dell’1,6%, superiore a quella del complesso dell’economia (+1,1%).

«Cultura e creatività sono la chiave di volta in tutti i settori produttivi di un’Italia che fa l’Italia – commenta Ermete Realacci, presidente della fondazione Symbola – e cresce il loro ruolo nell’economia. La bellezza è uno dei nostri punti di forza. Tanto che, secondo un’indagine della rivista US News e dell’Università della Pennsylvania, siamo addirittura il primo Paese al mondo per la influenza culturale. Un primato legato anche alla nostra capacità di trasmettere cultura e bellezza nelle produzioni e al nostro soft-power. Proprio questo intreccio caratteristico dell’Italia, tra cultura e manifattura, coesione sociale e innovazione, competitività e sostenibilità, rappresenta un’eredità del passato ma anche una chiave per il futuro».

Arrivato ormai all’ottava edizione, il nuovo report Io sono cultura emerge con chiarezza quanto il ‘sistema Italia’ debba a cultura e creatività. Il Sistema produttivo culturale e creativo italiano conta, a fine 2017, 414.701 imprese, che incidono per il 6,7% sul totale delle attività economiche del Paese. Di che cosa si tratta, nello specifico? Il rapporto analizza tutte quelle attività economiche che producono beni e servizi culturali, ma anche tutte quelle attività che non producono beni o servizi strettamente culturali, ma che utilizzano la cultura come input per accrescere il valore simbolico dei prodotti, quindi la loro competitività, che nello studio definiamo creative-driven: del resto, dal mobile alla nautica, larga parte della capacità del made in Italy di competere nel mondo sarebbe impensabile senza il legame con il design, con le industrie culturali e creative.

Più nel dettaglio, le industrie culturali producono, da sole, 33,6 miliardi di euro di valore aggiunto (il 2,2% del complessivo nazionale), dando lavoro a 488mila persone (1,9% degli addetti totali). Contributo importante anche dalle industrie creative, capaci di produrre 13,4 miliardi di valore aggiunto, grazie all’impiego di quasi 261mila addetti. Le performing arts generano, invece, 7,9 miliardi di euro di ricchezza e 141mila posti di lavoro; a conservazione e valorizzazione del patrimonio storico-artistico si devono 2,8 miliardi di euro di valore aggiunto e 51mila addetti. A questi quattro ambiti, che rappresentano il cuore delle attività culturali e creative, si aggiungono i rilevanti risultati delle attività creative-driven: 34,5 miliardi di euro di valore aggiunto (il 2,2% del complessivo nazionale) e più di 579mila addetti (2,3% del totale nazionale).

Approfondendo l’analisi è interessante individuare le varie componenti che contribuiscono alla produzione di ricchezza in ciascun settore culturale. Le performance più rilevanti, all’interno delle industrie creative, appartengono al sottosettore del design (che produce 8,6 miliardi di euro di valore aggiunto insieme all’architettura; lo 0,6% del valore complessivo) e della comunicazione (4,8 miliardi di euro, lo 0,3%). Ad alimentare la ricchezza prodotta dalle industrie culturali, invece, vi sono il comparto dell’editoria e stampa (da cui deriva lo 0,9% del valore aggiunto nazionale, corrispondente a 13,8 miliardi di euro) e quello dei videogiochi e software (0,8%, pari a 12 miliardi di euro). Due filiere che, insieme, fruttano 25,8 miliardi di euro all’economia italiana.