Urge una pianificazione seria ed efficace degli impianti necessari sui territori

Economia circolare, con le direttive Ue i rifiuti urbani da gestire crescono del 30%: ecco perché

Il laboratorio Ref Ricerche ha pubblicato un'analisi di come sta andando, per il nostro Paese, il recepimento: importanti novità in arrivo per i rifiuti assimilati

[25 Giugno 2020]

Il laboratorio Ref Ricerche ha pubblicato un’analisi di come sta andando, per il nostro Paese, il recepimento delle direttive Ue sull’economia circolare approvate nel 2018. Molte le novità, una delle più significative è quella della ridefinizione di “rifiuto urbano”. La Direttiva 851/2018 – spiega il Ref – modifica l’Art.183 del D.Lgs. n.152/20061 e definisce come “urbani”: i rifiuti domestici indifferenziati e da raccolta differenziata, ivi compresi: carta e cartone, vetro, metalli, plastica, rifiuti organici, legno, tessili, imballaggi, rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, rifiuti di pile e accumulatori e rifiuti ingombranti, ivi compresi materassi e mobili; i rifiuti indifferenziati e da raccolta differenziata provenienti da altre fonti che sono simili per natura e composizione ai rifiuti domestici indicati nell’allegato L-quater prodotti dalle attività riportate nell’allegato L-quinquies.

Il Ref spiega che la classificazione di “rifiuti urbani” come rifiuti domestici “non presenta novità sostanziali”, mentre i rifiuti urbani “provenienti da altre fonti” vengono indicati per qualità in analogia agli urbani e per provenienza da un elenco di attività tipicizzato. In questo modo, ed ecco la novità, “verrebbe dunque a cessare l’assimilazione ad oggi operata attraverso regolamento da parte dei Comuni, ai sensi dalla Deliberazione del Comitato interministeriale del 27 luglio 1984”.

Guardando ai due Allegati, L-quater e L-quinquies, se ne deduce che i rifiuti assimilati sono quei rifiuti prodotti dalle utenze non domestiche, simili per natura e composizione ai rifiuti domestici e producibili da ciascuna delle 30 categorie di attività economica già oggi assoggettate al pagamento della TARI2 . Verrebbero dunque meno anche i limiti quantitativi disciplinati ai sensi dell’Art.198, comma 2, lettera g).

Del resto, è utile ricordarlo, già il TUA prevedeva che un decreto del Ministero dell’Ambiente, d’intesa con il Ministero dello Sviluppo Economico, dovesse chiarire a armonizzare le logiche di assimilazione. Tale decreto, come noto, non è stato mai emanato.

Conseguenze? Con la nuova definizione di rifiuto urbano, territori con criteri di assimilazione meno estensivi si avvicinerebbero a territori, come l’Emilia-Romagna o la Toscana, che già oggi esercitano un presidio più ampio. Le nostre stime – spiega il Ref – indicano che laddove tutte le regioni dovessero allinearsi ai tassi di assimilazione di una regione come l’Emilia-Romagna o la Toscana, la produzione di rifiuti urbani in Italia potrebbe aumentare del 25-30% (portandosi a 38 milioni di tonnellate/anno), in ragione di un aumento del contributo offerto dai rifiuti assimilati attesi passare dai 9,8 a 17,8 milioni di tonnellate/anno. A questo punto, se così sarà, si farà ancora più stringente la necessità di una pianificazione seria ed efficace degli impianti necessari per affrontare la gestione integrata di questo flusso di rifiuti, che non potrà più trovare la via (escamotage) dell’export nelle regioni – più o meno vicine – virtuose…

Per informazione, ecco l’elenco delle attività che producono rifiuti assimilabili:

1. Musei, biblioteche, scuole, associazioni, luoghi di culto.
2. Cinematografi e teatri.
3. Autorimesse e magazzini senza alcuna vendita diretta.
4. Campeggi, distributori carburanti, impianti sportivi.
5. Stabilimenti balneari.
6. Esposizioni, autosaloni.
7. Alberghi con ristorante.
8. Alberghi senza ristorante.
9. Case di cura e riposo.
10. Ospedali.
11. Uffici, agenzie, studi professionali.
12. Banche ed istituti di credito.
13. Negozi abbigliamento, calzature, libreria, cartoleria, ferramenta e altri beni durevoli.
14. Edicola, farmacia, tabaccaio, plurilicenze.
15. Negozi particolari quali filatelia, tende e tessuti, tappeti, cappelli e ombrelli, antiquariato.
16. Banchi di mercato beni durevoli.
17. Attività artigianali tipo botteghe: parrucchiere, barbiere, estetista.
18. Attività artigianali tipo botteghe: falegname, idraulico, fabbro, elettricista.
19. Carrozzeria, autofficina, elettrauto.
20. Attività industriali con capannoni di produzione.
21. Attività artigianali di produzione beni specifici.
22. Ristoranti, trattorie, osterie, pizzerie, pub.
23. Mense, birrerie, hamburgerie.
24. Bar, caffè, pasticceria.
25. Supermercato, pane e pasta, macelleria, salumi e formaggi, generi alimentari.
26. Plurilicenze, alimentari e/o miste.
27. Ortofrutta, pescherie fiori e piante, pizza al taglio.
28. Ipermercati di generi misti.
29. Banchi di mercato generi alimentari.
30. Discoteche, night club.