Fukushima, 8 anni fa: il disastro nucleare è già dimenticato?

Ancora oggi, delle 50mila persone sfollate dopo il terremoto/tnunami che colpì il Giappone, oltre 32mila sono profughi nucleari

[11 Marzo 2019]

In Giappone ci sono ancora più di 50.000 persone sfollate le cui case sono state spazzate via dal terremoto/tnunami che colpì il Giappone orientale l’11 marzo 2011 o sono ancora in piedi, intatte, ma inaccessibili perché nella “zona di esclusione”, dove la radioattività è mortale. Infatti, il maggior numero di sfollati – 32.631 il 27 febbraio, secondo le stime del governo giapponese – sono profughi nucleari della prefettura di Fukushima.

L’agenzia per la ricostruzione dice che circa il 93% dei progetti per i terreni da adibire a fini residenziali e il 98% dei progetti di edilizia pubblica per le vittime di quei disastri naturali e artificiali  sono stati completati e che dei 470.000 sfollati dopo il terremoto/tsunami e la successiva tragedia nucleare  restano ancora da sistemare definitivamente 51.778 persone.

Secondo il governo, il terremoto/tsunami dell’11 marzo 2011 ha causato, direttamente o indirettamente, 22.131 vittime, gran parte delle quali – 18.430 – nelle prefetture di Iwate, Miyagi e Fukushima nella regione nord-orientale del Tohoku, dopo un  terremoto di magnitudo 9,9 colpì alle 14,46, scatenando un devastante tsunami che innescò un disastro nucleare a Fukushina Daiichi, impreparata a disastri di questo genere, nonostante la lobby nucleare e i governi giapponesi avessero sempre assicurato il contrario.

Dopo un primo periodo di febbrile attività, come scrive oggi l’Asahi Shimbun, «gli sforzi della ricostruzione stanno andando a rilento nei municipi che hanno subito ingenti danni dallo tsunami. Molti sopravvissuti vivono ancora in alloggi temporanei. Le prefetture di Iwate, Miyagi e Fukushima, che stavano già assistendo a un declino della popolazione prima del disastro, negli ultimi 8 anni hanno registrato un calo totale di 300.000 persone»

La prefettura di Fukushima sta ancora cercando di tornare alla normalità dopo la tripla fusione dei reattori nucleari della centrale nucleare di Fukushima 1: le ordinanze di evacuazione sono state revocate in 10 comuni, consentendo ai residenti di tornare a casa se lo desiderano. A Okuma, la città che ospita nel suo territorio il cadavere radioattivo di Fukushima Daiiki, l’ordinanza di evacuazione dovrebbe essere revocata per un’area limitata già ad aprile. Sono in programma misure per promuovere il ritorno permanente degli sfollati. Ma soprattutto le giovani coppie con bambini preferiscono restare a rifarsi una vita in luoghi più sicuri.

Quello che è certo è che la dismissione e demolizione del complesso nucleare di Fukushima Daiichi  resta una sfida formidabile e sempre più difficile da vincere davvero per la Tokyo Electric Power Company (Tepco), l’utility nucleare che gestiva la centrale e che ormai è tenuta in piedi solo da cospicui e incessanti finanziamenti governativi.

Asahi Shimbun ricorda che «più di 1 milione di tonnellate di acqua radioattiva continuano ad accumularsi nel sito dell’impianto». Greenpeace Japan ricorda che «il sito di Fukushima Daiichi, a causa della sua posizione, è soggetto a una massiccia contaminazione delle acque sotterranee che la Tepco non è riuscita a fermare. Ogni settimana alle vasche di stoccaggio vengono aggiunte altre 2.000 – 4.000 tonnellate di acqua contaminata».

Shaun Burnie, uno specialista nucleare di Greenpeace Deutschland, sottolinea che «il governo giapponese e la Tepco hanno fissato l’obiettivo di “risolvere” la crisi idrica radioattiva entro il 2020, il che non è mai stato credibile. La Tepco alla fine ha ammesso che la sua tecnologia ALPS non è riuscita a ridurre i livelli di stronzio e di altre sostanze radioattive pericolose, al di sotto dei limiti normativi. La realtà è che non c’è fine alla crisi idrica a Fukushima, una crisi aggravata da una scarsa capacità decisionale da parte sia della Tepco che del governo. Scaricare nel Pacifico è l’opzione peggiore e deve essere esclusa. L’unica opzione praticabile, e non senza rischi, è lo stoccaggio a lungo termine di questa acqua in robuste vasche d’acciaio almeno per il prossimo secolo e lo sviluppo parallelo di una  tecnologia di trattamento delle acque».

Anche il recupero e lo smaltimento del combustibile nucleare fuso dai reattori sarà un processo delicato e pericoloso. Tepco, utilizzando una sonda telecomandata, ha effettuato solo di recente il primo contatto con il combustibile fuso in un reattore.

Greenpeace Japan  sottolinea che «il fattore decisivo in ogni decisione futura dovrebbero essere la protezione dell’ambiente e gli interessi di coloro che sono in prima linea: le comunità e le industrie della pesca della costa pacifica di Fukushima».

Oggi pomeriggio in un altro Paese nuclearista, la Francia, si tiene una manifestazione per ricordare  l’ottavo anniversario del disastro di Fukushima e Reseau Sortir du Nucléaire, Atac, Greenpeace e le altre associazione che la organizzano insieme a Europe écologie le Verts e a La France Insoumise, denunciano: «Il governo giapponese fa di tutto per banalizzare la radioattività e le conseguenze sanitarie e sociali dell’incidente nucleare di Fukushima, che si è avvenuto nel 2011. Le autorità giapponesi si basano su delle norme stabilite dai pro-nucleare, sulla protezione della salute (economica) dell’l’industria piuttosto che della popolazione, organizzando una politica di ritorno nei territori contaminati e mantenendo la realizzazione degli eventi dei Giochi Olimpici del 2020 su dei terreni inquinati! In Francia come in Giappone, denunciamo i rilanci e i prolungamenti della vita dei reattori nucleari e la ricerca di nuovi progetti che fanno subire alla popolazione un aumento dell’esposizione alla radioattività e il costante rischio di un incidente nucleare».