Decreto Semplificazioni, un’occasione persa per End of waste e riciclo rifiuti

L’ex ministro dell’Ambiente Edo Ronchi: «Come mai non è stata dedicata alcuna attenzione alla semplificazione del riciclo dei rifiuti?»

[14 Luglio 2020]

«Nel pacchetto per il rilancio dell’economia è stata dedicata grande attenzione alle semplificazioni, con numerose nuove norme che investono quasi tutti i procedimenti amministrativi. Come mai non è stata dedicata invece alcuna attenzione alla semplificazione del riciclo dei rifiuti?». A chiederselo è Edo Ronchi, già ministro dell’Ambiente che con l’omonimo decreto del 1997 ha imposto una svolta al settore e oggi è alla guida della Fondazione per lo sviluppo sostenibile.

Il dito, ancora una volta, va nella piaga dell’End of waste, ovvero la disciplina giuridica riguardante la cessazione della qualifica di rifiuto al termine di un processo di recupero: un passaggio indispensabile affinché i materiali riciclati possano effettivamente tornare sul mercato.

Per superare lo stallo che aveva messo in allarme tutto il mondo dell’economia circolare italiana a partire dalla nota sentenza 28 febbraio 2018 n. 1229 emessa dal Consiglio di Stato, dal Governo la soluzione – non senza difficoltà – è arrivata attraverso il decreto sulle Crisi aziendali, poi convertito dalla legge n. 128 del 2 novembre 2019. Ma in realtà ancora oggi sono molti i nodi rimasti scoperti.

«Le modalità vigenti in Italia per la regolazione End of wastericorda al proposito Ronchisono due: quella dei decreti ministeriali e quella delle autorizzazioni regionali, caso per caso. La via dei decreti ministeriali è stata resa in Italia lunga e complicata: l’iter dell’ultimo decreto del Ministero dell’ambiente sul riciclo della gomma vulcanizzata granulare degli pneumatici, in attesa di pubblicazione, è durato 6 anni. Ve ne sono ora in lista d’attesa altri 15, alcuni da un bel po’ di anni: il decreto per il riciclo dei rifiuti da costruzione e demolizione, quello per il riciclo della carta da macero, quello del pastello di piombo, dei rifiuti di gesso, dei rifiuti inerti da spazzamento strade, del pulper, quello relativo a bioremediation e soil washing per il recupero dei terreni sottoposti a bonifica, per gli oli alimentari esausti, per il vetro sanitario, per i fanghi da forsu e per la produzione di olii, per il vetroresina, per le plastiche miste con recupero meccanico, per le plastiche miste con recupero chimico, per le ceneri da altoforno e per i residui da acciaieria. Salvo i primi due che hanno già atteso per anni, con le procedure attuali chissà quando gli altri decreti arriveranno in Gazzetta».

Di fatto dunque la strada per chiudere il cerchio delle normative End of waste è ancora molto lunga: negli ultimi sette anni sono solo tre i decreti ministeriali finora emanati nel merito (compreso quello sui Pfu).

«La legge 128 del novembre dello scorso anno – continua Ronchi – ha stabilito che le Regioni, nei casi non regolati a livello europeo o con decreto nazionale, possano autorizzare, caso per caso, attività di riciclo che comportino la cessazione della qualifica di rifiuto, applicando le condizioni e i criteri dettagliati stabiliti da una direttiva europea. La nuova legge, oltre a fare così un passo avanti, ne ha fatto però anche uno indietro: ha aggiunto ai controlli ordinari già vigenti su tali autorizzazioni e sul loro rispetto, un ulteriore regime, speciale e macchinoso, di controlli di secondo livello. Tale nuovo regime – non previsto dalla direttiva europea in materia, né da altri Stati europei e senza precedenti in Italia – anziché semplificare, rende le autorizzazioni per le attività di riciclo più complicate di quelle per lo smaltimento dei rifiuti. L’autorizzazione End of waste rilasciata dalla Regione, con queste norme, viene, infatti, sottoposta, a campione, a un ulteriore complessa e lunga verifica che potrebbe portare a un suo annullamento, generando incertezza sull’efficacia delle autorizzazioni rilasciate, allungando i tempi e scoraggiando, anziché promuovere, nuovi investimenti».

Dopo le imprese di settore lo stesso Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (Snpa), del resto, a inizio anno ha messo in evidenza i grandi problemi di una procedura così barocca per l’End of waste. In quell’occasione il Snpa ha definito «critico» il sistema dei controlli ambientali che la legge 128 delinea, a causa di «un approccio eccessivamente burocratizzato. Sotto questo profilo pertanto la norma non pare rispondere in pieno a quella richiesta “di certezza delle regole” avanzata da più parti». Eppure dopo oltre sei mesi questa spinta all’eccessiva burocratizzazione non è stata ancora intaccata, lasciando presagire ulteriori difficoltà.

Come sottolinea Ronchi infatti «queste norme (come si evince chiaramente dalle Linee guida applicative pubblicate dal sistema Snpa-Ispra e Arpa) attribuendo a un organo tecnico-strumentale – Ispra e Arpa – la possibilità di contestare una decisione politica-amministrativa delle Regioni e di proporne l’annullamento al Ministero dell’ambiente, generano anche potenziali conflitti con le Regioni e alimentano ricorsi ai Tar».