Essere generosi allunga la vita. Condividere e prendersi cura degli altri conviene

Più risorse e denaro le persone condividono all'interno di una società, meglio è per la salute e la longevità

[2 Settembre 2020]

«L’atto di dare e ricevere aumenta il benessere: il destinatario beneficia direttamente del dono e il donatore ne beneficia indirettamente attraverso la soddisfazione emotiva». A confermare scientificamente diversi adagi popolari (ma non quanto dicono le politiche neoliberiste ed egoistiche e razziste) è lo studio Intergenerational Resource Sharing and Mortality in a Global Perspective”, pubblicato su PNAS da Tobias Vogt e Fanny Kluge del Max-Planck-Institut für demografische Forschung (MPIDR) e da Ronald Lee del Demography Department dell’Università della California – Berkeley, che rivela che «Coloro che condividono di più vivono anche più a lungo».

I tre ricercatori hanno trovato «una forte relazione lineare tra la generosità di una società e l’aspettativa di vita media dei suoi membri» e concludono che «Le persone vivono più a lungo in società i cui membri si supportano a vicenda con le risorse».

La Kluge sottolinea che «La novità del nostro studio è che per la prima volta abbiamo combinato i pagamenti dei trasferimenti dallo Stato e dalla famiglia e ne abbiamo valutato l’effetto». I ricercatori hanno utilizzato i dati di 34 Paesi del progetto National Transfer Accounts e per tutti i Paesi, i pagamenti dei trasferimenti statali e privati ​​ricevuti e forniti da ogni individuo nel corso della sua vita sono stati sommati e presentati in relazione al reddito complessivo.

Ne è venuto fuori che «I paesi dell’Africa subsahariana come il Senegal condividono la percentuale più bassa del loro reddito durante la vita  e hanno il più alto tasso di mortalità di tutti i Paesi studiati». Chi condivide poco muore prima  e la cosa è dimostrata dal fatto che  «Sebbene il Sudafrica sia economicamente più sviluppato rispetto ad altri Paesi africani, poche risorse vengono ridistribuite; anche qui il tasso di mortalità è relativamente alto». In questi Paesi, anche il tasso di mortalità dei bambini e dei giovani fino a 20 anni è ppiù alto che negli altri paesi studiati.

La Kluge  sottolinea che «Le nostre analisi suggeriscono che la ridistribuzione influenza il tasso di mortalità di un Paese, indipendentemente dal prodotto interno lordo pro capite».

E, tanto per capire come siamo stati fortunati a nascere in questa parte del pianeta, al MPIDR fanno notare che «Le società nei Paesi dell’Europa occidentale e in Giappone trasferiscono molto ai più giovani e ai più anziani e i tassi di mortalità sono bassi».

Anche  nei Paesi del Sud America, molto meno ricchi di quelli europei, ci sono pagamenti di trasferimento elevati: «Lì, le persone condividono con gli altri più del 60% del reddito medio di una vita. I tassi di mortalità sono inferiori a quelli dell’Africa subsahariana, ma superiori a quelli dell’Europa occidentale, Australia, Giappone e Taiwan».

In Francia e Giappone, i due Paesi con i tassi di mortalità più bassi di tutti i Paesi studiati –  e l’Italia è subito dietro –  un cittadino medio condivide tra il 68 e il 69% del reddito complessivo. Qui, il rischio di morire entro il prossimo anno è solo la metà per le persone con più di 65 anni rispetto alla Cina o alla Turchia, dove viene ridistribuito tra il 44 e il 48% del reddito complessivo.

La Kluge conclude: «Quello che trovo particolarmente interessante è che il rapporto tra generosità e reddito a vita che abbiamo descritto non dipende dal fatto che i benefici provengano dallo Stato o dalla famiglia più ampia. Entrambi questi fattori fanno sì che la popolazione viva più a lungo rispetto alle società con meno pagamenti di trasferimenti».