Si tratta di un comparto che può avere un ruolo determinante per la ripresa post-Covid

Eolico offshore, idrogeno e risparmio energetico: e se fossero le mission strategiche delle imprese pubbliche?

Già oggi impiegano in Italia oltre 350.000 addetti, costituiscono più del 17% degli investimenti fissi delle imprese italiane e circa il 17% della loro spesa in ricerca e sviluppo

[3 Luglio 2020]

Promozione degli impianti eolici offshore; transizione verso sistemi a idrogeno; retrofit energetico del patrimonio edilizio: ecco le “le missioni strategiche” – anche se “si tratta di esempi puramente illustrativi, pensati come spunto per ulteriori riflessioni” –  contenute nel Rapporto della commissione impresa e sviluppo per “il ruolo dell’impresa pubblica quale agente strategico di cambiamento e di sviluppo” e presentata nell’ambito del Forum Disuguaglianze e Diversità, con il sostegno del progetto europeo GROWINPRO.

Le imprese pubbliche italiane – viene spiegato nella nota introduttiva del Rapporto – sono dotate di straordinarie capacità tecniche ed innovative, assolutamente fondamentali per rilanciare la competitività del sistema economico, contribuendo a promuovere la giustizia sociale e la sostenibilità ambientale. Ma come rivelano i risultati del Rapporto, “il potenziale complessivo delle imprese pubbliche risulta ancora ampiamente inespresso. Le cause di tale sottoutilizzazione sono principalmente ascrivibili a due fattori. In primo luogo, la mancata definizione di missioni strategiche da parte dello Stato nei confronti delle imprese pubbliche, a cui anche le amministrazioni pubbliche si possano allineare. In secondo luogo, la carenza di un’interazione e di un agire sistemico e coordinato fra le stesse imprese pubbliche”.

Da qui l’idea di un Consiglio degli Esperti in seno al Ministero dell’Economia e delle Finanze, composto da personalità competenti (esterne e interne alle amministrazioni pubbliche) impegnate a tempo pieno nel seguire l’operato delle imprese pubbliche.

Pilastro fondamentale del capitalismo italiano, le imprese pubbliche sono dotate di forti capacità tecniche ed innovative, indispensabili per rilanciare la competitività del sistema economico, promuovere la giustizia sociale e la sostenibilità ambientale. Impiegano in Italia oltre 350.000 addetti, costituiscono più del 17% degli investimenti fissi delle imprese italiane e circa il 17% della loro spesa in ricerca e sviluppo. Molte di esse sono quotate, rappresentando circa il 29% della capitalizzazione complessiva della Borsa di Milano e operano in settori di notevole interesse strategico, tra cui energia, trasporti, manifattura di sistemi ingegneristici complessi ad alto contenuto tecnologico, distribuzione, svolgendo un ruolo cruciale di avanguardia nella trasformazione digitale e nella transizione ambientale.

Nel trarre alcune prime considerazioni conclusive, Valentina Bosetti, Presidente di Terna ha segnalato come esempio dell’esito di un confronto strategico fra Stato azionista e imprese pubbliche il Piano Nazionale integrato per l’energia e il clima, che il Ministero dello sviluppo ha costruito coinvolgendo esperti e modellisti e che l’azienda Terna si appresta ora a declinare. Sul piano metodologico, ha invitato ad assicurare, nell’attuazione della proposta, una separazione di ruoli fra gli esperti che devono indicare le alternative (le strade possibili per salire al K2), la politica che deve scegliere la strada e i managers che devono attuarla in autonomia.

Ma torniamo agli esempi di proposte strategiche legate all’ambiente. Il Rapporto spiega che “per accelerare il processo verso la competa decarbonizzazione al 2050, come previsto dagli obiettivi europei, occorre mettere in campo innovazioni industriali e politiche capaci di accompagnare le imprese e i territori. In questo scenario gli impianti eolici offshore rappresentano una risorsa a cui guardare con particolare attenzione perché consentono la produzione di energia per un rilevante numero di ore, oltre che di ridurre fortemente la questione della visibilità degli impianti, arrivando praticamente a togliere ogni limite dimensionale per le pale da installare (come sta avvenendo nei Mari del Nord)”. Secondo lo studio, ma è noto, “l’Italia ha le potenzialità per percorrere questa strada attraverso il coinvolgimento di diverse imprese a partecipazione pubblica e il coinvolgimento delle imprese private”. Il Rapporto non entra nel merito delle dispute su questi impianti, ostacolati quasi ovunque,  Il successo di questo progetto permetterebbe all’Italia di diventare leader mondiale negli impianti eolici offshore con ricadute positive sull’occupazione, la produzione e le esportazioni. Saipem è infatti già impegnata nella sperimentazione di impianti; Terna ha in cantiere nuovi progetti per la realizzazione di grandi elettrodotti sottomarini; altre imprese a controllo pubblico come Fincantieri, Eni ed Enel dispongono delle strutture, competenze e della dimensione per partecipare a un progetto pluriennale di questo tipo. Inoltre, leader nel settore dei cavi energetici è l’azienda privata italiana Prysmian”.

Dall’eolico offshore all’idrogeno, eco un’altra ipotetica missione strategica: “Le proiezioni dell’International Renewable Energy Agency (IRENA) segnalano come l’abbattimento completo delle emissioni di CO2 dovrà puntare sull’elettrificazione da fonti rinnovabili ma anche guardare ad innovazioni nei sistemi e negli impianti che ancora utilizzano il gas fossile come combustibile. I limiti dell’energia elettrica rinnovabile sono essenzialmente due: la difficoltà nello stoccaggio e nel regolare i flussi di domanda rispetto ai cicli di produzione (legati al Sole e al vento); l’impossibilità di permeare i settori industriali ad alto consumo di energia (metallurgico, cemento, trasporti, riscaldamento degli edifici). I sistemi a idrogeno rappresentano delle soluzioni tecnologiche ad impatto intersettoriale rispetto a questi problemi. Mentre il nostro Paese procede nella crescita della produzione elettrica per mezzo di fonti rinnovabili, come previsto dal Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC), puntare sui sistemi a idrogeno avrebbe consistenti e trasversali ricadute sull’intero sistema produttivo. Se concertata con i potenziali attori industriali, una “missione idrogeno” potrebbe attivare dal lato manifatturiero nuovi prodotti e processi quali: macchinari e sistemi per l’elettrolisi, veicoli e navi con motori fuel cells, caldaie a idrogeno per il riscaldamento, processi siderurgici “puliti” senza l’impiego del carbone. Dal punto di vista della produzione e della distribuzione energetica, una missione idrogeno chiamerebbe a integrazione i processi di generazione di energia elettrica tramite eolico e solare, oltre che le reti di distribuzione, utilizzando le esistenti infrastrutture per il gas naturale”.

Infine, il “Retrofit energetico del patrimonio edilizio”:  “I costi della bolletta energetica per il riscaldamento delle abitazioni sono molto alti per le famiglie italiane. Inoltre, i consumi degli edifici rappresentano circa un terzo di quelli energetici in Italia e sono tra le cause principali dell’inquinamento di cui soffrono le città, nonché delle emissioni di anidride carbonica che il nostro Paese si è impegnato ad abbattere. Affrontare il tema della riqualificazione energetica del patrimonio edilizio è dunque una delle grandi priorità del Paese nello scenario della transizione energetica, che potrebbe permettere di incrociare anche obiettivi di sicurezza (alla riqualificazione energetica si può legare quella antisismica) e di rigenerazione degli spazi urbani. L’applicazione di innovazioni tecniche e progettuali permetterebbe oggi di realizzare interventi di retrofit energetico che ridurrebbero fino al 90% i consumi energetici degli edifici esistenti, partendo dal patrimonio edilizio residenziale pubblico. Complessivamente si tratta di circa 760 mila alloggi, diffusi in tutte le Regioni italiane, spesso caratterizzati da un rilevante stato di degrado. L’obiettivo dovrebbe essere di legare una riduzione consistente dei consumi energetici negli edifici esistenti alla creazione di nuovi alloggi di edilizia residenziale pubblica nell’ambito di operazioni di rigenerazione urbana in chiave di adattamento ai cambiamenti climatici. Infatti, studi e monitoraggi recenti hanno evidenziato un aumento delle temperature nelle città italiane, rispetto al resto del Paese”.