Il settore si scontra però con la mancanza di impianti per gestire gli scarti del riciclo

Da Alia e Relife nasce ReAl: si rafforza l’economia circolare della carta in Toscana

L’obiettivo è produrre materiali per il riciclo a partire da circa 150.000 tonnellate all’anno di rifiuti cellulosici provenienti dal bacino dell’Ato Toscana Centro

[8 Novembre 2019]

Nel 2018 sono state 3,4 milioni le tonnellate di carta e cartone raccolte sul territorio nazionale, un dato che continua a crescere (+4% sul 2017) ma che rappresenta solo il primo step per un’economia circolare del settore: i materiali raccolti vanno infatti ulteriormente selezionati per poi essere avviati a recupero, con le cartiere che sotto questo profilo rappresentano dei veri e propri impianti di riciclo. La filiera della carta produce un biomateriale che viene poi riciclato dallo stesso comparto con un tasso di circolarità del 55% (ovvero ogni 100 tonnellate di carta prodotta 55 sono realizzate con carta da riciclare), con eccellenze nel settore imballaggi che innalzano il tasso di riciclo all’80%. Una filiera che in Toscana – dove vive uno dei poli cartari più importanti d’Europa – si rafforza grazie alla nascita dai ReAl, società appena costituita da Alia e Relife e presentata ieri a Ecomondo.

L’obiettivo è produrre materiali per il riciclo a partire da circa 150.000 tonnellate all’anno di rifiuti cellulosici provenienti dal bacino dell’Ato Toscana Centro, dove Alia – quinto player italiano di settore, interamente pubblico – rappresenta il gestore unico dei servizi d’igiene urbana; Relife rappresenta invece il gruppo industriale nato dall’aggregazione di Benfante e della cartiera di Bosco Marengo. «Con ReAl – dichiarano da Alia e Relife – si realizza una filiera di riciclaggio tecnologicamente all’avanguardia: un polo di riciclo di ultima generazione orientato alle esigenze delle cartiere, degli scatolifici, degli utilizzatori del territorio e al prodotto finale. Questa filiera sarà fortemente orientata allo sviluppo concreto dell’economia circolare, nella Regione con il distretto cartario più importante d’Europa».

Una buona notizia per l’intero settore, che nel suo complesso si trova però a scontare un amaro paradosso: riciclare di più significa risparmiare materie vergini ma anche produrre più scarti dal processo di riciclo, che richiedono un trattamento adeguato per il quale però non ci sono abbastanza impianti.

«A fronte degli oltre 5,5 milioni di tonnellate di carta realizzate con carta da riciclare – ricorda sempre da Ecomondo Massimo Medugno, direttore generale di Assocarta – ogni anno vengono anche prodotte 300 mila tonnellate di scarti di riciclo (in un rapporto di 1:17) che andrebbero recuperate mediante termovalorizzazione. Tuttavia esiste un solo impianto dedicato in Umbria, mentre un secondo impianto sito in Lombardia non viene utilizzato in maniera costante, mentre recuperare energia da tutti gli scarti significherebbe chiudere il ciclo del riciclo e ridurre l’impiego di fonti fossili: per questo non solo è necessario incrementare la qualità della raccolta differenziata, ma anche costruire impianti per trattare gli scarti dal riciclo che sono del tutto simili ai rifiuti urbani, e come tali, dovrebbero essere trattati, avviandoli in via prioritaria negli impianti regionali».

E i problemi non finiscono qui: per quanto riguarda più prettamente la fase di riciclo, la filiera della carta si è espressa positivamente sull’emendamento per l’End of waste approvato in Commissione al Senato lo scorso 31 ottobre, che consente l’operatività delle autorizzazioni regionali – caso per caso – sulla base dei nuovi criteri europei. Tuttavia, il meccanismo introdotto di controllo a campione, centralizzato a livello ministeriale per le decisioni, della conformità delle modalità operative e gestionali degli impianti di riciclo – numerosi e in genere di piccole e medie dimensioni – autorizzati dalle Regioni, rischia di essere di difficile attuazione e di scarsa efficacia, di generare incertezza sull’efficacia delle autorizzazioni rilasciate e di aggiungere complicazioni alle attività di riciclo.

«Non ci sono impianti sufficienti per la gestione dei rifiuti anche per mancanze in materia di programmazione – conclude Medugno – e i procedimenti autorizzativi sono, ormai, una variabile a parte. Non siamo nelle sabbie mobili, ma immobili».